venerdì 4 Ottobre 2024

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Antonella Arancio e l’incolmabile vuoto melodico lasciato nella musica italiana – INTERVISTA

L’artista siciliana rompe il silenzio e si racconta, ripercorrendo gli anni dei suoi maggiori successi.

Tempo di soddisfazioni per Antonella Arancio, rimasta nei “Ricordi del cuore” del pubblico, per citare il titolo della sua canzone di maggiore successo, classificatasi al secondo posto della categoria giovani del Festival di Sanremo del 1994, alle spalle del grande Andrea Bocelli. In molti nutrono ancora oggi nostalgia della sua musica, che incarna all’ennesima potenza lo stile melodico del nostro Paese, eccellenza apprezzata in tutto il mondo, al punto da balzare ai vertici delle attuali classifiche estere. Un risultato inaspettato quanto curioso, sinonimo della sempre più frequente voglia di un ritorno della gloriosa melodia italiana da parte del pubblico, che ne riconosce il valore e la mancanza nell’odierno scenario musicale, orfano di una riconoscibile identità nazionale e sempre più vittima di scimmiottamenti internazionali.

Ciao Antonella, partiamo dalla recente notizia dell’entrata nelle classifiche iTunes messicana e statunitense di un tuo album pubblicato oltre vent’anni fa…

«Diciamo che è stata una sorpresa anche per me, in effetti sono passati un bel po’ di anni dalla pubblicazione di quell’ album… ».

In molti si sono chiesti cosa abbia spinto questa risalita, un mistero che ha incuriosito anche noi, sinonimo del fatto che c’è tanta voglia della buona musica italiana in giro per il mondo. Che effetto ti fa sapere che in molti hanno nostalgia anche delle tue canzoni?

«Sapevo già che in quei paesi (e non solo) molti hanno nostalgia della mia musica… Sono stati anni di successo, la gente apprezzava ed amava la mia voce e soprattutto la mia musica italiana. Ricevo ancora tantissimi messaggi, e tutti si chiedono il perché della mia ‘scomparsa’ dalle scene musicali. È difficile spiegar loro che non sempre certe cose dipendono da noi…».

Nonostante il tuo ultimo disco sia datato 1996, in realtà non ti sei mai fermata, hai sempre continuato a cantare, esibendoti dal vivo lungo la penisola, isole comprese e in particolar modo la tua amata Sicilia. Quanto sei legata alla tua terra?

«Amo la mia terra nonostante le difficoltà, le problematiche e i difetti che abbia. Qui sono nata e cresciuta. Per scelta, non l’ho mai abbandonata… neanche quando il lavoro mi portava a viaggiare spesso, perché sempre fuori».

Facciamo un salto indietro nel tempo, quando e come è nata la tua passione per la musica?

«Ho sempre avuto la passione per la musica. Mia madre mi racconta che dentro la culla cantavo a squarciagola e non sapevo ancora parlare! Fino agli 11 anni ne ero ignara!».

Quali artisti o generi musicali hanno ispirato e accompagnato la tua crescita artistica?

«Ho sempre ascoltato di tutto. Non per gusto ma per scelta. La Mannoia è stata una mia grande ispiratrice, lontana (per fortuna) dai soliti fenomeni dai virtuosismi tecnicamente impeccabili, ma privi di emozioni».

Da giovanissima hai partecipato al Festival di Castrocaro e al concorso canoro di Sanremo Giovani. Che ricordo hai di queste due esperienze e, secondo te, cosa hanno di diverso queste manifestazioni rispetto agli odierni talent show?

«Ho partecipato nel 1991 a Castrocaro e sono arrivata solo alle semifinali. Mi è sembrato un concorso ‘sporco e manovrato’. Ho partecipato a Sanremo giovani nel 1993. Esperienza stupenda ed importante in quanto ha segnato l’inizio del mio percorso musicale a livello nazionale. Al timone il grande Pippo Baudo, il quale rende tutto elegante e professionale. Le differenze sono tante, purtroppo è un discorso lungo e ci vorrebbe una sola giornata per elencare ciò che ha cambiato i requisiti necessari per produrre voci valevoli e buona musica, come si faceva un tempo. La qualità di oggi è solo frutto di commercializzazione… compresi gli attuali talent messi in onda non certo per valorizzare i fenomeni musicali, ma solo chi siede dietro al tavolo di giuria».

Nel 1994 si spalancano per te le porte del Teatro Ariston con i “Ricordi del cuore”, canzone che ti permette di classificarti seconda tra i giovani. Quanto sei legata a questo brano?

«Sono molto legata a ‘Ricordi del cuore’. È il brano che mi accompagna da sempre, grazie al quale ancora oggi la gente mi identifica. E poi sono molto orgogliosa di dire che gli autori, sono due catanesi come me… Claudio Allia e Raimondo Di Stefano». 

Tra le nuove proposte di quell’anno figurano grandi nomi, da Giorgia a Irene Grandi, c’è qualche collega con il quale sei rimasta in contatto negli anni?

«Per un periodo sono stata molto legata ad Andrea Bocelli e la sua famiglia. Mi invitò alla sua tenuta e passammo diversi momenti insieme. Anche con Lighea siamo molto amiche».

Non posso non chiederti di parlarci di due pilastri della canzone e dello spettacolo italiano: il produttore Franco Migliacci e Pippo Baudo. Entrambi hanno creduto in te, possiamo considerarli un po’ i tuoi due “padrini artistici”? 

«Franco è stato come un padre per me. Oltre ad essere il mio produttore, mi ha insegnato molto soprattutto nella vita. Passavamo molto tempo insieme… è una persona colta ed intelligente. Mi ricordo che leggeva molto, amava i quadri di Chagall e andava spesso a giocare a carte con l’amico Sergio Endrigo. Era una buona forchetta, ma stava sempre a dieta mangiando le minestrine! Pippo è la perfezione. Non si limitava a curare la parte artistica di uno spettacolo, ma curava anche i dettagli personali. A me consigliava gli abiti scuri e mi diceva sempre come preferiva che mi pettinassi! Mi chiamava Giulia, perché sosteneva fossi uguale a Julia Roberts!».

https://www.youtube.com/watch?v=FTx-e1HIUH8

L’anno successivo approdi tra i Campioni con “Più di così”, altra esperienza più che positiva. Com’è stato ritrovarsi in gara con artisti del calibro di Mango, Gianni Morandi, Patty Pravo, Massimo Ranieri, Loredana Bertè, Gigliola Cinquetti, Peppino Di Capri e tanti altri?

«È stato emozionante ritrovarsi a gareggiare con grandi nomi della musica italiana! Ma ero sicura e certa dello spessore del mio brano, scritto sempre da Migliacci».

Poi è arrivato il successo internazionale, in particolar modo in Sud America, un lusso che è toccato a pochi artisti italiani, tra cui Laura Pausini o Eros Ramazzotti. Come hai vissuto quel periodo?

«Il mercato latino americano credo sia stato il più riconoscente. Sono stata amata da subito ed anche lì ‘Recuerdos del alma’ ha spopolato, diventando addirittura colonna sonora di una grande telenovela».

So che stai lavorando da tempo a un nuovo progetto che segnerebbe il tuo attesissimo ritorno discografico, ma le difficoltà odierne sono tante e sotto gli occhi di tutti. In cosa è cambiato il mercato musicale rispetto ai tuoi esordi?

«Come dicevo prima, il mercato musicale è cambiato. Non si cerca più la qualità, ma solo il prodotto commerciale, seppur solo momentaneo. Sono cresciuta molto musicalmente, oggi scrivo, compongo e arrangio i miei brani».

Alla luce di tutto quello che ci siamo detti, per concludere, quale messaggio vorresti trasmettere al pubblico, oggi, attraverso la tua musica?

«Non voglio trasmettere o inculcare nulla che non sia istintivo, spontaneo, soggettivo e personale a chi mi ascolta, ma al contrario, mi piace scoprire e capire l’effetto che ne fa».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.