giovedì 12 Dicembre 2024

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Amedeo Minghi: “La musica italiana è malata, bisogna recuperare le radici”

In un’intervista, Amedeo Minghi esprime il suo punto di vista sulla situazione della musica italiana di oggi, esternando le sue preoccupazioni

A un mese di distanza dalla pubblicazione del suo nuovo album “Anima sbiadita”, Amedeo Minghi coglie l’occasione per dire la sua sullo stato di salute della musica italiana. In un’intervista rilasciata all’Ansa a margine dell’evento benefico realizzato a Napoli per ‘Medici Senza Frontiere”, serata promossa dal dottor Salvio Zungri, il cantautore romano ha detto: «Oggi la musica italiana non gode di buona salute. E’ un po’ malata, purtroppo. Bisognerebbe trovare degli anticorpi, degli antibiotici. Occorre recuperare le proprie radici, partire da quello, se si dimenticano le radici tutto il resto non serve».

Minghi, attualmente impegnato con il suo nuovo tour, ha sottolineato come, a suo parere, la musica italiana abbia perso negli ultimi tempi le proprie caratteristiche che la rendevano unica nel mondo: «Non era una musica che imitava altre musiche ma veniva imitata,  eravamo tra quelli che producevamo cover internazionali, anche a me è capitato di vedere tanti brani cantati in molte lingue. La musica che propongono oggi i ragazzi non ha queste caratteristiche di internazionalità anche perché somiglia troppo a tutto quello che già c’è».

Per Amedeo Minghi la soluzione è quella di recuperare la radici. E tra la radici c’è anche la canzone napoletana: «Tutte le canzoni più belle del mondo sono napoletane. Anche i rocker più ‘strani’ scrivono melodie napoletane». Ma perché ha chiamato “Anima Sbiadita” il suo ultimo lavoro discografico? «È complicato da spiegare – afferma sorridendo – diciamo che il mondo è sbiadito, e sono sbiadito anche io. Per guardarlo da vicino bisogna ‘sbiadirsi’ ed essere trasparenti».

Poi, sempre a proposito del suo ultimo lavoro discografico, precisa: «E’ un album un po’ più realistico, più crudo del solito,  molto sincero, schietto, reale che tiene conto del momento in cui viviamo che non è proprio edificante. Non possiamo raccontare bugie. E, dunque, quelli che come me raccontano la vita alla fine bisogna che raccontino anche le pagine che non sono bellissime. Questo non è un buon momento per l’umanità e purtroppo dobbiamo raccontarlo per cercare di risolvere il problema se possibile».

La musica quanto può servire, dunque, contro le brutture e per raccontare la bellezza? «L’arte da sempre avrebbe questo ruolo di riappacificare, di accomunare, ma questo non è il momento adatto anche se ci sono grandi aggregazioni, apparentemente, nei concerti ma alla fine è tutto un po’ superficiale – spiega Amedeo Minghi – stiamo attraversando un momento in cui la mediocrità predomina, quindi l’arte soffre molto di questa situazione e non ha il coraggio di superare l’impasse, mi auguro passi presto questa fase». Ma, in conclusione, è soddisfatto di tutto quello che ha fatto nella sua lunga carriera? «Non sono mai contento altrimenti non continuerei a scrivere».

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