venerdì, Aprile 19, 2024

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Ainè: “Cerco di lasciare un segno tangibile con la mia musica” – INTERVISTA

A tu per tu con l’artista classe ’91, fuori con l’album “Niente di me” trascinato dal singolo “ormai”

Rappresenta una delle uscite più interessanti di questo mese “Niente di me”, il nuovo album di Arnaldo Santoro, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Ainè, giovane e talentuoso musicista che abbiamo già avuto modo di conoscere in occasione del lancio del suo fortunato singolo “Ormai” (qui la nostra precedente intervista). Undici le tracce che arricchiscono questa sua seconda fatica discografica, che arriva a quasi tre anni di distanza dal precedente esordio con “Generation one”.

Partiamo dal tuo nuovo progetto discografico “Niente di me”, da quali idee iniziali sei partito e a quali conclusioni sei arrivato?

«Alcuni brani li ho scritti un paio di anni fa, di conseguenza sono stati stravolti e adattati a ciò che sono diventato oggi. L’obiettivo iniziale era quello di dare un sound moderno e contemporaneo, gli spunti credo che siano arrivati dalla conoscenza e dalla curiosità nell’ascoltare generi diversi, un requisito che trovo sia fondamentale per fare buona musica oggi. La chiave credo sia stata questa, lasciarsi ispirare e tirare fuori quello che si ha dentro».

A livello di tematiche, cosa hai voluto portare con te all’interno di questo tuo bagaglio musicale e, se c’è qualcosa, cosa hai voluto lasciare fuori?

«Parlo molto di me perché ho voluto raccontarmi, dalle debolezze ai miei pensieri più intimi, mi sono messo a nudo e ho mostrato la massima trasparenza nei confronti del pubblico, senza peli sulla lingua. Ho detto tutto quello che pensavo, non c’è nulla che ho lasciato fuori, credo di aver espresso a 360 gradi quello che sono io umanamente e caratterialmente».

Due le collaborazioni presenti nel disco: Mecna e Willie Peyote, come ti sei trovato a lavorare con loro?

«E’ arrivato tutto in maniera molto naturale, prima che il rapporto lavorativo è venuto quello umano, siamo amici e ci stimiamo a vicenda. Li reputo due artisti molto forti, con una grande personalità, per cui sono felice di averli ospitati in questo album, il loro è stato sicuramente un valore aggiunto».

Mentre cosa mi racconti dell’incontro con Giorgia?

«Un primo avvistamento c’era già stato nel 2015, quando ho suonato nel suo videoclip della canzone “Non mi ami”, il vero e proprio incontro è arrivato in occasione della lavorazione di “Pop Heart”. Mi ha scelto per cantare con lei il brano “Stay” all’interno di un disco di cover che vanta le partecipazioni di Elisa, Eros Ramazzotti e Tiziano Ferro, insomma… a ventisette anni vedere il mio nome in mezzo a certi colossi è stata una grande soddisfazione». 

Nella traccia di apertura “Ascolta bene” canti: “Ho paura di tirare questo calcio di rigore”, qual è la cosa che più ti spaventa o ti crea una sorta di “ansia da prestazione”?

«Con il tempo sto prendendo sempre più consapevolezza di me stesso e della mia musica, un ruolo fondamentale l’ha giocato la mia etichetta Universal Music e il mio team di lavoro, dal management all’ufficio stampa. Un artista ha bisogno di avere attorno le persone giuste, perché ci sono equilibri difficili da gestire e situazioni da dover affrontare. Credo che la chiave sia non pensarci, ragionarci il meno possibile, far parlare il proprio lavoro, il mio unico obiettivo è quello di suonare ed esibirmi dal vivo, è questo quello che voglio, per il resto cerco di tirare ad occhi chiusi questo calcio di rigore».

Cosa aggiunge “Niente di me” al tuo percorso? A parte la lingua, quali innovazioni ci sono rispetto al tuo precedente lavoro “Generation One”?

«Credo sia più appetibile per il pubblico, abbiamo voluto realizzare un prodotto che potesse essere capito e amato da più persone possibili, senza essere relegato ad un solo genere. Non ci sono stati schemi durante la composizione, ma solo un’idea di partenza che era quella di cercare di spaziare il più possibile, per cercare di lasciare un segno tangibile con la mia musica».

Dopo aver parlato di quello che c’è dentro di te a livello musicale, non posso non chiederti cosa pensi di quello che c’è intorno, come valuti l’attuale settore discografico?

«La musica è cambiata, il modo di realizzarla e di fruirla è drasticamente diverso, l’intero settore discografico è mutato e noi artisti dobbiamo adeguarci al tempo in cui viviamo, non possiamo far finta di niente o andare completamente contro alle logiche di questo nuovo sistema. Bisogna cercare di trovare il giusto compromesso tra spirito di adattamento e il desiderio di esprimere la propria originalità, senza seguire le mode di un momento, proprio come ho cercato di fare con “Niente di me”. Senza diversità il mondo si ferma, noi ragazzi dobbiamo aver fame di fare roba nuova pur restando contemporanei e moderni».

In che direzione andrà la tua musica?

«Per quanto riguarda la lingua, non abbandonerò l’inglese perché fa parte di me, ma credo di aver trovato la chiave giusta con l’italiano. Ho praticamente già quasi pronto il mio nuovo album (sorride, ndr), ho circa trenta provini di cui dieci credo che siano buone canzoni, non vedo l’ora di potervelo far sentire». 

Per concludere, quale messaggio vorresti trasmettere attraverso le tue canzoni?

«L’idea che si possa creare ancora un’alternativa musicale, pur restando vicini ai gusti e alla sensibilità del pubblico. Credo che gli addetti ai lavori abbiamo capito questo mio intento, perché la critica mi ha riservato bellissime parole su questo album e le radio hanno iniziato a suonare i miei pezzi, tutto ciò rappresenta per me una grandissima soddisfazione e vedremo dove arriverà questo Ainè (sorride, ndr)».

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Nico Donvito

Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica italiana e spettatore interessato di qualsiasi forma di intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.
Nico Donvito
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Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica italiana e spettatore interessato di qualsiasi forma di intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.