A tu per tu con l’artista ciociara, in gara al prossimo Festival di Sanremo con “Le nostre anime di notte“
Ciao Anna, questo sarà il tuo ottavo Festival, come stai vivendo questi giorni di preparazione?
«Il mio stato d’animo si alterna, tra agitazione, felicità, gratitudine e… agitazione (ride, ndr), diciamo che questo è l’elemento che un po’ a tratti mi sveglia di notte, però sono contentissima perché è una canzone in cui credo tantissimo e, dopo tanti anni, torno a parlare d’amore e di una storia che credo sia comune a tantissime persone. Ritornare su quel palco e rivivere la stessa magia di quando l’ho calcato per la prima volta sarà davvero un’emozione, sono certa che le mie gambe tremeranno anche se ho già partecipato altre sette volte».
Cosa puoi anticipare del tuo inedito “Le nostre anime di notte”?
«E’ una canzone molto particolare, arrivata quando il disco era praticamente chiuso, quasi come un segno del destino. Ha un linguaggio diretto ed è abbastanza difficile da cantare, l’ho scelta anche per questo motivo, perché è un pezzo che mi mette in condizione di esprimermi al meglio vocalmente. Ogni canzone ha un’anima, Sanremo ti mette a disposizione una grandissima orchestra che impreziosisce il risultato finale, ma credo nella struttura del mio pezzo, che può funzionare con abiti diversi».
Che Sanremo sarà secondo te?
«Un Festival completamente nuovo, perché unisce sia l’innovazione che la tradizione, con nomi che hanno fatto la storia della kermesse, come ad esempio Loredana Bertè che per me è un mito assoluto, più alcuni giovani interessanti come Irama e il mio amico Achille Lauro. E’ difficile fare dei pronostici, tutto si gioca in quei quattro minuti dell’esibizione. Ogni edizione può cambiarti la vita o, al massimo, non toglierti nulla, è tutto abbastanza relativo e non c’è nulla di scritto. Mi ritengo una persona fortunata, sono felice di tornare su quel palco con un nuovo spirito, mettendomi forse per la prima volta veramente a nudo, prendendomi tutte le responsabilità di questa scelta».
«Oh, la grande figata di questo Festival è proprio questa (ride, ndr). Nel 2011 sono stata eliminata dalla giuria di qualità, per poi essere ripescata dal televoto. Insomma, a Sanremo ho vissuto di tutto, arrivo preparata! Quest’anno mi sento serena perché presento una canzone in cui credo, consapevole di portarmi dietro domande scontate sulla mia vita privata, ma non lo considero un mio problema. Per quanto mi riguarda, l’importante è fare una buona performance, il resto non conta».
Come sempre, Sanremo è la vetrina ideale per lanciare il proprio progetto discografico, infatti l’8 febbraio uscirà “La fortuna sia con me”. Cosa hai voluto inserire all’interno questo tuo settimo album?
«Semplicemente me stessa, in questo progetto ho curato veramente ogni minimo dettaglio, sia musicale che per quanto riguarda i testi, dalla copertina al titolo. È stato bello lavorare con tantissimi amici e ritrovarli in veste di autori in questo disco, da Giovanni Caccamo a Giuseppe Anastasi, passando per Lorenzo Vizzini, Matteo Buzzanca, Niccolò e Carlo Verrienti, Rory Di Benedetto, Federica Camba e Daniele Coro. Lo considero l’album della mia maturità, perché c’è voluto tanto tempo per realizzarlo. Quattro anni fa ho voluto resettare tutto, cambiando produttori, arrangiatori e autori, per rimettermi in discussione e totalmente a disposizione della musica, cercando di tirar fuori tutto quello che ho ascoltato e imparato in questi anni».
Sicuramente ci sono tante novità dal punto di vista sonoro, forse l’unica ossatura è la melodia sempre molto riconoscibile, per il resto hai voluto attribuire una veste diversa alle varie canzoni?
«Sì, una veste decisamente moderna, dietro ogni pezzo c’è una ricerca importante fatta insieme all’arrangiatore Placido Salamone, ci siamo ispirati a tutto ciò che è super internazionale, proseguendo un po’ il discorso intrapreso con la rivisitazione di “Ragazza di periferia”. Bisognerebbe andare un po’ più sul tecnico, aprire la singola traccia e ascoltare in ogni minimo dettaglio i richiami ad alcuni miei artisti di riferimento, come ad esempio Drake piuttosto che Rihanna. In questo album c’è un modo di approcciarmi alla musica completamente diverso».
Nei testi ti racconti come forse non hai mai fatto, non ti è venuta voglia di metterti alla prova anche nella scrittura?
«Ma guarda, in realtà ci sono tante cose scritte da me in questo disco, ma non sono stata lì a guardare i punti e le edizioni, semplicemente non mi interessa, il merito deve andare agli autori che mi sono stati accanto in questo viaggio. Non mi interessa far vedere, oggi ho bisogno di far sentire (sorride, ndr)».
Questa volta hai scelto di parlare d’amore e, di conseguenza, di te stessa senza alcun tipo di paura. Una nuova Anna?
«Dietro ogni cambiamento artistico c’è sempre un mutamento personale. Sin da bambina mi sono sempre aggrappata alla musica, non ho mai avuto un diario, le canzoni mi sono servite per comunicare e raccontare ciò che avevo dentro. Se tra le righe delle canzoni viene fuori la mia vita privata, questo non credo sia un grosso problema, almeno dal mio punto di vista, anche perché se qualcuno dovesse precludersi la possibilità di scrivere canzoni d’amore, non ci sarebbero le grandi carriere di Claudio Baglioni, Renato Zero, Vasco Rossi, ecc ecc. Nel corso degli anni ho trattato tematiche diverse, quali omosessualità o la violenza sulle donne, questa volta ho voluto parlare unicamente di un sentimento che accomuna tutti noi».
C’è qualcosa che, col senno di poi, tornando indietro non rifaresti?
Nico Donvito
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