A tu per tu con Alberto Urso, per parlare del nuovo singolo “Atlantide” e del suo percorso finora. La nostra intervista al vincitore di Amici 18
“Atlantide” è il singolo che segna il ritorno di Alberto Urso sul mercato italiano, dopo l’esperienza all’estero con i The Tenors. E con questo titolo che prende spunto dall’isola leggendaria, citata per la prima volta da Platone, che l’artista siciliano si ripresenta al pubblico italiano senza snaturarsi, ma con un abito più contemporaneo, coadiuvato da sonorità fresche e internazionali.
In questa nostra chiacchierata abbiamo avuto modo di approfondire la sua conoscenza e la visione che ha della musica, parlando a ruota libera della sua vittoria ad Amici, della sua esperienza al Festival di Sanremo e delle tappe più significative del suo percorso, ma anche dei suoi progetti futuri. Ecco cosa ci ha raccontato…
Alberto Urso presenta il singolo “Atlantide”, l’intervista
Partiamo da “Atlantide”, com’è nato questo pezzo e come si è sviluppato il processo creativo?
«Questo brano è stato scritto qualche anno fa con Daniele Coro e Diego Mancino. È uno di quei pezzi che stavo aspettando il momento giusto per farlo uscire, perché ci tengo particolarmente. Di fatto, questo singolo anticipa un album che uscirà nel 2025, che non vedo l’ora di poter presentare, perché sono uscito dalla mia zona di comfort, pur amando la bella melodia e il bel canto, ma vestendo il tutto con sonorità più contemporanee. Questa è la mia sfida oggi».
Si tratta di un invito a lasciarsi andare ai sentimenti, a tuffarsi nella vita, proprio come canti nel pezzo. C’è una frase che secondo te rappresenta e sintetizza al meglio il senso della canzone?
«”Amo tutto ciò che hai, anche quello che hai già perso”, perché il mio motto è” ama ciò che hai prima che la vita ti insegni ad amare ciò che hai perso”. Bisogna godersi ogni momento perché penso che, sia in una relazione d’amore che in un’amicizia, se ti allontani da una persona con cui nutri un legame forte, prima o poi ci ritorni insieme se è vero amore o se è vera amicizia, perché i sentimenti autentici svaniscono mai».
Sei reduce da un periodo all’estero, nel 2022 ha sorpreso un po’ tutti la notizia di questa sfida che hai voluto intraprendere oltreconfine, quando ti sei unito al gruppo canadese The Tenors. Che anni sono stati e qual è il tuo personale bilancio di quell’esperienza?
«Sono stati anni formativi sotto tanti punti di vista, intanto perché ho imparato l’inglese veramente e sul campo, dopo averlo studiato senza grossi risultati per dieci anni con un insegnante privato. Diciamo che in questa esperienza ho capito che sono nato come solista e devo morire solista. Pur essendomi trovato bene con i miei colleghi, in alcuni frangenti sentivo di aver bisogno dei miei spazi e dei miei tempi, non è facile lavorare con persone che hanno un carattere e un modo di fare diverso dal tuo. Umanamente nessun problema, soltanto che a livello musicale sono molto meticoloso, ho una mia idea e quando faccio musica sono molto concentrato, pur ritenendomi aperto a nuove esperienze, altrimenti non mi sarei buttato in questa avventura. Diciamo che, per fare un paragone, è un po’ come quando cerchi un affitto e preferisci un piccolissimo monolocale piuttosto che a condividere ogni momento della giornata con dei coinquilini (sorride, ndr)».
C’è una domanda che in realtà si può fare solo a pochissime persone, in tutto sono 23 al mondo e presto diventeranno 24. La domanda è: cosa si prova a vincere Amici?
«È un’emozione indescrivibile, che ti fa venire le farfalle nello stomaco, ma per me è stata anche una liberazione, dopo otto lunghi mesi di percorso. Amici è una scuola a tutti gli effetti, ringrazio sempre tutti quanti, sono grato a Maria, perché veramente mi ha dato l’opportunità di condividere la musica con più gente possibile offrendo, sia a me che a chiunque abbia preso parte al talent, i migliori mezzi per arrivare al grande pubblico, permettendoti di lavorare con i più grandi produttori e professionisti del settore. Con Maria ha tuttora un bellissimo rapporto, c’è sempre nella mia vita con i suoi preziosissimi consigli».
Una curiosità su Sanremo, tu hai partecipato nel 2020 con “Il sole ad est”, ti sei classificato quattordicesimo. Per la cronaca eri secondo al televoto, mentre per la sala stampa ventunesimo e per la demoscopica tredicesimo. Il regolamento prevede tre giurie da convince, ma il voto popolare era dalla tua parte. Eppure, a differenza di altri tuoi colleghi, non hai fatto polemica e hai preso con sportività questo verdetto. Questo almeno pubblicamente, ma personalmente come l’avevi vissuta la cosa?
«Da un lato mi sono chiesto cosa abbia fatto alla stampa per mettermi zero, poi mi sono detto che tanto non lo saprò mai. Più che deluso da quel piazzamento, sono rimasto contento per il trattamento da parte del pubblico, la gente che mi ascolta da casa mi voleva sul podio e questa è comunque una vittoria per me. Sono loro che ti ascoltano e comprano la tua musica, quindi è stata una bella soddisfazione personale. Per il resto, Sanremo è una vetrina, già partecipare è stato un obiettivo meraviglioso, quindi sono arrivato là con tutta l’umiltà del mondo, e poi non è nel mio carattere quello di lamentarmi. È andata così e va bene».
Un eventuale secondo Sanremo, oggi, lo affronteresti con una consapevolezza diversa?
«Certo, sì, ormai a 27 anni e conosco quelle dinamiche. Il secondo Sanremo, se e quando arriverà, sarà molto diverso, perché saprei a cosa vado incontro. La prima volta ti senti un po’ allo sbaraglio, in mezzo a quella frenetica settimana, tra i mille impegni e per quanto puoi prepararti, non ti senti mai pronto per quel primo appuntamento al buio. Al secondo ci arriverò sicuramente con più consapevolezza, se mai dovesse piacere alla commissione la mia proposta musicale, naturalmente. Per quanto mi riguarda continuerò a lavorarci, in primis per proporre sempre belle canzoni al mio pubblico».
Per concludere, qual è la lezione più importante che pensi di aver appreso dalla musica finora?
«L’emozione che mi dà, quando mi metto sul piano, ci starei ore e addirittura giornate intere. La musica mi dà la forza per credere in me stesso. Perché se non ci fosse la musica, non ce la farei, mi sa, perché in questo momento della vita, se vivi di passione, la musica mi dà la passione e quindi mi dà la forza di andare avanti. Se consideriamo come sta andando in questo momento il mercato musicale, mi viene un po’ da deprimermi, ma amo talmente tanto fare musica che continuerò in nome di tutte le persone che mi sostengono, oltre che per ripagare la mia famiglia che mi ha sempre sopportato. Ecco, la musica mi ha insegnato a trarre forza da lei sia nei momenti più belli che in quelli meno belli».
Nico Donvito
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