sabato 23 Novembre 2024

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Anastasio torna con “A-profitto” e dice no alla mercificazione dell’arte – RECENSIONE

Recensione del nuovo singolo del rapper napoletano

Una vittoria a X-Factor che rappresenta l’ultimo grande botto del talent di Sky (il singolo “La fine del mondo” e l’ep omonimo, rispettivamente doppio disco di platino e disco d’oro, sono stati gli ultimi progetti di un vincitore ad arrivare alla certificazione), tre album pubblicati con Sony Music e un debutto a Sanremo con la sua “Rosso di rabbia” che partiva con tutti i favori del pronostico per poi concludere, ingiustamente, con un risultato al di sotto delle aspettative: troppo riflessivo, complesso e rabbioso il suo rap per una competizione che si sviluppa in soli cinque giorni e per il grande pubblico, che oggi chiede fin troppa immediatezza.

Anastasio cerca quindi una strada diversa con “Mielemedicina“: più poesia e meno rabbia, più melodia e meno durezza. Ma, pur mostrandosi centrato, le sue caratteristiche sono altre e quindi ecco che oggi lo vediamo ritornare alle origini del suo rap più crudo con “A-profitto“, nuovo singolo pubblicato venerdì scorso su etichetta Humble e distribuzione Ada Music Italy: una riflessione sulla vita, sulla modernità e su sé stesso.

Accettazione della nicchia |

Un ritorno da indipendente: Anastasio fa un passo indietro per poter continuare a raccontarsi senza alcun compromesso e a dare potere alle parole in un mondo in cui contano sempre meno. Si ferma per ripartire da un pubblico a lui più adatto, quello capace di affezionarsi a un progetto a prescindere da ciò che raccontano radio e televisioni. “Lo so bene che l’esilio è un po’ il destino del poeta” è una delle frasi che introduce il discorso e non sembra un caso: una lucida accettazione della nicchia e della diversità in un mercato che richiede invece di essere omologati a ciò che più funziona.

Ma io sogno la campagna, mica la playa” può essere il manifesto della sua poetica: Anastasio non è pressapochismo, leggerezza, superficialità. È ricerca, riflessione, studio, sofferenza insita causata da una società che non sente sua e dai disagi che vuole denunciare. Produce per esigenza, non per convenienza. “La spada io la impugno per la lama, p*****a: è tutto mio il sangue che la bagna“, canta in un verso che si fa emblema della sua volontà di metterci sempre la faccia e di raccontarsi senza sconti.

Rifiuto di una attualità in cui tutto viene fatto in nome del guadagno |

Scelta controcorrente in una attualità dove l’apparenza vince sulla verità e il risultato sul contenuto: “La mia passione devo metterla a profitto, questo dolore devo metterlo a profitto, anche il tuo amore devo metterlo a profitto“. Tutto viene fatto in nome del profitto. Ogni sentimento, ogni gesto, ogni rapporto dev’essere in qualche modo monetizzato ed è ciò che causa una perdita di umanità nella vita di tutti i giorni (“Guarda il risultato, adesso anche l’amore puzza di contratto“), ma anche di dignità personale: “Tu non compri, non sei comprato, sei peggio di un oggetto, sei il mezzo, il denaro“.

E l’arte non può che uscirne sconfitta da questa condizione. Un’arte schiava del denaro e interessata solo all’utile non può che essere un’arte svenduta, mercificata, addomesticata. Il mero numero non dovrebbe essere l’unico fine, semmai una conseguenza. Il vero artista non è quello che pretende di essere compreso a tutti i costi, ma quello che prova a imporre al mondo la propria esistenza attraverso ciò in cui crede.

Ed è quello che oggi ci trasmette Anastasio. “Mi oppongo alle tue leggi di mercato del c***o“, dice senza mezzi termini. Si ispira a Troisi e al suo “lasciatemi soffrire in santa pace“, senza avere quindi la smania di guadagnare anche dal proprio dolore. Non sappiamo dove lo porterà questa strada, ma sappiamo già che è quella giusta. Perché non ha dimenticato la libertà, principio che dovrebbe essere alla base di tutto ciò che è arte.

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Nick Tara

Classe '92, ascoltatore atipico nel 2022 e boomer precoce per scelta: mi nutro di tradizione e non digerisco molte nuove tendenze, compro ancora i cd e non ho Spotify. Definito da Elettra Lamborghini "critico della sagra della salsiccia", il sogno della scrittura l'ho abbandonato per anni in un cassetto riaperto grazie a Kekko dei Modà, prima ascoltando un suo discorso, poi con la sincera stima che mi ha dimostrato.