Alex Wyse: “Canto il coraggio di dirsi la verità” – INTERVISTA

Alex Wyse

A tu per tu con Alex Wyse, che si racconta in occasione dell’uscita del nuovo singolo “Notte stupida”. La nostra intervista al giovane artista lombardo

Alex Wyse torna con “Notte stupida“, il nuovo singolo disponibile da venerdì 7 novembre su tutte le piattaforme digitali e in radio per Artist First. Presentato in anteprima live all’Unipol Forum di Milano durante l’apertura del concerto di Alfa, il brano segna l’inizio di una fase più intima del percorso dell’artista: una ricerca sul rapporto tra solitudine e crescita personale, dove il buio non spaventa ma diventa spazio di riconoscimento. 

«È la notte in cui non devi fingere nulla, perché nessuno ti sta guardando» racconta Alex Wyse, che con Notte stupida illumina ciò che nell’oscurità fa più rumore. La produzione è firmata dal duo Le Ore, composto da Francesco Rodrigo e Matteo Ieva, già al suo fianco in diverse uscite, tra cui “Rockstar“, il brano che lo ha portato sul palco del Festival di Sanremo 2025 tra le Nuove Proposte. Dopo un’estate di concerti culminata con l’Atlantico di Roma, Alex mette a fuoco la parte più vera di sé: un racconto emotivo e riflessivo che trasforma la vulnerabilità in forza.

Alex Wyse racconta il nuovo singolo “Notte stupida”, l’intervista

È un brano emotivo, ma anche riflessivo… cosa pensi di aver capito da questa notte “stupida” ma importante?

«Nelle mie canzoni ci sono sempre riflessioni importanti ed è da lì che nasce tutto. “Notte stupida” parla di ciò che succede nelle mie notti: dove va la testa, tutto quello che penso e quanto, dentro quelle ore, io cresca. All’inizio la notte mi faceva quasi paura, ora capisco che è semplicemente Alex che prova a capirsi, a guardare anche al passato e a trovare nuovi ragionamenti per essere sempre più me stesso, nel modo più universale possibile».

Questo pezzo porta al centro la vulnerabilità. Spesso si teme la solitudine perché ci costringe al confronto con noi stessi: nei tuoi intenti volevi raccontare proprio un confronto costruttivo?

«Sì. Capisco che esista anche “l’altra medaglia”, però mi piace trovare una motivazione positiva in ciò che mi succede. La chiamo “Notte stupida” perché ritorna sempre, ma non è davvero stupida: è quasi la normalità. La solitudine fa parte di me e lì dentro ho ragionato tanto, ho trovato perfino il mio lato più estroverso, ho capito come stare meglio con gli altri e lasciarmi andare di più».

Ambientare il racconto di notte rafforza il messaggio: il buio spaventa, ma può diventare forza. Era questo il segnale? Abbandonare la paura e trarre energia dall’intimità con sé stessi?

«Penso di sì. La notte per me è qualcosa che accade in modo naturale: tutti dormono e io resto sveglio, mi sento un po’ alienato, fuori dal resto. Solo ma non solo, perché sto dentro i miei pensieri e a ciò che ho vissuto. Quindi sì, c’è anche molto di quello che dici tu».

Hai realizzato il brano con Francesco e Matteo de Le Ore. Come procede la collaborazione con loro e com’è nata in studio “Notte stupida”?

«Con loro si è sviluppato un rapporto vero da quando ci siamo conosciuti, più di un anno fa, abbiamo scritto tante canzoni. È bello stimarsi a vicenda e condividere anche momenti di vita, così chi hai di fronte capisce ciò che racconti perché lo ha vissuto con te. “Notte stupida” è nata come molte altre: da un concetto preciso che poi, con i nostri pensieri, abbiamo trasformato in qualcosa da cantare, urlare».

Tornando alla vulnerabilità: in un’epoca dominata dall’apparenza, esporsi così è rischioso. Qui rientra la tua idea di libertà, ricorrente anche in “Rockstar”. Da giovanissimo, hai già messo a fuoco criticità della società: ma come si afferma la propria libertà, nel concreto?

«Non ho una risposta assoluta: ognuno ha la propria. Per come l’ho vissuta io, essere noi stessi resta la parte principale di tutto. Se ho voglia di fare una cosa e sentirmi in un certo modo, non dovrebbe esserci nulla che lo contraddica. Vivo pensando questo, e sono contento di farlo».

Alleggeriamo: che rapporto hai con ironia e autoironia? Aiutano nei momenti di “troppa” riflessione?

«Mi ritengo molto ironico e autoironico, in famiglia e con le persone vicine, mi prendo in giro da solo. L’autoironia ti fa capire il peso reale delle cose e, quando serve, le rende più leggeeo. Poi ci sono i momenti in cui torni dentro te stesso e pensi. Ma un po’ di ironia, secondo me, non è mai sconveniente: è un lasciarsi andare, io la applico molto».

Dov’eri la sera del 29 ottobre? Te lo dico io: al Forum di Assago ad aprire il concerto di Alfa, presentando “Notte stupida” per la prima volta dal vivo. Com’è andata?

«All’inizio ero molto ansiogeno, era la prima volta che la provavo. Però è stato bellissimo: Alfa è un artista che stimo tantissimo e il pubblico è stato caloroso. Nonostante un soundcheck un po’ di corsa, mi sono divertito e mi piacerebbe rifarlo subito».

Hai suonato ovunque: club, arene, set acustici, band, perfino un’orchestra a Sanremo. Qual è la dimensione live che oggi ti rappresenta di più?

«È difficile scegliere. Se voglio essere più “salterino”, la band è perfetta: ci si lascia andare insieme, ci si muove. Ma anche l’orchestra, come a Sanremo, è qualcosa che non dimenticherò mai. Ogni dimensione racconta una sfumatura della mia musica».

Ti ho visto crescere anche nel modo di raccontarti: da timido e introverso a più aperto. La musica ti ha aiutato a relazionarti meglio con gli altri?

«Assolutamente sì. Prima di iniziare a cantare ero estremamente introverso, parlavo pochissimo. Cercavo di farmi accettare, persino tramite il calcio, poi ho capito che non mi interessava esserlo “a tutti i costi”. La musica mi ha aiutato a inseguire ciò che sono, a interrogarmi su cosa mi ha fatto diventare così e a raccontarlo con più naturalezza».

Per guardare, guardando a “Notte stupida” e al tuo percorso, in che direzione sta andando la tua musica?

«Sempre verso un Alex più introspettivo ma anche più aperto: dire e fare ciò che sento, parlare di cose mie e del passato che prima non condividevo. Andare indietro a ripescare certi momenti oggi mi aiuta, e quindi parlarne è diventato più semplice».

Scritto da Nico Donvito
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