Un viaggio tra le canzoni che non hanno passato l’esame del tempo
Ci sono brani senza tempo capaci di unire culture e generazioni differenti, reinterpretati da artisti di ogni genere e giunti talvolta alla notorietà internazionale. Non è il caso della canzone di cui parleremo a breve. Per fortuna non è colpa sua e possiamo ancora rimediare.
Ora sono solo, solo con il mare
Nel 1965 Domenico Modugno ha già inciso Vecchio Frack, Nel blu dipinto nel blu, Piove e Tu si’ ‘na cosa grande, non ancora Dio, come ti amo (che presenterà pochi mesi dopo a Sanremo, vincendolo), Meraviglioso, Cosa sono le nuvole, Amara terra mia, La lontananza. È un periodo di rinnovamento per la musica italiana: pur senza subire tracolli la canzone melodica tradizionale non impera più ed è ormai solo una delle tante opzioni nei juke-boxe tra generi più adatti al ballo e brani d’importazione (qui per approfondire gli albori del beat in italia). È in questo contesto che Modugno, ancora giovane ma già padre nobile della canzone, lontano un lustro dall’ubriacatura mondiale di Nel blu dipinto di blu, dei Grammys e dell’Eurovision Song Contest, tira fuori un 45 giri che non s’impone nelle classifiche, non viene presentato in Rai e finisce per perdersi nel mare di pubblicazioni annuali dell’artista. A torto, perché Una tromba d’argento non ha niente da invidiare ai maggiori successi dell’artista pugliese, e anzi, il fascino del sommerso la adorna di un’ulteriore patina di fascino e mistero.
Tutto quello che verrà dopo, comprese le vette di Meraviglioso e Cosa sono le nuvole, sembra già concepito nel corpo di questa canzone, composta assieme al maestro Nello Ciangherotti. Lo spazio della narrazione è presentato immediatamente, grazie a pochi strumenti decisamente evocativi. Una schiera di trombe morriconiane suggerisce una piazza andalusa appena dopo (o appena prima) una rissa tra gitani, oltre a introdurre l’ingresso in scena di un’altra protagonista essenziale dell’accompagnamento, la chitarra. Dei cori a metà tra l’angelico e l’ancestrale innalzano la voce potente di Modugno a richiamo universale. Si canta di una fine d’estate drammatica perché segnata dalla solitudine, un sentimento che sembra giungere direttamente dalla natura, dal mare, dalla luna, figure ben note nell’universo testuale dell’artista pugliese. Una tromba d’argento è il canto di un sud collettivo, uno stato senza confini che sembra sorgere dalle spiagge di un meridione italiano pre-industrializzato fino a raggiungere le processioni della Semana Santa a Siviglia e un Sudamerica letterario, da realismo magico. Basta parole però, ecco l’Inno dell’oceano mediterraneo e dei suoi naviganti, sta a noi accettarlo come un messaggio in bottiglia, o lasciare che navighi ancora, o magari lasciarlo emergere appena dalla sabbia di un litorale abbandonato, come i doni di certe mareggiate lunari.
UNA TROMBA D’ARGENTO
(N.Ciangherotti, D.Modugno)
Nella notte
una tromba d’argento
va suonando
per le strade del sud.
In riva al mar
si fermerà
per piangere
così, come ogni notte.
Ti ricordi
quelli notti di luna
sulla sabbia,
abbracciata con me?
Ma poi settembre ritornò
e il nostro amor finì
nel vento dell’autunno.
Ora sono solo, solo con il mare
nelle notte
piange una tromba d’argento.
Ma poi settembre ritornò
e il nostro amor finì
nel vento dell’autunno.
Ora sono solo, solo con il mare
nella notte
piange una tromba d’argento.
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Giuseppe Currado
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