Raccontiamo una canzone per il suo testo
Nuovo appuntamento con “Canzone per te”, la rubrica che ogni settimana ti porta alla scoperta di una canzone diversa, cercando di capire il significato e il messaggio che vuole trasmettere attraverso la sua musica e le sue parole. La canzone protagonista di questa settimana è “C’è da fare” di Kessisoglu & Friends per Genova; si tratta del singolo scritto dall’attore e comico genovese Paolo Kessisoglu (noto al grande pubblico soprattutto per il duo formato con Luca Bizzarri) a seguito della tragedia del viadotto Polcevera a Genova del 14 agosto 2018.
Il crollo del ponte Morandi è stato un evento che ha sconvolto l’Italia intera; in un’epoca dominata dall’innovazione e dallo sviluppo tecnologico non si dovrebbe sentir parlare di viadotti crollati, bensì edificati. La musica ricopre un ruolo di primaria importanza in situazioni come questa: infatti, già nel 2009, a seguito del terremoto de L’Aquila, diversi artisti di spicco del panorama musicale italiano si erano uniti per dare vita a un vero e proprio capolavoro, ossia “Domani 21/04.09”. Ma non si tratta dell’unico caso. In molti ricorderanno sicuramente il grande “Concerto per l’Emilia”, tenutosi il 25 giugno 2012 allo stadio Renato Dall’Ara di Bologna, poche settimane dopo il drammatico terremoto dell’Emilia.
“C’è da fare”, pertanto, si aggiunge alla triste collezione di brani nati a seguito di una tragedia; ovviamente, il sogno di tutti è che, in futuro, non sia più necessario incidere brani di questo genere e non si debbano più piangere vittime innocenti. Ma tutto ciò, almeno per ora, è solo un miraggio.
È stato lo stesso Paolo Kessisoglu a spiegare com’è nato questo brano: “Il giorno del crollo del ponte Morandi mi trovavo lontano da Genova, negli Stati Uniti: non potendo fare nulla, trovato un pianoforte in una libreria di San Francisco, mi sono seduto e ho scritto questa canzone per Genova, di getto. Le note scivolavano giù dalle mie dita senza fatica, erano l’espressione della mia incredulità e del mio sgomento. Tornato in Italia, ho ripreso quelle note e ho scritto il testo. Ne è nata una canzone d’amore per la mia città, uno stimolo a non mollare, a non chiudersi, ma ad aprirsi chiedendo aiuto in un momento difficile”.
L’amore per la città di Genova, nota anche come “La Superba”, traspare con evidenza e chiarezza dal testo; l’autore, citando più volte la città, ne mette in luce i pregi, i difetti e le peculiarità: “Genova città da capire, Genova aria da bere. Genova nuvole e sale e vento a imperversare. Genova da perder la via, solo vicoli e nicchie, che alla fine dei Giovi ci si stappa le orecchie”.
Di riferimenti alla città, però, ve ne sono ancora diversi: “poi ti affacci sul porto, dalla sopraelevata. Elevata di poco, che sfrega i palazzi” e “sei respiro di onde, marea di commerci. Sei natura che bussa dai Caruggi del centro”. Successivamente l’autore pone al centro la forza di questa comunità che, nonostante l’avanzare del tempo, resiste con orgoglio e vigore: “sei città che non cambia, come i veri orgogliosi”.
Nella terza strofa, nella mente dell’ascoltatore, appare il mare: “quando, finite le curve, finalmente si schiaccia il pedale. Con il buio negli occhi, all’improvviso c’è il mare. È una luce che esplode, non la riesci a guardare”. Il mare, per Genova, non rappresenta solamente un carattere distintivo e una bellezza naturale, bensì una vera e propria fonte di sostentamento: esso, infatti, genera lavoro e ricchezza e consente alla città di essere un vero e proprio punto di riferimento sia a livello turistico che commerciale.
La manifestazione più cara di affetto alla città è offerta dal ritornello: “e allora vieni qui, togliti quel muso e fatti abbracciare. Sto vento freddo che soffia, ti voglio scaldare. Sei sempre la stessa, ma, se stavi male, me lo potevi dire”. Il legame indissolubile nei confronti della propria terra emerge con evidenza. Le parole, però, seppur importanti, non possono risolvere le innumerevoli e complesse problematiche.
L’autore lo sa, ed è per questo che lancia un invito a rimboccarsi le maniche, a non darsi per vinti e a risollevarsi un’altra volta: “ma adesso basta parlare, c’è da fare”.
La città di Genova è da sempre al centro di innumerevoli tragedie o calamità naturali (basti pensare alle continue alluvioni), eppure si è sempre rialzata, nonostante le notevoli difficoltà. La speranza è che tutti i cittadini possano esercitare il diritto di vivere in sicurezza e tranquillità, lontani da tragedie immani come quella del viadotto Polcevera.
L’autore del brano, Paolo Kessisoglu, ha trovato l’apporto e il sostegno di numerosi artisti, 25 per l’esattezza, che lo hanno accompagnato nell’interpretazione di questa canzone: Annalisa, Arisa, Boosta, Fiorella Mannoia, Gianni Morandi, Gino Paoli, Giorgia, Giuliano Sangiorgi, Ivano Fossati, Izi, J-Ax, Joan Thiele, Lo Stato Sociale, Luca Carboni, Malika Ayane, Mario Biondi, Massimo Ranieri, Mauro Pagani, Max Gazzè, Nek, Nina Zilli, Nitro, Raphael Gualazzi, Ron e Simona Molinari. Questa è l’ennesima dimostrazione che la musica è in grado di unire e di andare al di là di ogni confine.
Importante sottolineare che il ricavato delle vendite del singolo è stato devoluto all’associazione Occupy Albaro per la realizzazione di un centro sportivo polifunzionale nella zona interessata dal crollo; inoltre, i fondi saranno utilizzati anche per migliorare la vivibilità della Valpolcevera e offrire assistenza ai cittadini maggiormente lesi dal crollo del ponte Morandi.
Testo |
Genova città da capire. Genova aria da bere
Genova, nuvole e sale, e vento a imperversare
Genova da perder la via, solo vicoli e nicchie
Che alla fine dei Giovi ci si stappa le orecchie
Quando finite le curve
Finalmente si schiaccia il pedale
Con il buio negli occhi, all’improvviso c’è il mare
E una luce che esplode, non la riesci a guardare
Poi ti affacci sul porto, dalla sopraelevata
Elevata di poco, che sfrega i palazzi
Qui si guida un po’ storti, perché si guarda il mare
È come far geometria se in TV c’è il mondiale
Genova è grigia, non ti sorride
È lontana, è interrotta, è il Bisagno
È troppo corta la pista, è un rumore continuo
A noi piace così, lo chiamiamo mugugno
E allora vieni qui, togliti quel muso e fatti abbracciare
Sto vento freddo che soffia
Ti voglio scaldare
Sei sempre la stessa, ma se stavi male
Me lo potevi dire
Me lo potevi dire
Ma adesso basta parlare
C’è da fare
E chi vive vicino al porto sa di non credere mai
Alle promesse dei politici, a quelle dei marinai
Che più di chi mette un like, serve chi mette la faccia
Che non esistono stranieri, solo gente che viaggia
Sei respiro di onde, marea di commerci
Sei natura che bussa dai caruggi del centro
Sei l’insegna dei posti che a distanza ritrovi
Sei città che non cambia, come i veri orgogliosi
C’è una cosa che mi manca
Come l’aria, come il cielo in una stanza
E allora vorrei fermare chi urla, chi viaggia
Per sentire solamente il rumore del mare
E allora vieni qui, togliti quel muso e fatti abbracciare
Sto vento freddo che soffia
Ti voglio scaldare
Sei sempre la stessa, ma se stavi male
Me lo potevi dire
Me lo potevi dire
Ma adesso basta parlare
C’è da fare
C’è da fare
C’è da fare
Però poi ti accorgi degli sbagli quando è tardi per scusarsi
E per rimarginarsi i tagli, gente di mare e d’onore che le dà valore
È ora di fare e non di pensare a chi ha ragione
C’è da fare
C’è da fare qui
C’è da fare
Sto a Boccadasse col vento, con le risacche
Guardo in tutte le piazze, giallo come casacche
Vicolo dopo vicolo dicono sia ignorante
Scusa ma fai il politico vuoi fare il cantante
C’è da fare
C’è da fare qui
C’è da fare
C’è da fare
C’è da fare qui
C’è da fare
C’è da fare qui
C’è da fare qui
C’è da fare
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