A tu per tu con Asco, per parlare dello show “Symphony of caos”. La nostra intervista al DJ e producer originario di Ascoli Piceno
Alessandro Xiueref, in arte Asco, è il primo DJ a dirigere dal vivo un’orchestra, i suoi live contano decine di migliaia di spettatori sia in Italia che all’estero, ha già suonato all’Ultra Music Festival di Miami, al Balaton Sounds in Ungheria, in Cina, Giappone, Vietnam, in Thailandia e in molti altri paesi. Il 31 ottobre, il Dj ha acceso Roma con il suo evento “Symphony of caos” al Teatro 1 di Cinecittà World. Asco intervista
Nei suoi show l’artista unisce la musica classica con quella elettronica, sorprendendo gli spettatori con l’aggiunta di effetti speciali come fiamme, CO2, laser e spettacoli pirotecnici perfettamente sincronizzati con la musica. Ad accompagnarlo sul palco archi, fiati, percussioni e il rinomato Coro Ventidio Basso.
Asco racconta “Symphony of caos”, l’intervista
Partiamo da “Symphony of caos”, lo show che stai portando in giro per il mondo e che combina musica sinfonica con la techno, in un’esperienza multisensoriale. Ci racconti come nasce questa idea?
«Il progetto nasce nel periodo della pandemia, nel quale un po’ tutti noi di deejay cercavamo un nuovo dialogo per poter arricchire quelle che erano le live stream per far godere da casa di buona musica. Personalmente cercavo un qualcosa che avesse delle contaminazioni che andassero oltre la musica, quindi interventi di danza classica interventi di trampolieri interventi anche di musicisti che mi accompagnavano in questa situazione di restrizione. Successivamente, l’amministrazione comunale della mia città natale, Ascoli Piceno, era già da tempo che mi corteggiava per realizzare qualcosa in città. Una volta rallentate le restrizioni, abbiamo creato questo grande evento con l’orchestra, mettendoci dentro tante altre arti. Per cui il primissimo “Symphony of caos” questo, c’erano anche trampolieri e danzatori classici, un sacco di intermezzi. Poi nel tempo abbiamo snellito un po’ lo spettacolo, apportando dei progressi e oggi ha un’identità molto più definita. L’idea è nata per gioco, sperimentando con quelli che erano i miei sogni da bambino».
Stai esportando questo spettacolo in giro per il mondo, mi incuriosisce chiederti: come è confrontarti di continuo con culture così diverse e in che modo questo confronto arricchisce ulteriormente la tua musica?
«Ho la fortuna di lavorare a livello internazionale come artista dal 2017 ed è qualcosa che mi ha arricchisce tantissimo, giorno dopo giorno, sia dal punto di vista umano che appunto artistico. È inevitabile contaminarsi con quelle che sono le esperienze di vita, soprattutto quando ti confronti con mondi così divers,i perché poi quando ti trovi in Asia o negli Stati Uniti ti rendi conto che si tratta di mondi totalmente diversi da quelli che siamo abituati a vivere quotidianamente. Quindi non ho mai imposto la mia musica, quando mi trovo in quei posti, cerco di trovare una soluzione che può essere confacente al luogo e alla cultura. È importante per capire quello che il pubblico si aspetta, e quindi cercare un po’ di calibrare verso la loro direzione».
Per concludere, qual è l’insegnamento più importante che pensi di aver acquisito dalla musica fino ad oggi?
«Diciamo che per me la musica è sempre stata una forma di dialogo, qualcosa che mi ha permesso di esprimermi quando non riuscivo a farlo in altri modi. Non posso che ringraziare questo strumento, non posso che ringraziare questa forma di espressione che può toccare delle corde che non hanno confini, perché una melodia può emozionare me come una persona dall’altra parte del mondo, senza parlare la stessa lingua e senza che nemmeno sappiamo dell’esistenza l’uno dell’altro. Questa cosa è sconcertante, la musica riesce a creare questo meraviglioso collegamento».
Nico Donvito
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