A tu per tu con il giovane cantautore romano classe 1995, da poco fuori con il suo album Siamo stati l’America
Disponibile ovunque da venerdì 24 maggio per Honiro Siamo stati l’America, il nuovo album del giovane Cannella, nome d’arte di Enrico Fiore, cantautore romano che quest’anno è stato anche uno dei protagonisti di Sanremo Giovani, dove ha gareggiato con il singolo Nei miei ricordi. L’album è già stato anticipato anche dai singoli Campo Felice, Venerdì (Live sul GRA), Di Cuore, e Spazzolino. Dal 24 maggio in rotazione radiofonica anche il nuovo singolo, Maggio.
Ciao Enrico, come stai vivendo questo momento?
<<Bene, sono contento perché alla lavorazione di questo disco ho dedicato circa due anni, quindi anche in maniera inconscia è chiaro che ti crei delle aspettative. Io sto cercando di vivere tutto in maniera più fatalista, cerco di pensare “come va va” senza esagerare con le aspettative. Il tutto consapevole di aver realizzato un disco che mi piace e che mi rappresenta al 100%, cosa non scontata per un artista che fa musica con l’intento poi di viverci>>.
Cannella è un nome bizzarro, com’è nato?
<<Canella è un nome uscito per caso. Era un periodo in cui avevo scritto un brano intitolato “Mela e cannella”, un brano scanzonato e ovviamente poi mai pubblicato. Una sera un mio amico mi ha detto “perché non ti chiami Cannella?”, io ero un po’ alticcio e così ho accettato. La motivazione è dettata anche dal fatto che la cannella è una spezia che si sposa bene sia col dolce che con il salato, un dualismo in cui mi rivedo bene e che credo si possa legare bene anche alla mia musica. E poi suona un sacco bene>>.
Cosa ti ha portato alla realizzazione di questo lavoro?
<<Come sempre l’esigenza nasce da sola, è naturale, come da sempre è anche il mio approccio alla musica. Chiaramente ci sono stati una serie di eventi scatenanti, tra cui la fine di una relazione durata 5 anni e numerosi cambiamenti miei personali. In generale tutte cose che in un modo o nell’altro mi hanno portato a scrivere le tracce di questo album. Sono veramente 11 pezzi di me>>.
“Siamo stati l’America” dici, il paese guerrafondaio per eccellenza, perché secondo te l’amore è una guerra?
<<L’amore è una guerra prima di tutto perché bisogna resistere, non è mai facile portare avanti un rapporto. Allo stesso modo è raro che se ne esca intatti, si finisce sempre con qualche ferita qua e là… almeno per quello che vedo io. Chiaro che poi l’amore ha anche tante accezioni positive come cantano tanti altri, io però canto della mia guerra>>.
A proposito, sei mai stato in America?
<<Mai. Di rado mi muovo anche da Roma in realtà, ma ho messo in conto di andarci prima o poi>>.
Hai iniziato a scrivere molto giovane?
<<Sì, mi sono approcciato alla musica già da bimbo e poi a scrivere canzoni verso i 12/13 anni>>.
Sempre con questo mood?
<<No, assolutamente. Inizialmente mi sono avvicinato alla musica ascoltando rap e per tanti anni ho fatto quello. Poi pian piano ho allargato il mio bagaglio e ovviamente mi sono lasciato influenzare, trovando quella che penso sia la mia strada. Mi sento sempre un po’ a metà, anche se canto, metto sempre molte parole nelle strofe. Tra l’altro proprio a Roma questa nuova scuola indiepop sta spopolando in questo momento>>.
Hai pensato di scrivere per qualcun altro? Se sì, per chi?
<<Sì. E’ una cosa che a livello professionale non ho mai fatto ma che ho messo in conto di realizzare. In Italia mi piacerebbe lavorare con Cesare Cremonini, che mi piace da morire, mentre se ti devo dare due figure femminili dico Francesca Michielin ed Elisa>>.
Qual è secondo te la formula magica per scrivere la canzone d’amore perfetta?
<<Penso la sincerità. Io ho sempre cercato di narrare le cose per come sono avvenute, dire le solite frasi di rito mi sembra un po’ inutile, o almeno a me personalmente non arriva. Sono più per le cose spontanee, dire quello che vivi senza dover per forza cercare il consenso>>.
Questo è un disco molto malinconico. Che rapporto hai tu con la malinconia?
<<La malinconia è la mia colazione (ride ndr). Sono una persona che si divide in due: da una parte c’è tanta malinconia e nostalgia che mi porta ad essere fragile ma allo stesso tempo sono una persona “caciarona” e pronta a scherzare. Chiaro che se ti devo dire chi sono io, ti dico come sono quando sono da solo, e quando sono da solo sono una persona molto riflessiva. Poi c’è tristezza e tristezza, una nociva e una più produttiva, la stessa che mi porta poi a scrivere le canzoni>>.
Nel disco c’è anche un brano, Chiara, in cui descrivi una ragazza dall’esterno.
<<E’ l’unico brano del disco in cui non descrivo direttamente me stesso. Mi sono limitato a descrivere una persona vedendola dall’esterno, quasi come scattandole una fotografia. Anche Rose rosse se la si ascolta non parla direttamente di me in effetti, ma in quel caso ho utilizzato una ragazza parlare di me>>.
Il brano al quale sei più legato?
<<I miei ricordi per tutto quello che rappresenta e che mi ha dato, compresa l’esperienza a Sanremo. Venerdì perché secondo me è quello più completo in tutti i sensi, ogni volta che lo sento mi emoziona sempre e non è una cosa facile né scontata>>.
Tra l’altro di questo brano hai scelto di tenere nel disco non la versione studio ma quella live, scelta coraggiosa.
<<Lo so, infatti volevo sentirmi dire da tutti “sei un pazzo”. Sono consapevole non sia la scelta commercialmente più vantaggiosa, però a livello di impatto questa è la versione che preferisco>>.
Non posso non chiederti nulla sulla tua esperienza sanremese di quest’anno. Com’è andata secondo te?
<<E’ un’esperienza che rifarei, bella sotto tanti punti di vista, meno da altri. Bella perché arrivare lì ti dà tanta consapevolezza, ho conosciuto tante persone e colleghi tra cui anche Mahmood, che ora si sta affermando in maniera incredibile. E’ una prova molto importante, cantare in tv non è come cantare dal vivo e quando sei lì lo senti eccome. Chiaramente poi quando termini un’esperienza così, che ti ha impegnato per parecchi mesi anche antecedenti, devi ritornare alla realtà. Io ovviamente punto all’eccellenza, quindi è normale che il risultato finale in qualche modo mi condizioni. Finito tutto ci ho messo un po’ a riprendermi ma, una volta fatto, sono tornato in studio per finire il disco>>.
Il rapporto con i social com’è?
<<I social secondo me sono un’arma a doppio taglio e vanno presi per quello che sono. Certo, sono utili per comunicare per chi fa un lavoro come il mio, ma allo stesso tempo possono essere utilizzati per mostrare una parte più “scherzosa”, senza per forza pubblicare 1000 storie o poemi lunghissimi. E’ importante mantenerne il controllo e non farsi danneggiare. Alla fine la maggior parte dei contenuti sono “fuffa” e vano presi per quello>>.
Il futuro per te cosa prevede, concerti in vista?
<<Assolutamente, presto verrà pubblicato un calendario con una serie di date che sono in fase di definizione>>.
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