A tu per tu con la cantante ligure, fuori con il singolo “Come la vita in genere“, firmato con Daniele Magro
Non saprà ballare bene, ma sa tenere il tempo Alessia Aquilani, da tutti conosciuta come Alexia, artista a 360 gradi che nel corso della sua carriera ha spaziato tra i generi, partendo dalla dance negli anni ’90 per poi concentrarsi sul pop e sulla lingua italiana, senza mai dimenticare l’innata attitudine al soul e al rhythm and blues. “Come la vita in genere” è il titolo del suo ultimo singolo (qui la nostra recensione), firmato a quattro mani con Daniele Magro, che arriva a un anno e mezzo di distanza dalla pubblicazione del suo ultimo album di inediti “Quell’altra“. In occasione del suo ritorno, abbiamo raggiunto telefonicamente la cantante spezzina che ci ha colpito per la sua serenità, sentita e ritrovata, frutto di un lungo percoso umano e artistico.
Ciao Alexia, benvenuta su RecensiamoMusica. Partiamo dal tuo nuovo singolo “Come la vita in genere”, che significato gli attribuisci?
«Guarda, questa canzone ha un significato molto importante per me, a cominciare dal modo in cui è nata, grazie all’incontro con Daniele Magro, un bravissimo autore oltre che un mio estimatore: ci unisce una stima profonda e reciproca, mi aveva molto colpito sin dalla sua partecipazione ad X-Factor. Ci siamo incontrati, conosciuti, parlati, scambiati le nostre opinioni e così è nata “Come la vita in genere”, dai nostri racconti, proprio come si faceva una volta. Oggi come oggi, il desiderio di esprimermi attraverso la musica dentro di me è ancora più grande rispetto ai miei esordi: quando inizi a muovere i primi passi hai fame di arrivare, mentre la mia attuale età mi consente di vivere appieno, senza cercare a tutti i costi delle conferme. Magari non farò più le cose alla perfezione come un tempo, perché non ho più probabilmente la stessa grinta che avevo a vent’anni, ma riesco a compensare con l’esperienza e con la consapevolezza che sento di aver raggiunto, come canto nella canzone: “non so ballare bene, ma so tenere il tempo”. Quindi, più cuore e meno energia».
Un brano che colpisce per le attualissime sonorità internazionali e per un testo che dice delle cose importanti, forse pure necessarie in questo preciso momento storico. Come sei riuscita a coniugare il tutto?
«Credo che sia innanzitutto merito della bravura di Daniele, che ha saputo cogliere il mio stato d’animo attuale attraverso la sua innata sensibilità. Sono una donna con una famiglia e una vita personale completa e appagata, come tutte le cose belle non è facile cercare di coniugare tutto, facendo anche dei sacrifici e prendendosi il rischio di fare delle scelte. Musicalmente parlando, la produzione di Davide Tagliapietra ha fatto il resto, con sonorità internazionali e molto moderne, proprio come ho cercato di fare negli anni ’90 con brani che erano molto attuali per l’epoca, il mio intento è quello di cercare di propormi sempre in chiave fresca e contemporanea».
Che ruolo gioca per te la musica nella vita di tutti i giorni?
«Un ruolo molto importante, anche perché diventa quotidianamente quasi una sfida riuscire a restare al passo coi tempi, accettare quello che di nuovo viene proposto oggi, apprezzando ciò che c’è di buono, riuscendo a valutare in senso critico quello che mi convince di meno, grazie al supporto di una figlia dodicenne che mi aggiorna sulla scena rap, trap e dance rigorosamente di matrice statunitense, anche se bisogna sottolineare che ci sono sempre state cose interessanti ed altre oggettivamente più scarse, pure in passato. La musica continua a tenermi viva, anche attraverso la ricerca e lo studio, che porto avanti perché le corde vocali sono dei muscoli che vanno allenati e mantenuti continuamente tonici, ma sempre con grande divertimento perché cantare è la mia vita».
A proposito di voce, se da una parte il tuo iniziare a cantare in lingua italiana ha sicuramente nobilitato la nostra musica leggera, sotto altri punti di vista credi che questo passaggio abbia frenato o comunque rallentato la tua carriera internazionale?
«Quando all’epoca desideravo puntare tutto sulla musica inglese, purtroppo, non avevo l’appoggio di coloro i quali mi avevano portato fino a quel punto lì. Mi dicevano che dovevo assolutamente cercare di approdare sul mercato italiano, perché sarebbe stato quello a darmi più soddisfazioni, che tanto ogni Paese spinge i propri artisti e all’estero non vedono di buon occhio chi non canta in madrelingua. Sono stati poco lungimiranti perché, alla fine, la globalizzazione ci ha portato a tutto quello che sta succedendo oggi. Non lo so, col senno di poi non saprei nemmeno, ti posso solo dire che mi sono ritrovata tra due fuochi, da una parte la mia voglia di proseguire e ampliare il discorso internazionale, dall’altra le persone attorno a me che la pensavano diversamente».
Anche perché nell’immediato l’effetto-sorpresa ha funzionato, sei arrivata seconda a Sanremo con “Dimmi come…” e lo hai vinto l’anno seguente con “Per dire di no“. Poi, contestualmente, è anche cambiato il mondo…
«Sì, il mondo è cambiato, ma sono cambiata anch’io. Ad un certo punto mi sono ritrovata a sentirmi davvero stanca della vita da nomade, ho capito che mi stavano sfuggendo di mano le cose importanti, il lavoro occupava in maniera totale il mio tempo, mi esibivo dal vivo o in televisione e cercavo di piacere a tutti, poi tornavo a casa e cominciavo a percepire una certa solitudine. Allora ho capito che era arrivato il momento di fermarsi, forse non lo era dal punto di vista strategico, ma non me ne è fregato nulla, ho pensato solo a quello che era più giusto fare a livello personale. Oggi ringrazio me stessa per aver preso questa decisione drastica, sono contenta di averlo fatto perché ho delle ricchezze che nessun riconoscimento professionale può darti».
Chi è oggi Alexia? Se ti guardi allo specchio quale immagine vedi?
«Alexia è una donna consapevole del percorso che ha fatto, soprattutto delle buche che durante il cammino ha incontrato, ma felice di aver preso in mano le redini della propria vita. Le porte in faccia che ho ricevuto mi hanno reso più forte di prima, in più sento di avere attorno le persone giuste, una squadra che mi stima, anzi, devo ammettere che sono stati loro a ricredere per primi in me, trasmettendomi il coraggio di ricominciare. A partire dai miei musicisti, al mio manager, persone che quotidianamente fanno molto per me, abbiamo un’attività che si incentra sulla dimensione live, portiamo in giro il nostro show sia in Italia che all’estero, un carnet di spettacoli che cerca di essere adeguato ad ogni tipo di situazione, per poter lavorare sempre di più attraverso l’attività dal vivo che rappresenta, da sempre, il mio fiore all’occhiello».
Per concludere, qual è l’insegnamento più importante che hai appreso dalla musica in tutti questi anni di attività?
«La musica è come una droga, può sembrare una cosa abbastanza paradossale, ma è in grado di farti stare molto bene, allo stesso tempo bisogna prestare attenzione alle dosi, perché altrimenti rischia di marciare contro te stesso. Ben venga la musica vissuta come passione, disciplina, svago e rifugio, anche se ho imparato a stare attenta a tutto ciò che le ruota attorno e che, purtroppo, spesso rischia di ritorcersi contro di te».
Nico Donvito
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