venerdì 22 Novembre 2024

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Caleido: “Racconto di una necessità di leggerezza che sembrava impossibile” – INTERVISTA

A tu per tu con il cantautore toscano, in uscita con il nuovo singolo intitolato “Ridicolo

Tempo di nuova musica per Cristiano Sbolci, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Caleido, che ritroviamo a qualche mese di distanza dall’intervista realizzata con la sua ex band, i Siberia. Si intitola “Ridicolo” il brano, prodotto da Federico Nardelli e Giordano Colombo, che segna l’inizio della collaborazione artistica con la neonata etichetta discografica Pulp Music. In occasione di questa nuova uscita, lo abbiamo incontrato per approfondire la conoscenza del suo progetto solista.

Ciao Cristiano, bentrovato. Partiamo dal tuo nuovo singolo “Ridicolo”, cosa racconta? 

«”Ridicolo” racconta il bisogno di evadere dalle costrizioni che abbiamo vissuto nei mesi scorsi. Parla della necessità di spazio sia fisico che emotivo del quale siamo stati privati durante le misure di lockdown». 

Quali pensieri e quali stati d’animo ti hanno accompagnato durante la fase di composizione del pezzo? 

«Ho passato i mesi di lockdown a scrivere ogni giorno. Potrei dirti che dentro “Ridicolo”, ma anche agli altri brani, gli stati d’animo sono stati svariati, però fra tutti quello che ha prevalso è stato il bisogno di ritorno a una normalità che adesso a soli pochi mesi di distanza ci sembrerebbe tanto anormale». 

C’è una frase che, secondo te, rappresenta e sintetizza al meglio il senso dell’intera canzone? 

«A mio parere la frase che riassume il senso del brano è “la voglia di partire, la voglia di tornare, resti aggrappata alle nuvole come fossero la spuma del mare”: racconto di una necessità di leggerezza che purtroppo sembrava impossibile». 

Dal punto di vista musicale, quale apporto hanno donato i producer Federico Nardelli e Giordano Colombo? 

«Sono stati fondamentali, hanno saputo dare una direzione inedita alla vita che raccontavo nelle canzoni e devo dire che a mio parere mi hanno saputo far vedere il tutto da una prospettiva della quale probabilmente da solo non mi sarei accorto». 

Facciamo un salto indietro nel tempo, c’è stato un momento preciso in cui hai capito che tu e la musica eravate fatti l’uno per l’altra? 

«Se penso a me bambino, i ricordi più belli che ho sono tutti legati al mondo della musica. Ho preso la chitarra in mano per la prima volta a sei anni e da allora non l’ho più lasciata, anzi, è diventata molto presto parte fondamentale della mia quotidianità. Crescendo, con l’arrivo della consapevolezza è arrivata anche la certezza che il modo migliore di esprimermi era quello di scrivere e così è stato da allora». 

A livello di ascolti, quali artisti e quali generi hanno accompagnato la tua crescita? 

«Nell’apprendimento dello strumento sicuramente ho trovato un faro artistico in grandi classici come i Beatles e Lucio Battisti. Quando iniziai a scrivere, invece, mi sono affezionato soprattuto al mondo cantautorale bolognese, Lucio Dalla, Cesare Cremonini e Luca Carboni sopra tutti, artisti che ancora oggi mi accompagnano negli ascolti quotidiani». 

Poi arriva l’avventura con i Siberia, tre anni intensi, due album pubblicati, come valuti questa esperienza a pochi mesi dallo scioglimento? 

«I Siberia sono stati un progetto che ho amato molto e che mi ha permesso di togliermi enormi soddisfazioni, oltre che avermi insegnato a lavorare in gruppo. Stilisticamente parlando, Caleido e Siberia sono comunque molto distanti». 

A cosa si deve la scelta del tuo pseudonimo? 

«Il nome ha un forte richiamo al mio periodo adolescenziale, mi piace pensare che in qualche modo mi tenga legato al ragazzo che sono stato, quando già la musica era tutto quello a cui riuscivo a pensare. Oltre a questo, apprezzo il suono netto, e rotondo al tempo stesso, facile da tenere a mente». 

Quali sono i tuoi prossimi progetti in cantiere e/o obiettivi per il futuro? 

«Guarda, ho un disco pronto, “Ridicolo” è il primo assaggio di un lavoro che mi ha tenuto impegnato nell’ultimo anno e che non vedo l’ora di potervelo far ascoltare. Gli obiettivi sono quelli di sempre, scrivere belle canzoni che parlano di vita e sperare di regate qualche emozione a chi mi ascolta». 

Per concludere, a chi si rivolge oggi la tua musica e a chi ti piacerebbe arrivare in futuro? 

«Essendo cresciuto, dal punto di vista di scrittura, con i grandi cantautori, ovviamente l’aspirazione più grande è quella di riuscire a entrare nel cuore di tutti, con un linguaggio diretto e decifrabile da più generazioni in grado di parlare anche di sentimenti». 

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.