Qual è la base per poter essere un cantante?
Immaginatevi la scena: proprio voi siete seduti davanti a Gerry Scotti, l’uomo dei quiz show della televisione italiana degli ultimi 20 anni, e con il suo vocione sta per leggervi la domanda che vale 1 milione di euro nel suo celebre ‘Chi vuol essere milionario?’. Non pensate immediatamente agli aiuti: li avete già usati tutti. Altrimenti era troppo facile.
La domanda è la seguente: “Per essere definito tale, qual è il requisito assolutamente fondamentale per un cantante professionista?” e le quattro alternative tra cui siete chiamati a scegliere sono: A) un timbro riconoscibile B) la capacità di saper cantare C) saper scrivere le proprie canzoni D) avere un bell’aspetto.
Ecco, ora tocca a voi dare la risposta ad una domanda che, senza troppi giri di parole, potrebbe davvero cambiarvi la vita. I problemi, però, sono due: il primo è che, ahimè, siamo tutti cascati in un terribile sogno e, il secondo, è che anche se ci trovassimo davvero davanti a questa utopistica situazione nessuno saprebbe individuare la risposta corretta ad un quesito apparentemente così banale ma, in realtà, particolarmente complesso ed ambiguo.
Eh sì, perché se è indubbio che, malgrado ci si trovi attualmente nell’era dell’immagine e dell’apparenza, l’aspetto non sia il requisito fondamentale per poter essere un cantante è assai complicato rintracciare una risposta univocamente corretta. Certo, nemmeno saper scrivere da sé le proprie canzoni è l’elemento fondamentale (oltre ai cantautori esistono, e possono legittimamente esistere, anche gli interpreti) ma scegliere tra il saper cantare ed il saper comunicare è assai più complicato. Per farla semplice, siamo davanti all’ennesima diatriba tra tecnica ed emozione, tra voce ed intenzione, tra bravura oggettiva e sentimento soggettivo. Difficile scegliere.
Faccio un piccolo passo indietro per arrivare alla circostanza che mio ha portato a riflettere nuovamente su questa domanda irrisolta. Sabato scorso ad Amici di Maria de Filippi ho sentito un ragazzo in gara, un aspirante cantante, dire che si trovava in quella trasmissione televisiva, che fine a prova contraria viene venduta da sempre come una scuola di canto e di ballo (una scuola, ripeto), non “perchè ho la voce più bella del mondo, non sono qui perchè con un acuto faccio tremare il pavimento. Io sono qui per un motivo diverso: sono qui perchè voglio comunicare quello che sono, sono qui perchè voglio condividere le mie emozioni con il pubblico”.
Tralasciando chi ha detto ciò e in quale contesto, in questi giorni ho pensato se davvero comunicare qualcosa possa venir prima del saper cantare per un artista che vuole fare della musica il proprio lavoro. La conclusione a cui personalmente sono giunto è che no, la comunicazione non può venir prima della capacità tecnica di saper cantare per chi vuole essere definito un cantante. Sarebbe come se un pasticcere pensasse a come decorare le sue torte prima di saperle realizzare o se un atleta pensasse all’esultanza per un punto o una vittoria ancor prima di saper come gareggiare nel proprio sport. La tecnica non è tutto, certo, ma è la base su cui costruire; è la prima strettoia dell’imbuto che seleziona chi, davvero, può essere definito artista.
Ancora una volta, credo, che sia l’attualità ad ingannarci. Oggi tutti sono artisti, tutti possono fare i cantanti, tutti hanno il diritto di cantare non solo in cameretta ma anche su internet e, di conseguenza, sul mercato. Non per questo, però, le definizioni e le categorie debbono essere abbattute: essere un cantante significa saper cantare. Il saper comunicare è un requisito importantissimo ma non fondamentale. D’altronde “cantare” viene prima di “comunicare” anche nel dizionario.
Se Mia Martini, dea assoluta dell’interpretazione e dell’intenzione emozionale, avesse stonato in continuazione non sarebbe arrivata probabilmente ad essere riconosciuta universalmente come una grande artista. E con lei molti altri. Al contrario, molti hanno saputo comunicare le proprie emozioni ma in pochissimi sono riusciti a diventare artisti veri non disponendo della giusta capacità canora. Jovanotti, certo, è uno di questi ma è uno tra mille ed il suo deficit tecnico è compensato da una mostruosa capacità interpretativa e da un’abilissima dote autorale.
Malgrado tutto, però, non mi sento di ‘accendere’, giusto per tornare all’utopia iniziale, la mia risposta definitiva. Il confine è fin troppo labile.
Voi da che parte state?
Ilario Luisetto
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