Abbiamo intervistato per voi lettori la rockband emergente padovana, negli stores con il loro ultimo concept album “Il grande zoo”. Ecco cosa ci hanno raccontato Alex, Valerio ed Enrico.
D: Grazie per la vostra disponibilità. Parlateci un po’ di voi e dei vostri esordi.
R: Ci siamo conosciuti nel 2007 ma eravamo diversi da ora, eravamo tre musicisti ed un cantante e ci facevamo chiamare The Vintage cantando pezzi principalmente in inglese. Nel 2012 la band originale si scioglie e si formano i Capobranco decidendo di dedicarci solo al cantato italiano.
D: Da cosa deriva questo nome curioso?
R: Siamo tutti appassionati di cani e nel periodo in cui eravamo in cerca di un nome per iniziare il nostro progetto un giorno eravamo a casa di Valerio e lui si mise ad urlare al cane “Ma chi è il Capobranco?!” e così ci è venuta l’ispirazione.
D: Parliamo del vostro ultimo lavoro e di come nasce l’idea dello zoo.
R: Questo disco è la naturale evoluzione di quello precedente, un’evoluzione anche dello stesso personaggio del Capobranco, ora cerchiamo di far vedere quello che lui percepisce del mondo esterno. Ogni brano rappresenta un punto di vista sulla società e su particolari personaggi come il fonico o l’uomo dei social. Abbiamo cercato di fare dei testi leggeri ma che comprendano una morale.
D: Ormai la lingua del futuro sembra essere l’inglese. Come mai voi invece avete puntato ad esprimervi in italiano?
R: A parte il fatto che l’inglese lo sappiamo meno (ride nda) è stata una scelta abbastanza naturale. Una band italiana prima o poi deve sempre fare i conti con quello che è, con quello che sente e la lingua inglese non è adatta a ciò, l’italiano inoltre è anche più scherzoso e permette maggiormente il passaggio di battute, concetti e morali varie.
D: Come anche voi affermate in una vostra canzone il rock è morto, ormai la denuncia sociale sembra passare solo più per il rap. Come mai avete deciso di portare questi temi con questo genere?
R: Veniamo da un background rock quindi anche questa scelta ci è sembrata piuttosto naturale, volevamo fare ovviamente un genere in cui sappiamo esprimerci al meglio. Il rock, se usato bene, può veicolare diversi messaggi, si può fare rock in modo concreto e non solo teorico, può essere un importante strumento.
D: Se dovesse scegliere una vostra canzone da far sentire a qualcuno per far capire chi siete, quale scegliereste?
R: Dell’ultimo progetto sicuramente “Il grande zoo” perché è la più riuscita sia musicalmente sia concettualmente. Del disco precedente invece “Capobranco”. Entrambe riassumono un po’ i concepts principali dei dischi.
D: Cosa pensate dei talent show?
R: È abbastanza inutile fare critica spicciola, se esistono ci deve ovviamente essere un motivo. Il problema principale è che sono dei programmi molto usa e getta, son deperibili, ciò che creano è effimero e non è destinato a durare. La musica ormai viene data per scontata, non per forza dai musicisti ma soprattutto dai consumatori. Non viene più visto lo sforzo che c’è dietro la produzione e la creazione dei pezzi ed han fatto sparire importanti figure come i talent scout. Pensiamo che alla lunga di sicuro non paghi.
D: Se doveste scegliere una canzone della storia della musica italiana che avreste voluto scrivere voi quale scegliereste?
R: Oddio, ce ne son tante… direi una canzone qualsiasi di Lucio Dalla o Battiato. Va bene anche il rock anni ’80 e ’90 tipo Litfiba od i Negrita.
D: Infine chiudiamo con dei vostri consigli per qualcuno che segue questa strada.
R: Siamo i primi a volerli (ride nda)! Comunque il consiglio più grande è fare le cose con passione senza farsi ammaliare dalla notorietà e dalle luci della ribalta. I soldi devono essere l’ultimo pensiero, le cose prima o poi arrivano.
Il loro nuovo album “Il grande zoo” è ascoltabile in streaming qui: https://soundcloud.com/user-134644730/sets/il-grande-zoo
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