Anna Tatangelo: “La musica è la mia forma di salvezza” – INTERVISTA

A tu per tu con Anna Tatangelo per parlare del suo nuovo singolo “Inferno”, disponibile per Artist First dal 16 maggio. La nostra intervista alla popolare cantante ciociara
Si intitola “Inferno” il nuovo singolo di Anna Tatangelo, disponibile in radio e in digitale per Artist First dal 16 maggio. Il brano apre un nuovo capitolo della sua carriera con una rinnovata consapevolezza. Il risultato è una canzone metropolitana e sensuale, che racconta l’intimità con voce diretta e libera da ogni filtro.
“Inferno” è solo l’inizio di un progetto più ampio che la vedrà protagonista anche dal vivo con Tatangeles, i due concerti evento annunciati per novembre a Napoli e Milano. Ma soprattutto segna un ritorno interiore, un momento di rinascita per una donna che oggi canta senza dover più dimostrare nulla artisticamente. Abbiamo incontrato Anna Tatangelo per approfondire la sua visione di vita e di musica.
Anna Tatangelo presenta il nuovo singolo “Inferno”, l’intervista
Come nasce questo brano e come si è svolto il processo creativo?
«È nato in un momento molto particolare, difficile della mia vita. Diciamo che è la parte più “leggera” del disco che verrà, e sono felice di iniziare proprio con questo mood. Quello che canto non è l’inferno di Dante: ma un inferno fatto di passione, istinto, fuoco, vitalità nei rapporti. È un brano che arriva dopo qualche anno di silenzio e fa un po’ da apripista a un progetto più ampio, a cui lavoro da tempo. È solo un assaggio».
Hai annunciato anche due concerti speciali: “Tatangeles” a Napoli e Milano. Nella tua testa come te li immagini?
«Come una grande festa. In quelle due date si canterà, si ballerà e si celebreranno i pezzi che mi hanno accompagnato nel mio percorso. Ogni canzone, per me, è legata a un ricordo preciso: “Ragazza di periferia” mi riporta al mio primo Sanremo, “Essere una donna” al momento incredibile in cui Mogol mi diede fiducia. Ora voglio dare un vestito nuovo a quelle canzoni, più moderno, più mio».
Se ti chiedessi di associare un sapore a “Inferno” e a questo ritorno, quale sceglieresti?
«Direi il sapore del desiderio, della passione, della consapevolezza di sé e del proprio corpo. È il massimo della femminilità, vissuta con libertà. Il video del brano è surreale: io cammino in miniatura sul mio corpo, è un viaggio introspettivo».
A livello musicale è un mid-tempo, ha ritmo ma custodisce un cuore da ballad. Che tipo di ricerca c’è stata sul sound del pezzo?
«C’è stato un lavoro sul suono e anche sull’interpretazione. Volevo rimanere fedele al mio pop, ma cercando di rendere le strofe più scarne e il ritornello più ampio. È un’evoluzione: sono sempre stata abituata a cantare strutture “larghe”, ma stavolta ho cercato un equilibrio nuovo, più asciutto, più diretto».
Il tuo precedente disco, “AnnaZero”, gridava rinascita. Inferno, invece, sembra più sussurrato. Possiamo parlare di un nuovo equilibrio?
«Sì, assolutamente. In “AnnaZero” c’era il mio bisogno di esplorarmi, di trovare nuove strade. Con “Inferno” sento di aver trovato il “vestito giusto”, quello che sta bene addosso a una donna consapevole».
Hai detto “non ho più nulla da dimostrare”. Quanto è liberatorio vivere senza il peso delle aspettative?
«Tantissimo. Non è spocchia, ma è consapevolezza. Dopo ventitré anni di carriera, otto Festival di Sanremo, tante collaborazioni e un sacco di live, penso che ormai si sappia chi sono. Posso piacere o meno, ma io mi conosco. E oggi scelgo di farmi meno paranoie, di divertirmi di più con quello che faccio».
Qualche anno fa, Achille Lauro ti definì “una belle Ferrari a cui serve la giusta benzina”. Oggi, con questo nuovo progetto, senti di aver trovato il tuo carburante?
«Ricordo benissimo quella frase, me lo disse anche di persona. E proprio in questi giorni ci ho ripensato, mentre riascoltavo il mio disco. Sì, oggi sento di aver trovato quella benzina. È un equilibrio che si riflette nel suono, nelle parole, ma anche in me come persona».
Tornando a un episodio molto noto: X Factor e la celebre frase “Quando la persona è niente, l’offesa è zero”. Hai detto che quella frase ti aiutò a farti conoscere per quello che sei davvero. In che modo?
«Artisticamente parlando, avevo già fatto tanto, ero già passata da Sanremo, da successi importanti. Quella frase non servì per farmi apprezzare da un punto di vista professionale da parte dei miei colleghi in giuria (Mara Maionchi, Enrico Ruggeri ed Elio, ndr), perché un curriculum non si riassume in una battuta, ma si rivelò utile per mostrare la mia personalità. Avevo 22 anni, ma anche il mio bel caratterino».
C’è un’altra frase che secondo me ti racconta più di ogni altra, questa me l’avevi detta tempo fa in un’intervista: “Sin da bambina mi sono sempre aggrappata alla musica, non ho mai avuto un diario, le canzoni mi sono servite per comunicare e raccontare ciò che avevo dentro”. Se potessi parlare con la piccola Anna che cantava e sognava nella cameretta di Sora, cosa le diresti? E quale canzone del tuo repertorio le faresti ascoltare?
«Le direi che dopo le tempeste arriva sempre il sole. E più che farle ascoltare una canzone, le racconterei e le farei vedere la donna e la madre che sono diventata, decisamente più consapevole. Anche grazie a mia madre e a mio figlio».
Per concludere, se dovessi scegliere un solo insegnamento che tra i tanti ti ha lasciato la musica, quale sarebbe?
«La musica mi ha insegnato a isolarmi, a canalizzare le fragilità. Mi ha sempre aiutata ad andare in un universo parallelo dove rifugiarmi. È la mia forma di salvezza».