Debutto discografico per la giovane conduttrice e attrice romana, che ci racconta il suo desiderio nel riuscire ad esprimere il suo talento a 360 gradi.
Reduce dal successo televisivo de “La settima porta” e de “La vita in diretta Estate”, Carolina Rey torna al suo primo amore: la musica. La ventiseienne lancia il suo primo singolo “Il mondo dentro”, disponibile in tutti gli store digitali dal 12 ottobre, nato dall’esigenza di raccontarsi anche attraverso questa forma d’arte, a cui si sente profondamente da sempre legata.
Ciao Carolina, partiamo dal singolo che segna il tuo debutto discografico, quale tappa rappresenta per il tuo percorso artistico?
«E’ partito tutto per gioco, da un pomeriggio in compagnia di alcuni amici, bravissimi musicisti e professionisti, e dalla mia voglia di esprimermi. Non avevo mai preso in considerazione l’idea di debuttare nel mondo della musica, anche se provengo da una famiglia che mi ha educato all’ascolto, mia mamma è una cantante lirica. Insieme a Marco Canigiula e Francesco Sponta, dello studio ‘Cantieri sonori’, e all’arrangiatore Marco Di Martino, abbiamo deciso di realizzare questa canzone che esprime appieno quella che sono oggi».
Negli ultimi anni ti sei dedicata alla conduzione televisiva, recitando sia sul piccolo che sul grande schermo, anche se il tuo percorso artistico è iniziato proprio come cantante all’età di dodici anni. Possiamo parlare, dunque, di un ritorno alle origini?
«Si, dai primi spettacoli teatrali al mio debutto televisivo nel programma ‘Festa italiana’ di Caterina Balivo, ho mosso i miei primi passi nel mondo dello spettacolo cantando. Come ti dicevo, sono cresciuta in un ambiente musicale, ho studiato pianoforte dall’età di quattro anni e ricordo che avevo l’incubo del Beyer, un libro di solfeggio con esercizi abbastanza semplici, per una bambina puoi immaginare non fosse proprio divertentissimo ma adesso, col senno di poi, ringrazio mia mamma per avermi dato modo di sviluppare sin da piccola questa forma d’arte e far sì che la musica facesse parte di me».
In sintesi, cosa vuole fare Carolina da grande?
«Io sono una sostenitrice degli artisti completi e non mi sento una cantante solo perché ho fatto una canzone, mi definisco un’emergente che ha voglia di continuare a migliorare, a costruirsi e che ha tante e diverse frecce nel proprio arco. Cosa vorrei fare da grande? La conduttrice-attrice che strizza un occhio alla musica. Questo è quello che mi sento di dirti oggi».
In tutto questo hai trovato il tempo per continuare i tuoi studi e ti mancano pochi esami per conseguire la Laurea in Giurisprudenza, vuoi fare anche l’avvocato?
«In questo periodo sto studiando e mi sto preparando per gli ultimi esami, quindi mi hai preso proprio nel momento giusto. Nell’ultimo anno ho trascurato un po’ l’università perché ho lavorato fortunatamente tanto, la mia facoltà richiede grande impegno e grande concentrazione. Lo studio è un po’ come il mio hobby, non voglio fare l’avvocato e non ho scelto questo indirizzo per una vocazione nei confronti della legge, ma ho scelto questa strada perché mi ha sempre affascinato l’aspetto legato al diritto d’autore nella musica e nell’arte in generale. In molti mi chiedono, infatti, cosa c’entri Giurisprudenza con il canto, la recitazione e la conduzione, di solito si frequenta di più un corso come Scienze della Comunicazione, ma il mio desiderio è sempre stato quello di entrare nel mondo dello spettacolo, se non dalla porta principale anche da dietro le quinte, rappresentando legalmente gli artisti».
Facciamo un salto indietro nel tempo, quando e come è nata la tua passione per la musica?
«Sin da piccola ho sempre cantato, ricordo che mia mamma mi diceva che ero stonata, dato il suo mestiere e la sua professionalità è sempre stata esigente e molto fiscale. Comunque aveva ragione lei, con il tempo e le lezioni di canto sono cresciuta e migliorata, studiando il pianoforte ho sviluppato l’orecchio perché l’intonazione deriva più dall’ascolto che dall’emissione vocale. Poi ho proseguito le medie ad indirizzo musicale e ho debuttato in due cori, le Voci Bianche dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e quello Pop-Gospel dei SAT&B diretto da Maria Grazia Fontana. Ho sempre cantato, non ho mai smesso di cantare, la novità è che ho deciso di farlo anche per gli altri e non più solo per me stessa. Non ho deciso di fare le cantante, più semplicemente lo sono sempre stata perché la musica fa parte della mia vita».
E cosa dice mamma Flavia oggi?
«E’ felicissima di questa mia esperienza, all’inizio era un po’ scettica perché conosceva le difficoltà che gli artisti incontrano nel corso della propria carriera, quindi era preoccupata per me. Poi si è ricreduta nel tempo, dopo il mio esordio a Rai Gulp al ‘Tg dei Ragazzi’ si è resa conto della mia tenacia nel perseguire quello che da sempre è stato il mio sogno. Mio papà, meno razionale di mamma, mi ha sempre spronato e incoraggiato dicendomi di non mollare, anche nei momenti un po’ più critici. Entrambi sono stati tra i primi ad acquistare e scaricare il brano, condividendolo suo social, insieme abbiamo fatto una sorta di stalking di famiglia».
Quali artisti o generi musicali hanno ispirato e accompagnato la tua crescita?
«Amo la musica italiana, di ogni genere e di ogni epoca. Sono cresciuta con Patty Pravo, Pino Daniele, Renato Zero, Laura Pausini, Eros Ramazzotti e Alex Britti, ho sempre spaziato molto, la mia cultura musicale è a 360 gradi. Poi ci sono anche alcuni artisti internazionali che stimo, come John Leggend che mi fa impazzire».
Musica e televisione, sono tante le artiste che hanno espresso il proprio talento attraverso diverse forme d’arte. La parola showgirl ti spaventa?
«Non mi spaventerebbe se non fosse usata come un’accezione negativa negli ultimi anni. In passato abbiamo grandi esempi, come Raffaella Carrà e Lorella Cuccarini, ma recentemente è un termine che è stato accostato più a vallette e a ragazze che di artistico avevano poco. Questa parola di per sé non mi spaventa, trovo che sia stata un po’ snaturata e utilizzata in maniera diversa rispetto al significato originario. Poi, personalmente, io non mi sento una showgirl ma più una giovane artista lontana dai lustrini del mondo dello spettacolo di oggi e più vicina alla professionalità e alla dedizione al lavoro che c’era una volta. Questo lo dico con la massima umiltà, senza alcuna pretesa e con la voglia di continuare la mia gavetta in più settori artistici».
Esprimersi in più campi può essere visto oggi con pregiudizio e un po’ come un limite?
«Forse si, anche se negli ultimi anni abbiamo due grandi esempi come quelli di Serena Rossi e Lodovica Comello, due giovanissime che sanno esprimere il proprio talento in più vesti. Grazie a loro il trend si sta un po’ invertendo, dimostrando che si possono fare più cose se ci sono le basi e le capacità necessarie. Il pregiudizio in questo campo per il momento non l’ho ancora riscontrato, l’ho notato molto nel settore cinematografico quando ho deciso di recitare dopo aver fatto televisione. In campo discografico è da tempo ormai sdoganato, quante conduttrici cantano? Tutte, almeno quelle brave, da Paola Cortellesi a Vanessa Incontrada e tante altre ancora».
Che idea ti sei fatta del settore discografico di oggi?
«Lo trovo un po’ chiuso, per un’artista emergente non è facile entrare nelle radio se non appartieni ad una major o una grossa etichetta discografica. L’attenzione dei media è rivolta esclusivamente ai cantanti che prendono parte ad un talent show, che non ho mai preso in considerazione pur rispettando chi decide di prendervi parte. Il mio percorso mi ha portato ad altre scelte, non so quanto durerà questa mia parentesi nel mondo della musica, ma non ho il desiderio di fare la cantante a tutti i costi, vedremo cosa succede, credo che fare musica non sia esclusivamente legato alla professione, la vivo come la mia più grande passione».
Credi che ci sia spazio davvero per tutti o, paradossalmente, che con l’avvento di internet ci sia troppa sovraesposizione?
«I canali web e i social danno effettivamente lo spazio a tutti per dire qualcosa e far sentire la propria musica. C’è molta più proposta rispetto al passato ma, secondo me, è tutta una questione di idee, se hai un progetto originale e di valore riesci ad emergere, in questo credo che la rete sia meritocratica».
Tempo fa avevi dichiarato il tuo sogno di approdare al Festival di Sanremo come conduttrice, in seguito a questo battesimo discografico, ti piacerebbe accadesse come cantante?
«Mai dire mai, nella vita tutto può succedere. L’esempio più recente che ho è quello di Lodovica Comello, una bravissima conduttrice che ha gareggiato proprio lo scorso anno. Sicuramente, come detto prima, è un pregiudizio che è stato ormai sdoganato».
Alla luce di tutto quello che ci siamo detti, quale messaggio vorresti trasmettere al pubblico attraverso questa tua canzone o più in generale con la tua musica?
«Vorrei che ognuno si riconoscesse in questa canzone, rendendola propria. Attraverso la musica ho cercato di raccontare la mia storia, che può essere più o meno simile a quella di altri. Il vero significato di un pezzo è quello che ogni singolo ascoltatore gli attribuisce, il mio può essere diverso dal tuo ma non per questo più o meno importante. Ognuno di noi ha una vita diversa, sono le canzoni che si adattano alle storie di tutti».
Nico Donvito
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