giovedì 21 Novembre 2024

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Alessandro Canino: “Canto e non potrei mai smettere di farlo” – INTERVISTA

A tu per tu con il cantautore toscano, attualmente impegnato sul piccolo schermo con “Ora o mai più”

Alessandro CaninoPiù di venticinque anni di carriera, sette album alle spalle, tre partecipazioni al Festival di Sanremo e un evergreen senza tempo come “Brutta”, questo e molto altro ancora è ciò che ha realizzato sino ad oggi Alessandro Canino, uno degli otto protagonisti di “Ora o mai più, il nuovo spettacolo musicale condotto da Amadeus, in onda in quattro serate su Rai Uno. Rimettersi in gioco e dimostrare il suo talento in maniera trasversale, sono i due aspetti che lo hanno portato ad accettare questa nuova stimolante sfida.

Ciao Alessandro, benvenuto su RecensiamoMusica. Cosa pensi del format di “Ora o mai più” e cosa ti ha spinto ad accettare?

«Mancava in televisione un programma che desse l’opportunità ai cantanti di presentare i propri progetti e, perché no, farsi conoscere meglio. Il format mette tutti sullo stesso piano, compresi i Maestri che si sono immedesimati nelle nostre rispettive situazioni, perché alla fine ci sono passati anche loro, tutti nella carriera hanno momenti di buio o di abbandono, anche lo stesso Amadeus nel suo settore ha affermato di aver vissuto periodi difficili. Ci voleva in Italia un programma dedicato ad artisti che meritano una nuova opportunità, ora sta a noi sfruttarla al meglio (sorride, ndr)».

Si respira una bella atmosfera e, di conseguenza, credi che possa essere lanciato un bel messaggio nei confronti dei giovani?

«Assolutamente, è giusto trasmettere che bisogna credere fino in fondo alle proprie potenzialità, perché poi la vita può darti una seconda, una terza, una quarta, una quinta possibilità. Poi è chiaro, bisogna avere un bel po’ di costanza e un minimo di talento, ma questo è necessario per arrivare a meritare qualsiasi tipo di palcoscenico. Sai, ognuno di noi ha un proprio percorso che stiamo cercando di raccontare nel corso delle puntate, storie di vita incredibili, sia dal punto di vista professionale che nel privato. Dietro ogni artista c’è una parte umana che non è un dettaglio, portarla alla luce è il modo migliore per rendere partecipe il pubblico delle nostre gioie e dei nostri dolori». 

Si avverte un grande spirito di squadra, com’è stato ritrovare vecchi amici?

«Bello, anzi bellissimo, abbiamo legato tutti tantissimo, anche se la maggior parte dei miei compagni già li conoscevo da tempo. E’ stato bello ritrovarsi e scoprirsi tutti uniti, ci capiamo al volo e ci sosteniamo a vicenda, anche con i coach. Ad esempio con Michele Zarrillo siamo amici di vecchia data, abbiamo fatto una tournée insieme in Canada nel 1992, lui stesso ha raccontato un episodio molto simpatico in conferenza stampa, quando all’aeroporto c’erano duemila ragazzine ad aspettare me e non lui che in quel momento era la star, io avevo appena fatto il mio primo Sanremo. Ecco, qualcun altro si sarebbe risentito, lui invece c’ha saputo scherzare, perché ha un cuore enorme e capisce benissimo lo spirito con il quale tutti noi affrontiamo questo nuovo percorso».

Quanto è importante affrontare questa avventura sotto la guida di Loredana Bertè?

«Beh, guarda, è davvero inspiegabile, sono certo che mi sarei trovato bene con tutti i maestri, ma lei ha un’esperienza senza uguali, sia di vita che di musica. Credo che chiunque abbia da imparare da un’artista come Loredana, personalmente sto assimilando tantissimi trucchi che in questo mestiere fanno sempre comodo. Sono due le cose che mi rendono più orgoglioso di questa mia partecipazione a “Ora o mai più”, l’opportunità di lavorare accanto ad un’icona del suo calibro e la possibilità di presentare un brano inedito nel corso dell’ultima puntata».

Come riassumeresti in breve la tua storia?

«Tutti questi anni li vedo come un concentrato di emozioni e di esperienze, sono accadute così tante cose ma, al tempo stesso, se mi volto sembrano passati pochi mesi, come se fosse ieri. Un susseguirsi di eventi che mi hanno portato, nel bene e nel male, ad essere quello che sono oggi. Come tutti, sono cresciuto e non sono più “quello che cantava Brutta”, infatti, la canto con una consapevolezza diversa e, se vogliamo, con ancora più forza interpretativa data da tutte le esperienze che in tutti questi anni mi hanno arricchito, nel bene e nel male».

C’è qualcosa che faresti in maniera diversa?

«Forse ero troppo giovane, sicuramente inesperto su certi aspetti contrattuali o sulle scelte dei collaboratori. Il mio obiettivo era quello di fare musica, stavo poco attento a tutto il resto, a quei dettagli che poi si sono dimostrati fondamentali sul proseguo della mia carriera. Ho capito sulla mia pelle che è molto importante anche quello che succede prima di salire su un palco, le persone che ti circondano e quello che ti fanno firmare. Ha poco a che fare con l’arte, lo so, ma è sicuramente un aspetto da non sottovalutare».

Coma valuti l’attuale scenario discografico?

«Diciamo che è totalmente diverso da quello che c’era all’epoca, oggi si consuma tutto troppo velocemente, purtroppo. In alcuni testi, anche di canzoni rap, ho avvertito una certa ricerca di positività, riscoprendo valori vicini alla famiglia, che nel recente passato sembravano dimenticati. Potrebbe essere un segnale, l’inizio di un’inversione di tendenza, un ritorno alla musica italiana di una volta che esprimeva concetti bellissimi. Abbiamo la fortuna di cantare in una lingua che riesce a dare delle sfumature ai sentimenti, cosa che per altre lingue è impossibile».

Oggi siamo inondati un po’ dallo stesso tipo di musica, nonostante il numero dell’offerta sia maggiore, c’è meno diversificazione. Più che definirla nostalgia, credi che il pubblico abbia fame di un certo tipo di canzoni e di melodia?

«Secondo me, il pubblico ne ha proprio bisogno. Già con le nostre otto nuove canzoni, sono convinto che ci sarà qualcosa di diverso dall’attuale offerta, anche se non ho avuto modo di ascoltare quelle degli altri, sono certo del talento dei miei compagni di viaggio. Ognuno di noi ha qualcosa di diverso da dire, chi le ascolterà da casa troverà quel qualcosa che non ascoltava da tempo. Nella musica ci deve essere spazio per tutti, sia chi segue la tradizione che per chi ha da dire qualcosa di nuovo. Speriamo sia un nuovo inizio anche per la nostra discografia italiana, negli altri Paesi non si scordano così facilmente degli artisti, anzi, tutt’altro».

Come descriveresti il tuo rapporto con il web e con i social network?

«Le lettere che arrivavano a casa e che si scrivevano un tempo si sono tradotte oggi nei social network, ogni giorno ricevo messaggi che mi fanno sentire il sostegno e la vicinanza delle persone che mi seguono. Oggi si condivide molto di più con il pubblico, perché la tecnologia ci permette di farlo, è un rapporto più diretto e quotidiano. C’è solo un punto negativo in tutto questo, mi riferisco al fenomeno degli haters che danno sfogo alle proprie frustrazioni offendendo persone che non conoscono nemmeno, atteggiamenti che non hanno senso di esistere».

Per concludere Alessandro, c’è un messaggio che vorresti trasmettere al pubblico, oggi, attraverso la tua musica?

«Sicuramente un messaggio molto bello e positivo nel continuare a credere nei propri sogni sempre e comunque, nel mio caso non ho mai smesso di fare musica, anche nei momenti peggiori non mi è mai sfiorata l’idea di abbandonarla. La notorietà non equivale al talento, è un mix di una serie di fattori che, spesso e volentieri, hanno poco a che fare con l’arte. Ciò che ero sono rimasto e, forse, il segreto del vero successo è proprio questo».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.