Recensione del nuovo album d’inediti della cantante
L’abbiamo ascoltata cantare un po’ di tutto. Ha cantato motivetti orecchiabili come Sincerità, Malamoreno e L’esercito del selfie ma ha anche regalato la sua bella ugola a potenti e struggenti ballate emozionali come La notte, Meraviglioso amore mio e Ho cambiato i piani. Chi è, dunque, la vera Arisa?
Questa dev’essere stata, per forza di cose, la domanda di partenza per concepire questo sorprendente Una nuova Rosalba in città che si propone, dopo un periodo non esattamente florido nella sua ormai decennale carriera, di ridare nuova linfa ad una delle migliori voci femminili, se non la migliore in assoluto, del panorama discografico emerso nel nuovo millennio.
A giudicare dai suoni, dai temi e dai colori che compongono questo nuovo disco, uscito per Sugar Music l’8 febbraio del 2019, la Arisa di oggi si sente quantomai vicina alla Arisa delle origini, quella con gli occhialoni ed i vestiti ricercati, quella dei motivetti orecchiabili e di un’apparente leggerezza che, in realtà, nasconde messaggi e doti ben più profonde ed impegnate.
Tutto ciò bene lo rappresenta un brano come Tam tam che ben raccoglie l’eredità di brani tutti basati su di uno slogan che, in questo caso, diventa puramente sonoro. Gianluca De Rubertis, che ne è l’autore, è anche il principale artefice della svolta primaverile e leggera del repertorio di Arisa che all’interno del disco si trova a cantare anche l’istrionica Dove non batte il sole e la davvero centrata Quando c’erano le lire che riesce a recuperare davvero quella aurea retrò, sia tematicamente che sonoramente, che rende il tutto una potenziale hit radiofonica. Minidonna è la traccia più impegnata dell’album visto che affronta il tema delle comunità transessuali: nonostante ciò l’atmosfera è di quelle leggere e spensierate che si fanno canticchiare senza troppo impegno.
C’è poi, ovviamente, la celebre Mi sento bene che ha segnato la sesta partecipazione al Festival di Sanremo della cantante lucana. Abbiamo detto delle leggerezza e della frivolezza, che ben vengono qui rappresentate dal ritornello martellante, ma la nostra Rosalba, in questi anni, è stata anche ugola impegnata non solo tematicamente ma anche tecnicamente. E dunque ecco che il brano si rivela essere un continuo sali e scendi vocale che metterebbe a dura prova anche la miglior interprete obbligandola a confrontarsi con un’orchestrazione da vere montagne russe. Il tutto, ovviamente, si colora, poi, di una partenza e di una chiusura fiabesche tutte concentrate su di una riflessione sul senso della vita, dei suoi incontri e delle sue caratteristiche.
La parte del disco che più fa da ponte tra gli estremismi di Arisa è rappresentata anche da brani come Gli amanti sono pazzi, in cui prende corpo un triangolo amoroso su di un tappeto sonoro che strizza l’occhio all’elettronica e permette ad Arisa di sfoggiare tutta la sua potenza vocale, e Una nuova Rosalba in città, che contiene il manifesto di tutto l’album testimoniando il momento di rinascita personale ed artistica che l’artista sente di vivere: “se mi perdi e poi non mi ritrovi accendi la radio: eccomi qua. C’è un nuovo fiore, un nuovo arcobaleno, una nuova Rosalba in città”.
A questa nuova Arisa, però, non manca nemmeno la parte musicalmente più intima e delicata rappresentata alla perfezione dall’ennesima bella ballata pop scaturita dalle penne di Niccolò Agliardi ed Edwyn Roberts, Vale la pena. L’arrangiamento viene rivestito di elementi ritmici che confondono le acque ma il testo è chiaro quando dice: “dopo il dolore che non sai a chi rendere e non trovare un senso all’emozione, alla sua origine alla sua destinazione che ti distrugge eppure ti fa bene: è un altro colpo di scena ma ne vale la pena”. Su questo filone più orientato all’intimità si collocano anche le belle La domenica dell’anima e Così come sei in cui Arisa sembra rievocare, anche se solo in lontananza, le sue produzioni più orchestrali, classiche ed emotivamente sentite.
A chiudere ci sono i due brani più intensi di tutto l’album: Il futuro ha bisogno d’amore, dove s’invoca il sentimento eterno per salvare non solo una relazione ma l’intera esistenza del mondo ricordando che “tutti abbiam bisogno di ballare, tutti abbiamo voglia di gridare, siamo tutti uguali sotto questo solo”, e Amarsi in due, l’eterea riproposizione in italiano (ad opera di Cristiano Malgioglio) del celebre brano di Salvador Sobral che qui viene reso magnificamente piano e voce.
Questo nuovo lavoro discografico di Arisa è un album difficile perchè un disco che è dovuto andare in controtendenza per restituire un senso ad un’interprete pazzesca che negli ultimi anni ha raccolto davvero molto meno di quanto meritava. E’ un disco difficile perchè deve fare un passo indietro, ripartire da capo per recuperare quel pubblico che aveva perso di vista la traiettoria musicale di Arisa. Ecco, dunque, che si riparte con leggerezza e semplicità alla volta della scoperta di se stessi. Manca la canzone del secolo, è vero, e manca anche quell’intensità emozionale che spesso Arisa ha saputo regalare nelle sue più belle e famose canzoni strappalacrime ma tutto questo manca perchè s’è voluto cercare altro. Almeno per ora. Onore, dunque, ad un’interprete che ha saputo reinventarsi non perdendo un minimo di qualità e bravura.
Migliori tracce: Vale la pena – Mi sento bene – Il futuro ha bisogno d’amore
Voto complessivo: 8/10
Video-recensione:
Ilario Luisetto
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