A tu per tu con il talentuoso artista classe ’91, fuori dallo scorso 26 novembre con il nuovo EP intitolato “Alchimia”
A tre anni di distanza dalla nostra precedente intervista, ritroviamo con piacere Arnaldo Santoro, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Ainè, per parlare del suo nuovo EP “Alchimia“. Cantante, musicista, polistrumentista e produttore, in questo lavoro possiamo ascoltare la vera essenza di un artista ispirato e completo.
Ciao Arnaldo, bentrovato. Partiamo da “Alchimia”, come si è sviluppato il processo creativo di questo tuo nuovo progetto?
«E’ un progetto nato due anni fa, prima della Pandemia. Per una serie di ragioni, abbiamo dovuto tardare l’uscita, ma questo ci ha portato a lavorare ancora più a fondo su ogni dettagli. E’ nato tutto in maniera naturale, per il bisogno di ritrovare la mia essenza. In questi anni ho sperimentato parecchio, per capire se potessi trovare un’altra dimensione sonora oltre al soul, l’R&B, l’hip hop e il jazz, Però mi sono reso conto che quel tipo di musica fa parte del mio DNA, così in questo album ho riscoperto le mie radici, le mie origini».
Quali skills artistiche e personali pensi di aver maturato in questi ultimi due anni di lavoro?
«Innanzitutto la consapevolezza, in primis a livello umano, oltre che artistico. Ho capito che è brutto stare da soli, mi sono concentrato lavorando molto su me stesso e sulla mia musica. Fare tutto da soli non porta nulla di buono, il confronto con il proprio team è fondamentale. Ci sono momenti negativi in cui nemmeno la musica riesce ad aiutarti, anzi, non me la godevo nemmeno. Per questo motivo, non sento di dire che la musica è la cosa più importantemente della mia vita, proprio perchè per scrivere ho bisogno di stare bene, solo così riesco a creare qualcosa di bello».
Ad impreziosire le sette tracce in scaletta, ci sono diversi ospiti, tra cui: Davide Shorty, Clementino, Sissi, Ensi, Serena Brancale e Tormento. Con quale criterio sono state selezionale queste collaborazioni?
«Proprio perché questo EP è stato realizzato in un mio momento di introspezione molto particolare, ho sentito l’esigenza di non fare le cose da solo, ma di dare spazio anche ad altri. In queste tracce traspare la voglia di fare un passo indietro e di condividere, mi piace questa visione della musica che non mi vede in primo piano, bensì sullo stesso livello di altri miei colleghi. Questo penso sia un esercizio che dovrebbero fare molti artisti, per non peccare di sovrapposizione ed evitare di fare cose sempre con le stesse persone. In America si usa molto fare squadra e fare numero, per questo voglio avere intorno persone che mi vogliono bene e che mi rispettano. Ecco, i criteri sono stati semplicemente questi».
Per concludere, quali elementi e quali caratteristiche ti rendono orgoglioso di un disco come “Alchimia”?
«In passato mi è capitato di non sentirmi felice di quello che facevo. Tra le cose che ho realizzato, sono orgoglioso del mio primo disco “Generation one” e di questo nuovo EP, proprio perchè la mentalità e l’approccio sono stati, secondo me, quelli giusti. In questi progetti sono stato al 100% me stesso e questa è la cosa che in assoluto mi soddisfa di più».
Nico Donvito
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