martedì 22 Ottobre 2024

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Benedetta Raina: “Le mie canzoni? Fotografie rubate, attimi dello stesso caos” – INTERVISTA

A tu per tu con la giovane cantautrice piemontese, in uscita con l’EP d’esordio intitolato “Frammenti

Si intitolano “Frammenti”, “Basta”, “Stata mai”, “Mi sveglio col caffè”, “Davvero” e “Non me ne frega se non ci vedo bene” le sei tracce contenute all’interno del primo lavoro discografico di Benedetta Raina, artista classe 2001 di Alessandria, originale nell’approccio all’interpretazione e alla scrittura. Approfondiamo la sua conoscenza.

Ciao Benedetta, benvenuta. Partiamo dal tuo EP d’esordio intitolato “Frammenti”. Cosa hai voluto inserire in questo lavoro che, di fatto, rappresenta il tuo biglietto da visita musicale?

«Tante varie sfaccettature, infatti, ho deciso di chiamarlo così proprio perché ogni canzone è stata scritta in un momento unico, della mia adolescenza in particolare e della mia vita in generale. Ciascuna traccia è riferita ad un periodo della mia crescita che, magari, adesso non condivido più o comunque non mi rappresenta più, proprio perché nell’adolescenza si cambia velocemente, questi pezzi rappresentano attimi dello stesso caos, come delle fotografie rubate».

Quali sonorità e quali tematiche hai voluto abbracciare in questi sei brani?

«Tematiche molte, si parla di crescita personale, dal fatto di non trovarsi bene in determinati ambienti e di voler scappare, passando per l’amicizia, la difficoltà di gestire le parole, accettare i commenti degli altri e tanti altri argomenti. A livello di sonorità, invece, le mie canzoni nascono acustiche, da un ukulele o una chitarra, poi in studio facciamo molti esperimenti diversi. In questo EP ci siamo ispirati molto al synth pop anni ’80, con varie influenze elettroniche, quindi abbastanza moderne».

C’è stato un momento preciso in cui hai capito che la musica per te era qualcosa di più di un semplice passatempo?

«In realtà credo di averlo sempre saputo, perché era l’unica cosa che mi dava tanta gioia, però il momento in cui l’ho capito è stato più o meno verso la terza media, ispirata dalla storia di Ed Sheeran che aveva lasciato tutto, abbandonato la sua città, trasferendosi a Londra, cominciando a cantare e suonare per strada. Lì ho capito che se hai un sogno devi portarlo avanti, a tutti i costi, così ho comprato la tastiera ed è cominciato un po’ tutto».

Per concludere, a chi si rivolge oggi la tua musica e a chi ti piacerebbe arrivare in futuro?

«In futuro spero di arrivare un po’ a tutti, mi piace quando qualcuno più grande di me si immedesima in quello che faccio. Ho iniziato a fare questo per un semplice e grande motivo, il fatto che in molti momenti della mia vita ho avuto solo come accompagnamento la musica, che mi ha dato la forza per crescere e superare ostacoli. Pensare, magari, di poter essere un giorno anch’io la stessa cosa per qualcuno, per me sarebbe bellissimo, un po’ come la chiusura di un cerchio».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.