domenica 24 Novembre 2024

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E’ una Gianna Nannini dalle larghe intese quella di “Amore gigante” – RECENSIONE

Nel nuovo album d’inediti la rocker scopre tanti nuovi colori della musica ma forse non li mette a fuoco a dovere

Amore giganteMancava con un disco d’inediti dal 2013 Gianna Nannini che con “Amore gigante” si propone in una veste decisamente più pop e contemporanea spaziando tra varie collaborazioni di cui la rocker di America si è dotata, a partire da quella di Michele Canova Iorfida che, per la prima volta, affianca gli storici Alan Moulder e Wil Malone nella produzione portando un po’ di italianità contemporanea.

Tra le collaborazioni autorali, invece, spiccano quelle inedite con Davide Petrella e Fortunato Zampaglione. Il primo firma con la stessa Nannini il singolo d’apertura del progetto, Fenomenale, che costituisce, forse, una delle cose più brutte dell’album dal punto di vista del testo dove immagini banali, e spesso insensate, sovrabbondano (“un gelato all’amarena, quello che ieri dalla mia schiena hai soffiato via” o “la mia lingua taglia il cielo, per le tue gambe aeroplani“) e in cui la Nannini si presta alla produzione impersonale di Canova che confeziona un’altra delle sue hit elettroniche perfette per le radio ma del tutto incapace di creare un’identità univoca se non fosse per l’ultra noto timbro vocale. Il secondo, invece, firma, con Nannini e la storica Isabella Sanatcroce, la title track dell’album (Amore gigante) che, contrariamente, costituisce l’episodio più felice tra i brani della nuova era sonora contenuta nella prima parte di questo album. Non ci fosse stata l’elettronica gli archi avrebbero sovrabbondato in un bell’inciso arioso che porta alla fantomatica dichiarazione che dice che “l’amore non ha sesso”.

L’apertura dell’album è riservata a Cinema, firmata sempre da Petrella, che presenta la Gianna nazionale immersa decisamente in un mondo ultra pop (“è proprio come sembra“). Diametralmente opposte sono le ultime due collaborazioni aurorali del disco: Come mai, ballata tutta orchestrale e fin troppo poco “giannesca” a firma di Nannini, Tagliapietra, Guidetti, Santacroce e Francesco Bianconi dei Baustelle, e L’ultimo latin lover, che pur in senso pop torna a scapigliare la cantautrice senese con le firme di Nannini, Guidetti, Annalisa, Santacroce e Bianconi.

Più tradizionale, almeno dal punto di vista della scrittura, è la parte centrale dell’album dove Gianna ha concentrato i brani scritti insieme allo storico Pacifico che le regalò il suo più grande successo, “Sei nell’anima“. Le atmosfere quasi western della tutta “chitarrosa” Pensami fanno da preludio alla corale Piccoli particolari dove la dinamica vocale rimane controllata venendo, però, supportata da continue doppie voci in contrapposizione. Gli archi più tipici delle ultime produzioni di Gianna tornano, insieme ad un sincronico utilizzo dei campioni sintetici, in tracce come Quasi quasi rimango e Filo filo accompagnando una bella crescita melodica che in Tutta mia si fa più ritmica per raccontare le colpe di un amore. Rispetto al racconto dell’amore a due che accomuna pressoché ogni brano dell’album in Non è vero Gianna canta “come è bello star da soli” prima di lanciarsi in un programmatico “come è bello stare in pace, non si nasce per morire“.

Con Tutto quello che voglio tornano i brani prodotti da Alan Moulder e Will Malone che fanno cantare a Gianna ciò che meglio le riesce negli ultimi anni: una tradizionale ballata pop-rock con un’inciso che si apre anche vocalmente raccontando un amore sull’orlo dell’addio. Lo stesso avviene in Una vita con te che parte con gli archi che creano un’atmosfera tesa fino all’ingresso di un riff di chitarra che funge da elemento “aggressivo” dell’arrangiamento prima che l’inciso si riempia nella sua ultima ripetizione. Sabbie mobili, invece, poggia su di un pianoforte che va a costruire il medesimo mood mentre si raccontano le voglie di un amore che si fa attendere da troppo. Più rock e convinta è Senza un’ala dove la voce torna a dimostrare il suo tratto più istrionico ed incontrollabile.

“Amore gigante” lasciava ad intendere il racconto di un amore immenso impegnato a destreggiarsi tra gli archi che negli ultimi anni hanno costruito il marchio di fabbrica della Gianna nazionale. E, invece, nulla di tutto questo emerge per favorire lo sviluppo di un disco appiattito nelle sonorità e nelle intenzioni troppo pallidamente rock per un’artista che rocker ama ancora definirsi. Gianna non è più rock e lo dimostra abbandonando ogni minima parvenza di collegamento al passato: non c’è alcun rischio nella sua nuova proposta, solo una misera riproposizione di brani che siamo soliti ascoltare di questi tempi cantati, questa volta, da una voce che riconoscibile lo rimane malgrado, anche in questa circostanza, abbia notevolmente eliminato ogni rischio.

Miglior traccia: Amore gigante

Voto complessivo: 6.2/10

Video-recensione:

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Ilario Luisetto

Creatore e direttore di "Recensiamo Musica" dal 2012. Sanremo ed il pop (esclusivamente ed orgogliosamente italiano) sono casa mia. Mia Martini è nel mio cuore sopra ogni altra/o ma sono alla costante ricerca di nuove grandi voci. Nostalgico e sognatore amo tutto quello che nella musica è vero. Meno quello che è costruito anche se perfetto. Meglio essere che apparire.