A tu per tu con il cantautore e produttore foggiano, fuori con il singolo intitolato “Al primo piano“
Piacevolissimo incontro musicale quello realizzato con Beppe Stanco, che ci ha ospitati nel suo studio milanese per parlare dei suoi numerosi progetti, a cominciare dal nuovo singolo “Al primo piano”, disponibile in radio e sulle piattaforme digitali a partire dallo scorso 5 luglio. Atmosfere e suggestioni acustiche in netta contrapposizione con le attuali proposte estive, sempre più votate al reggaeton e allo scimmiottamento di sonorità internazionali, ma piuttosto scarne di sentimento e della tipica melodia all’italiana. In occasione di questa interessante pubblicazione, abbiamo incontrato l’artista per parlare delle sue varie attività, da cantautore, produttore e direttore artistico di vari festival, tra cui il Premio Lunezia, NYCanta e lo Special Festival in collaborazione con Annfas. Buona lettura.
Ciao Beppe, benvenuto su RecensiamoMusica. Partiamo dal tuo nuovo singolo “Al primo piano”, cosa hai voluto raccontare?
«Quello che ho voluto fare è andare totalmente da un’altra parte, uscire con una canzone che reputo bella, indipendentemente dal periodo».
Infatti, in un momento preciso dell’anno in cui si fa a gara per lanciare il proprio tormentone, come ci si sente a nuotare controcorrente?
«Guarda, ho deciso di pubblicare questo brano senza voler fare alcuna gara, non sono un centometrista che ambisce ad arrivare primo, mi piaceva l’idea di pubblicare un singolo che fosse un po’ l’evoluzione di un pezzo voce e chitarra».
In un’epoca così confusa, frenetica ed incerta, pensi che fermarsi al primo piano, ovvero il timore di andare oltre, sia un po’ una tendenza della nostra attuale società?
«Ho scritto questo brano per parlare proprio di questo, utilizzando la metafora di un palazzo, con i vari piani che rappresentano un po’ gli step della nostra vita, nella fattispecie analizzando la sfera sentimentale. Ho voluto raccontare la titubanza di una persona che decide di fermarsi al primo piano, vuoi per disillusione, vuoi per paura, vuoi perché in questa vita frenetica non abbiamo tempo, poi ad un certo momento ci si accorge che gli anni passano. Spesso e volentieri, la vita e tutto ciò che ci circonda fanno di tutto per allontanarci dal raggiungimento dei nostri obiettivi, impedendoci di arrivare all’attico».
In tal senso, cosa aggiungono le immagini del videoclip diretto da Cesare Rascel?
«Le immagini del video vanno a dare quel giusto apporto alla canzone per farla arrivare anche attraverso canali, come il web o la televisione. Cesare è un amico, collaboriamo insieme per la direzione del Festival di New York, ha sentito il pezzo e gli è piaciuto, poi il coinvolgimento di Juliana Moreira è stato un po’ la ciliegina sulla torta, perché ricopre il ruolo della protagonista, di colei che rimane e rende tutto possibile. Ci tengo a precisare che nel video ci sono anche Marina Graziani e Sissi Martina Palladini Farruggia, altre due bravissime attrici».
Che ruolo gioca la musica nel tuo quotidiano?
«Beh, un ruolo importantissimo, totale, da quando mi sveglio la mattina a quando vado a letto la sera. La musica è fondamentale, è il mio lavoro ma anche la mia più grande passione. Un qualcosa che mi assorbe completamente, per cui molti dei miei amici sono per forza di cose colleghi, autori, musicisti, addetti ai lavori, giornalisti, ecc ecc…».
Qual è l’aspetto che più ti affascina nel momento in cui prendi la chitarra e componi una canzone?
«La chitarra è un prolungamento di me stesso, parti con un accordo e poi inizi a metterci sopra le parole. Comporre per me è un’esigenza, in quanto tale cerco di svilupparla e farla uscire sempre di più, perché tenerla dentro diventa quasi soffocante, per cui la cosa bella è partorire nuove idee e nuove emozioni. Tendenzialmente scrivo per me, per una mia soddisfazione personale, per un mio bisogno, poi se il risultato piace e arriva a qualcuno, tanto meglio».
Cantautore, produttore e direttore artistico di vari festival, tra cui il Premio Lunezia. Come riesci a coniugare queste tre attività che sono in qualche modo diverse tra loro?
«In realtà il discorso del cantautorato lo avevo un po’ accantonato per concentrarmi sulla produzione di altri artisti, sopratutto giovani con cui ho fatto tante belle cose. Ultimamente ho prodotto “Sospeso”, la canzone dedicata alle vittime del Ponte Morandi di Genova, ma in quel caso non ho messo mano al testo, il pezzo è di Francesco Ciccotti e mi sono occupato esclusivamente della direzione artistica. Quando ti dedichi a quel tipo di lavoro non hai la testa per buttare giù qualcosa di tuo, perché hai bisogno di una concentrazione diversa, personalmente scrivo molto d’estate, sopratutto in agosto perché Milano diventa deserta, anche “Al primo piano” l’ho scritta in questo preciso periodo».
Quali sono i tuoi prossimi progetti in cantiere?
«Sicuramente voglio fare un pezzo nuovo, ci sto già lavorando. Il 13 ottobre sarò a New York per la dodicesima edizione del Festival della musica italiana che si tiene annualmente nella Grande Mela, poi tutto quello che arriverà sarà ben accetto, cercando di portare il più possibile la mia musica in giro».
Per concludere, dove e a chi desideri arrivare oggi con la tua musica?
«Sarei un ipocrita se ti dicessi che compongo canzoni solo per me, è chiaro che più persone le ascoltano e più mi fa piacere. Mi sono approcciato a questo progetto non pensando assolutamente ai risultati, step by step.. come canto nella canzone: di piano in piano».
Nico Donvito
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