A tu per tu con Alessandro Lora, per parlare del “Premio Caruso 2024″. La nostra intervista al tenore
Il tenore di esperienza internazionale Alessandro Lora, lo scorso 15 ottobre, ha ricevuto a New York il prestigioso “Premio Caruso 2024” in occasione della celebrazione dei 150 anni della nascita di Enrico Caruso. Approfondiamo la conoscenza dell’artista con questa nostra intervista.
Anzitutto congratulazioni per il “Premio Caruso 2024”. Cosa rappresenta per te questo riconoscimento?
«Grazie per il caloroso benvenuto e per le congratulazioni. Il “Premio Caruso 2024” è stato per me innanzitutto una grande conferma e un importante punto di arrivo, un prestigio importante e una grande emozione. Ho vissuto questa premiazione come una grande responsabilità, ricevere un titolo con un nome prestigioso come Erico Caruso significa che siamo sulla strada giusta per arrivare al cuore delle persone e delle istituzioni».
Cosa rappresenta la figura di Enrico Caruso per chi decide di intraprendere la tua strada?
«Enrico Caruso rappresenta per me il più grande, il più famoso e il più pagato dei tenori nella storia della musica. Enrico aveva centocinquanta dipendenti con cui collaborava direttamente a casa sua. La figura di Caruso può piacere o non piacere, chi intraprende questa strada magari si basa su figure più recenti e nomi più attuali. Oltre a influenzarmi molto la figura del tenore, mi ha colpito che in Italia non abbia più voluto cantare. Non riconosciuto a sufficienza in patria, una volta diventato famoso disse che a Napoli non avrebbe cantato mai più».
Sei stato ispirato da grandi tenori come Pavarotti e Domingo. Quali lezioni hai appreso da queste icone della lirica e come influiscono sul tuo stile?
«Sono stato ispirato principalmente da Luciano Pavarotti, ovviamente non posso non nominare Plácido Domingo, Franco Corelli, Mario Del Monaco e tanti altri grandi nomi del passato. Pavarotti però più di altri ha influenzato il mio modo di fare e di pensare, condivido la volontà di portare la musica classica alla portata di tutti e l’apertura a diversi generi come il Pop, il Pop lirico, il Pop sinfonico o il Pop Rock. Pavarotti ha cercato di portare la musica classica alla portata di tutti, cantando nelle piazze, e credo sia stato uno dei primi a riuscirci. Vorrei nella mia carriera riuscire a fare la stessa cosa».
Come descriveresti il tuo percorso musicale fino ad ora? Ci sono stati momenti o esperienze chiave che hanno segnato la tua crescita artistica?
«Il mio percorso musicale fino ad ora è stato ricco di momenti appassionanti, una continua ricerca di esperienza, professionalità, perfezione e soprattutto adattamento a quello che richiede il pubblico oggi. Il momento chiave per me è stato senza dubbio l’esibizione al Bryant Park di New York, la più importante della mia vita davanti a migliaia di persone. Posso addirittura dire che è stata la cosa più importante della mia vita, quella che ha segnato il mio debutto internazionale ed americano. E’ stato come coronare un sogno».
Il tuo prossimo progetto musicale include un album di arie classiche e inediti. Cosa possiamo aspettarci da questo nuovo lavoro?
«Posso dire che sto lavorando ad arrangiamenti dei grandi classici in chiave un po’ più moderna, brani inediti caratterizzati dal mio stile di canto, grandi svettate nella zona acuta, una melodia cantabile ricca di passione e momenti orchestrali di rilievo».
Qual è il brano che preferisci eseguire e perché? Ci sono pezzi che senti particolarmente vicini alla tua sensibilità artistica?
«Il brano che preferisco cantare è “Nessun dorma”, l’ho sempre sentito e apprezzato, lo ritengo il mio cavallo di battaglia. Mi trovo molto bene ad interpretare “O sole mio” e le canzoni napoletane ma “Nessun dorma” è sempre stato un brano che ho sentito mio fin da dall’inizio. Mi piacciono i brani eroici un po’ spinti, dove risalta il tenore con acuti che possono durare più secondi».
Per concludere, qual è la lezione più importante che senti di aver appreso dalla musica fino ad oggi?
«La lezione più importante per me è che “non si è mai arrivati”, non si è mai dato abbastanza, serve sempre continuare a studiare ed apprendere. Ogni giorno il corpo è in continuo cambiamento, l’età lo è o l’umidità o le condizioni metereologiche. Ogni giorno è un’esperienza nuova e quando si va a cantare si deve esser pronti a tutto e mai pensare di essere arrivati perché è in quel momento che si cade. Cito la risposta del grande Pavarotti, che quando dopo l’esibizione gli chiesero: “Maestro ma lei quanto ha studiato?” lui risposte di aver studiato fino a tre minuti prima».
Nico Donvito
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