Raccontiamo l’amore con una canzone
Ricordo benissimo il mio primo concerto. Era il 2009, avevo sedici anni e per me, cresciuta in un paesino di venti abitanti, è stato un evento magico. Quello fu il mio regalo di compleanno in ritardo, infatti dovetti aspettare da agosto ad ottobre per riscattarlo ma ho ancora adesso scolpito nella mente quel ricordo. C’ero io, c’era l’Arena di Verona, c’era l’orchestra, c’erano i miei zii e poi arrivò anche Ligabue. Sono passati undici anni e altrettanti concerti di Luciano, ma l’emozione che si prova la tua prima volta non si scorda mai. Anche se certe canzoni non le capivo e altre mi sembravano troppo “da grandi” per essere cantate da una ragazzina con la maglia dell’Hard Rock di Londra comprata qualche mese prima in vacanza studio, le ho cantate tutte.
Ma cosa c’entra l’amore in tutto ciò, vi starete domandando? Una di quelle canzoni, quella sera, si chiamava “Ho messo via” e all’epoca la urlavo al cielo quasi come se fosse un grido liberatorio. Non avevo una rubrica ma avevo solo un diario segreto e un astuccio dove scrivevo frasi con il pennarello indelebile. Ora però una rubrica che parla d’amore c’è e non posso più scrivere un diario perché mi farei sgamare subito, quindi perché non approfittarne?
Questa è per tutti i cuori spezzati, quelli che provano a chiudere i ricordi nell’armadio ma non si chiude, perché questi ricordi sono ancora vivi e come scheletri indemoniati escono e girano per la stanza.
Ho messo via un pò di rumore
Dicono così si fa
nel comodino c’è una mina
E tonsille da seimila watt
Ho messo via i rimpiattini
Dicono non ho l’età
Se si voltano un momento
Io ci rigioco perché a me, va.
La vita non è una passeggiata e non sempre tutto va come vogliamo, anzi, la maggior parte delle volte non capiamo perché camminiamo solo in salita. Ci ritroviamo, da un giorno all’altro, con una manciata di ricordi dal sapore agrodolce e con una voce nella testa che trasforma ogni nostro pensiero in un punto di domanda. Allora proviamo a rinchiudere il rumore nel comodino ma non ci fa dormire la notte, proviamo a mettere via i giochi perché siamo diventati grandi, ma li riprendiamo non appena li vediamo perché ogni tanto vogliamo tornare bambini. Promettiamo a noi stessi di mettere via tutte le illusioni perché ne abbiamo davvero abbastanza, le sistemiamo in cartoni con la scritta “Fragile” sul lato. Cartoni che pesano come il piombo e quando scendiamo in cantina li troviamo lì, schierati come un muro, ad aspettare che un giorno o l’altro qualcuno li porti via.
Ho messo via un pò di consigli
Dicono è più facile
Li ho messi via perché a sbagliare
Sono bravissimo da me
E poi ci sono i consigli, quelli che finiscono con un “te l’avevo detto”, quelli che abbiamo ignorato un po’ per testardaggine e un po’ perché quando siamo innamorati non capiamo più niente. Ma sbagliare fa parte del gioco, fa parte del rischio che ti prendi quando decidi di buttarti. Perché con gli occhi degli altri tutto sembra più facile, ma solo tu sai cosa ti succede dentro, sai quanto fanno a botte cuore e cervello e sai quanti bruchi nello stomaco si sono trasformati in farfalle. Quando poi finisce una storia, guardi dietro di te e passi in rassegna tutte le volte in cui hai sbagliato. Quel messaggio in più, quel regalo spedito a caso, quella volta in cui hai pensato che fosse per sempre, quel pranzo della domenica. Siamo davvero bravissimi a sbagliare.
Mi sto facendo un po’ di posto
E che mi aspetto chi lo sa
Che posto vuoto ce n’è stato ce n’è ce ne sarà
Tutto questo mettere via ha portato ordine, ma anche un gran vuoto. Lo dico io che con il disordine ci convivo e che del vuoto ho paura. Come quando torni a casa la sera e hai ogni cosa al suo posto: la coperta della nonna piegata sul divano e i cactus allineati sul davanzale. Ma non c’è più nessuno che ti aspetta e ti chiede di parlargli della tua giornata che, tendenzialmente, è andata di merda. Allora ci rifugiamo nelle canzoni per colmare il vuoto che sentiamo, ci rifugiamo nelle parole di qualche artista, compriamo peluche a forma di alpaca per riempire gli spazi bianchi e illuminiamo il letto con le luci di Natale anche se siamo a marzo.
Forse dovremmo seguire meglio i tutorial di Marie Kondo per fare ordine. Un cuore spezzato, le fotografie dei momenti felici, i ricordi che ti coprono le spalle, gli scontrini delle birre bevute insieme, i rimorsi e i rimpianti. Ci guardiamo allo specchio e vediamo i segni che le illusioni ci hanno lasciato, più dentro che fuori di noi, perché “non è il male né la botta ma purtroppo è il livido”. Il vuoto lo senti dopo, non lo senti quando l’incantesimo si spezza, lo senti quando cerchi una mano nel buio e non la trovi più.
Ho messo via un bel po’ di cose
Ma non mi spiego mai il perchè
Io non riesca a metter via te
Non c’è tutorial che tenga, non ci sono casseforti blindate, armadi corazzati, scatoloni avvolti da metri di scotch da pacchi, cassetti chiusi a chiave che riescano a contenere tutto l’amore che abbiamo dato e che non abbiamo ricevuto. Sì, è possibile che se occhio non vede cuore non duole, ma è anche vero che certi ricordi sono scolpiti dentro. Sono in un profumo e nel ritornello di una canzone. E non puoi ordinare su Amazon “Armadio per rinchiudere ricordi e persone” perché le persone che ti hanno fatto stare bene, quelle che hai amato, non le puoi mettere via. Metteresti via anche un pezzo di te.
C’è sempre una canzone (d’amore) | Playlist
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