“Asilo Republic” di Vasco Rossi: te la ricordi questa?

Viaggio quotidiano nella colonna sonora della nostra memoria, tra melodie sospese nel tempo pronte a farci emozionare ancora. Oggi parliamo di “Asilo Republic” di Vasco Rossi
La musica è la nostra macchina del tempo: basta una nota, un ritornello, ed eccoci di nuovo lì, in una stagione vicina o lontana, in un’auto con i finestrini abbassati o nella cameretta della nostra infanzia. “Te la ricordi questa?” è il nostro appuntamento quotidiano per riavvolgere il nastro delle emozioni, proprio come si faceva una volta con una semplice penna e una musicassetta. Oggi l’orologio del tempo ci riporta al 1980 con “Asilo Republic” di Vasco Rossi.
Ogni giorno, alle 13:00, vi accompagneremo in un viaggio musicale alla riscoperta di queste gemme nascoste: canzoni che hanno detto tanto e che hanno ancora tanto da dire, pronte a sbloccare ricordi, evocare immagini, restituirci pezzi di passato con la potenza che solo la musica sa avere. Brani che forse oggi non passano più in radio, pezzi di artisti affermati lasciati in un angolo, o successi di nomi che il tempo ha sbiadito ma che, appena tornano nelle nostre orecchie, sanno ancora farci vibrare. Perché la musica non invecchia, si nasconde soltanto tra le pieghe del tempo, aspettando il momento giusto per colpire nel segno e farci esclamare sorpresi un: “Te la ricordi questa?”.
Ti sblocco un ricordo: “Asilo Republic” di Vasco Rossi
Uscita nel 1980 all’interno dell’album “Colpa d’Alfredo”, “Asilo Republic” è una delle canzoni più provocatorie della prima fase creativa di Vasco Rossi. Un brano rock ruvido e tagliente, una metafora cruda dell’Italia dell’epoca, sospesa tra autoritarismo strisciante, isteria collettiva e smarrimento sociale.
“Asilo Republic” si rifà apertamente a “Banana Republic”, il celebre tour (e album) di Lucio Dalla e Francesco De Gregori. Se quello era un viaggio musicale ironico in una nazione immaginaria, Vasco la sua repubblica la immagina davvero. Il testo si apre con una scena grottesca: i bambini fanno “casino”, l’autorità (la maestra) è distratta e uno di loro si lancia dalla finestra. Il tono è apparentemente leggero, quasi comico, ma la tragedia è dietro l’angolo. E proprio come in una distopia orwelliana, la risposta è una sola: repressione.
È in questa escalation che Vasco svela tutta la sua critica feroce: l’ordine imposto con la forza, il rifiuto del dialogo (“se qualcuno la vuole menare con quella vecchia storia sull’educazione”), la cancellazione della cultura (“abbiamo già bruciato tutti i libri”), fino all’annientamento fisico del dissenso: “bruciamo anche lui”.
Nel finale, l’asilo è ormai silenzioso. Ma non per pace ritrovata: “sono rimasti molto pochi dopo i fuochi”. È una chiusura inquietante, quasi apocalittica, che lascia il brano sospeso tra sarcasmo e denuncia politica. “Asilo Republic” non è solo una canzone, ma un piccolo manifesto surreale che, a oltre quarant’anni di distanza, risuona ancora con drammatica attualità.
Il testo di “Asilo Republic” di Vasco Rossi
I bambini dell’asilo
Stanno facendo casino
Ci vuole qualcosa per tenerli impegnati
Ci vuole un dolcino
Ci vuole uno spino
Ci vuole un dolcino
Ci vuole uno spino
Dice che è stata una disattenzione
Della maestra
E subito uno si è buttato giù
Dalla finestra
Dalla finestra
Oddio che cosa si può inventare
Oddio che cosa possiamo dire
Quando sua madre arriverà
S’incazzerà
S’incazzerà
Certo che lavorare in un asilo
Dove c’è sempre casino
Tranquilli, qui non si può stare per niente
Ci vuole un agente
Ci vuole un agente
E allora vedrete con la polizia
Che a situazione ritornerà
Come prima
Più di prima
T’amerò (yeah)
T’amerò
Più di prima ci sarà ordine e disciplina
E chi non vuole restare qui
Vada in collina
Vada in collina
E se qualcuno la vuole menare
Con quella vecchia storia sull’educazione
Abbiamo già bruciato tutti i libri
Bruciamo lui (yeah)
Bruciamo anche lui
I bambini dell’asilo
Non fanno più casino
Sono rimasti molto pochi
Dopo i fuochi
Nuovi fuochi
Nuovi fuochi
Fuochi, fuochi
Fuochi, fuochi
Fuochi, fuochi, fuoco