Entriamo dentro il testo di una canzone per comprenderla
Nuovo appuntamento con “Canzone per te”, la rubrica che ogni settimana ti porta alla scoperta di una canzone diversa, cercando di capire il significato e il messaggio che vuole trasmettere attraverso la sua musica e le sue parole.
La canzone protagonista di questa settimana è “L’isola che non c’è” di Edoardo Bennato; si tratta del singolo facente parte dell’album “Sono solo canzonette”, pubblicato nell’aprile 1980 e ispirato alla storia di Peter Pan, il personaggio letterario creato dallo scrittore scozzese James Matthew Barrie. In “L’isola che non c’è”, come nell’intero album, emerge fortemente il contrasto tra ragione e fantasia. Se da un lato la ragione è un tratto distintivo degli esseri umani e consente loro di prendere decisioni e scelte ponderate, dall’altro, anche la fantasia risulta essere una facoltà di notevole importanza, poiché un’eccessiva razionalità rischierebbe di oscurare i sentimenti e le emozioni insiti in ogni essere umano.
«Seconda stella a destra, questo è il cammino. E poi dritto, fino al mattino. Poi la strada la trovi da te, porta all’isola che non c’è.»: sono queste le parole con cui si apre il brano. L’artista napoletano indica all’ascoltatore il percorso da seguire per approdare su quest’isola meravigliosa e incantevole. Ovviamente la razionalità umana porta a pensare che un luogo simile non possa esistere nella realtà, e il narratore è consapevole di questo pensiero: «Forse questo ti sembrerà strano, ma la ragione ti ha un po’ preso la mano. Ed ora sei quasi convinto che non può esistere un’isola che non c’è.»
Anche lo stesso autore sembra quasi ritenere che quest’isola, effettivamente, non possa esistere. Probabilmente si tratta solo di una favola, di un sogno destinato a scomparire quando si aprono gli occhi e ci si ritrova immersi nella vera e cruda realtà: «E a pensarci, che pazzia. È una favola, è solo fantasia. E chi è saggio, chi è maturo lo sa, non può esistere nella realtà.» Gli individui più saggi e maturi, che sono anche quelli maggiormente consapevoli della brutalità e dell’efferatezza del mondo, sanno perfettamente che un luogo simile non possa esistere realmente.
Successivamente l’autore descrive alcuni tratti caratteristici di quest’isola alquanto singolare e fuori dal comune: «Son d’accordo con voi, non esiste una terra dove non ci son santi né eroi. E se non ci son ladri, se non c’è mai la guerra, forse è proprio l’isola che non c’è… che non c’è.» e «Son d’accordo con voi, niente ladri e gendarmi, ma che razza di isola è? Niente odio e violenza, né soldati, né armi, forse è proprio l’isola che non c’è… che non c’è.» Un luogo in cui non vi siano odio, violenza, armi e guerre non sembra davvero poter esistere. L’intera storia dell’umanità, infatti, è stata accompagnata (e lo è tutt’oggi) da innumerevoli episodi di violenza, odio e disprezzo che, spesso, sono sfociati in altrettante sanguinose guerre. Se non si può negare che lo sviluppo della società umana abbia favorito un maggior benessere collettivo e una diminuzione delle guerre di ogni tipo è anche vero che, ancora oggi, sono troppi i paesi del Mondo in cui le situazioni politiche, economiche e sociali risultano essere drammatiche. Ovviamente tutti questi episodi di violenza, odio e disprezzo contribuiscono a far ritenere che l’isola che non c’è sia un luogo assolutamente immaginario e destinato a rimanere chiuso tra le pagine di una favola o tra i versi di una canzone.
Alla fine, però, l’autore cambia nettamente la sua posizione. Se inizialmente, infatti, sembrava appoggiare la tesi sostenuta dalla maggior parte degli individui (che credono che quest’isola non esista nella realtà), nella parte conclusiva del brano si discosta da questo pensiero: «E non è un’invenzione e neanche un gioco di parole. Se ci credi ti basta perché poi la strada la trovi da te» e «E ti prendono in giro se continui a cercarla, ma non darti per vinto perché chi ci ha già rinunciato e ti ride alle spalle forse è ancora più pazzo di te.» Il narratore crede fortemente nella possibilità di trasformare l’isola che non c’è in un luogo reale; la sua speranza è che il modello di società che caratterizza questo luogo bucolico possa essere adottato anche nel mondo in cui viviamo. Ovviamente si tratta di un percorso particolarmente difficile, lungo e tortuoso, ma non per questi motivi impossibile.
In definitiva, in “L’isola che non c’è” Edoardo Bennato è stato in grado, attraverso una storia di fantasia, di trasmettere un messaggio di notevole importanza e rilievo: la società in cui viviamo è caratterizzata da innumerevoli elementi negativi (quali odio, violenza e intolleranza) ed è attanagliata da molteplici guerre. È proprio per questo motivo che è necessario invertire la rotta e porre fine a tutte le ingiustizie e disparità ancora presenti. E chissà se, un giorno o l’altro, l’isola che non c’è possa finalmente diventare l’isola che c’è.
Redazione
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