A tu per tu con la band genovese capitanata da Massimo Morini, in uscita con “Giovane vecchia Italia”
Si intitola “Giovane vecchia Italia” il nuovo singolo dei Buio Pesto, disponibile in radio e in tutte le piattaforme digitali a partire da venerdì 26 ottobre. Il brano, cover italianizzata della celebre hit statunitense di Billy Joel, ripercorre avvenimenti e personaggi che hanno segnato la storia recente del nostro Paese, un progetto curato con la supervisione dell’amico Rocco Tanica, una canzone dedicata alla memoria delle vittime del crollo del Ponte Morandi, avvenuto a Genova lo scorso 14 agosto. In occasione di questo interessante progetto discografico, abbiamo incontrato per voi la band capitanata dal leader Massimo Morini.
Ciao ragazzi, inizierei col chiedervi come nasce il progetto Buio Pesto e in che modo descrivereste la vostra band?
«La nostra storia nasce a Bogliasco, piccolo paesino di 5.000 anime confinante con Genova, nel 1983. Ovvero quando eravamo ragazzini e come tutti quelli che vogliono diventare musicisti, suonavamo e scrivevamo le nostre canzoni. Poi è successo che siamo diventati professionisti e abbiamo iniziato a fare musica e dischi per altri. Io sono diventato Direttore d’Orchestra e Direttore Tecnico del Festival di Sanremo (sono il più grande veterano in assoluto: 28 edizioni consecutive e 7 vittorie) e ho collaborato, a vario titolo, con grandissimi artisti: Baglioni, Battisti, Ruggeri, Bocelli, trascinando con me sempre i Buio Pesto. Nel 1995 abbiamo iniziato a pubblicare i nostri album di musica leggera in dialetto genovese. In Liguria il successo è arrivato subito. Abbiamo superato ad oggi le 100.000 copie vendute e 1.400.000 spettatori. Il nome? Volevamo trovare un “modo di dire” di uso comune che facesse comunque capire che siamo Liguri. Trovato! Buio Pesto!».
“Giovane vecchia Italia” è il titolo del vostro ultimo singolo, cover della celebre hit di Billy Joel. Perché avete scelto di rivisitare proprio questo pezzo?
«Perché quando cantiamo in italiano (raro, ma succede) siamo gli unici in Italia a cantare “elenchi”. Strano, vero? Eppure lo facciamo solo noi! “Io e Te” (2015) era l’elenco di tutte le coppie che nella nostra mente, cultura o nel quotidiano non si possono scindere, proprio come “io e te”. “Buio Pesto” (1996) elencava tutte le parole che facevano rima con la parola “pesto”. “Verde” (2016) tutti gli oggetti esistenti di colore verde (che è il nostro colore sociale, ovviamente per via del pesto e del basilico)! A quel punto quel genio di Rocco Tanica mi rammenta che esiste una canzone “ad elenco” di successo mondiale. “We Didn’t Start The Fire” è l’elenco di tutti i fatti, personaggi e vicende americane dal 1949 (anno di nascita di Billy Joel) al 1989 (anno di pubblicazione della canzone). E Rocco mi suggerisce di farlo anche noi, ma con l’Italia. Ed ecco come è nata questa incredibile canzone».
Nel testo citate fatti e personaggi che hanno fatto la storia del nostro Paese, una sorta di biglietto da visita dell’Italia di ieri e di oggi?
«Precisamente. Non potevi scrivere descrizione migliore. Com’è la nostra Italia, nel bene e nel male, meriti e demeriti, orgoglio e vergogna. Un vero e proprio viaggio nel tempo che paralizza la coscienza di chi lo ascolta e ipnotizza chiunque veda il videoclip, anzi, il “fotoclip”, poiché vi è un’immagine contestuale ad ogni singola parola della canzone. Ogni volta che lo mostro a qualcuno resta a bocca aperta dallo shock».
Una canzone realizzata sotto la supervisione di Rocco Tanica, com’è stato collaborare con lui?
«Siamo amici da 30 anni. Io ho suonato al record del mondo delle 12 ore con gli Elio e le Storie Tese. Abbiamo duettato parecchie volte nei loro concerti in Liguria. Sono stati “attori” di ben due nostri film e telefilm (in cui eravamo protagonisti), sono stato il loro Direttore Tecnico a Sanremo per ben 3 Festival su 4. Ma soprattutto Rocco Tanica è un mio caro amico. Infatti la sua “supervisione” è totalmente amichevole. Ci vuole bene e dunque ci consiglia e ci aiuta in ogni occasione. Gli dobbiamo davvero molto».
Un pezzo dedicato alla memoria delle vittime del crollo del Ponte Morandi, avvenuto lo scorso 14 Agosto 2018 a Genova. Come sta reagendo la vostra terra?
«E’ un disastro colossale. Un effetto domino. Le conseguenze trasversali del crollo del ponte sono devastanti: tempi allungati, traffico che impedisce il regolare svolgimento delle attività, senso di sgomento che sta distruggendo la vita sociale, danni collaterali economici ad aziende, esercizi, imprese. Come se ci fosse stato un terremoto. I genovesi reagiscono con ogni forza disponibile, ma sanno bene che la reazione da sola non basta. Inoltre quel ponte era davvero uno dei nostri punti di riferimento. Ed ora che non c’è più e si è portato via pure 43 sfortunate persone, noi ci sentiamo come se si fosse inceppato il meccanismo che faceva scorrere le nostre giornate».
C’è un incontro che reputate fondamentale per la vostra carriera?
«Direi di no. Abbiamo fatto tutto da soli, sempre. Tanti ci hanno dato fiducia, qui in Liguria, e tanti non hanno creduto in noi. Ma vanno ringraziati tutti i grandi artisti che hanno duettato con noi, o nei nostri CD o dal vivo: Simone Cristicchi, Marco Masini, Povia, Enrico Ruggeri, Mietta, Giusy Ferreri, Francesco Baccini, Massimo Di Cataldo, oltre al già citato Rocco Tanica e gli Elio e le Storie Tese. Tutti loro hanno contribuito, per scopi benefici, a darci visibilità a livello nazionale e non finiremo mai di ringraziarli per questo».
Dal ‘95 ad oggi avete tenuto circa 900 concerti, quanto conta per voi la dimensione live?
«È divertente ed esaltante, ma noi non lo viviamo come un capitolo fine a se stesso. Viaggia di pari passo con la pubblicazione dei dischi. Io sono della vecchia guardia, ho lavorato anche in discografia, sono stato “A&R Manager” nella Sony Music dei primi anni ’90. Dunque la filiera per me è e resterà per sempre questa: pubblicazione di un disco, promozione, eventuale successo e poi i concerti. Nel “live” gli artisti mostrano quanto sono capaci, è vero. Ma a noi diverte di più sapere che arriveranno sostenitori a cantare assieme a noi canzoni “famose”».
Alla luce di tutto quello che ci siamo detti, per concludere, quale messaggio vorreste trasmettere al pubblico, oggi, attraverso la vostra musica?
«Nessuno. Lasciamo mandare messaggi a quelli che fanno musica per questo motivo. Le nostre canzoni sono “storie” vissute in linea di massima da altri che noi raccontiamo, in modo divertente e goliardico, in dialetto ligure ed ogni tanto in italiano. Siamo dei “biografi” scanzonati. Se poi c’è da trarre qualche “insegnamento” dalle nostre storie è assolutamente a discrezione di chi le ascolta».
Nico Donvito
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