Raccontiamo l’amore con una canzone
Se nella vita si potesse pianificare un calendario delle emozioni, sarebbe molto più facile. Ad esempio, la settimana della felicità, oppure il mese dell’amor perduto: sai che dopo quel mese arrivano i dieci giorni della rinascita. Invece no, le emozioni arrivano tutte insieme e tutte in confusione, come una grandinata che non ti aspetti in piena estate quando sei fuori senza ombrello e la macchina parcheggiata a un chilometro. La mia settimana è stata così, una tempesta arrivata un tranquillo lunedì pomeriggio e che ha scombussolato tutti gli altri giorni. Intanto, ormai, il vento ha messo tutto in disordine, ne vale la pena davvero provare a sistemare tutto?
In più la mia settimana è stata quella di un concerto che aspettavo da due anni e mezzo. Un concerto che, in mezzo alla tempesta, è stato il mio ombrello, il mio portichetto sicuro sotto il quale ripararmi. Non smetterò mai e poi mai di ringraziare i Pinguini Tattici Nucleari per riuscire, semplicemente, a impilare le parole giuste per esprimere ciò che si prova ad esprimere per una vita. Questa è la musica, ragazzi, questa è la magia.
Pensavo quindi a quale canzone potesse mai riassumere questo vortice della settimana e ha vinto a mani basse quella che più che un titolo è un perfetto avvertimento: No No No.
Ieri ho fatto un sogno (No, no, no)
E c’eri dentro anche te
Leggevi Piccoli Brividi (No, no, no)
E bevevi un caffè con me
Non riuscivamo a dormire
Ci siamo messi a ridere
Della paura di morire
Della voglia di partire
Della gioia di vivere
L’amore, in tutte le sue forme e nelle forme dell’amore ci sono anche l’amicizia e la libertà. Un occhio verso il passato verso due bambini chiusi in camera a leggere Piccoli Brividi, quando hai dieci anni e ti senti invincibile perché pronta a sconfiggere tutti i mostri e tutte le paure. Mettersi a ridere della vita, delle partenze e perché no, anche delle paure stesse, condividendo sogni che uniranno per sempre. E se anche questo fosse davvero amore?
Ti leggevo la mano (No, no, no)
E la imparavo a memoria
E se ho fortuna, ti giuro
Che un giorno ti porto nei libri di storia
E me l’ha detto il pakistano (No, no, no)
Da cui ho comprato le rose
“Capo ricordati che la felicità
Sta dentro alle piccole cose”
Più cresciamo e più Piccoli Brividi non ci basta più perché c’è una cosa che ci fa ben più paura ed è la vita vera. Cerchiamo la felicità nell’ombra, nelle auto di lusso e nei letti sbagliati per poi chiederci che cosa sia che conti davvero, che cosa sia quella cosa che ti si accende un bel giorno nello stomaco e che non va più via. Sono quei sogni che si fanno da bambino, i progetti che si disegnano nella cameretta e che rimarranno lì sulle pareti impressi con l’Uni Posca colorato.
Ieri mi sono svegliato (No, no, no)
Che erano circa le tre
Quando il telefono non ha squillato
Io l’ho capito che eri te
Hai detto: “Impara a vivere da solo” (No, no, no)
Ma solo ci sapevo stare
La mia solitudine era un mondo magico
Che io ti volevo mostrare
Crescere insieme, vivere insieme, sognare insieme. Un po’ come avere in mano una mappa che ci dovrebbe condurre al tesoro e leggerla al contrario, continuare a camminare e camminare per poi accorgersi che il tesoro era proprio sotto ai nostri piedi. Poi cresciamo e il tesoro si trasforma in una doppia spunta blu da fissare su uno schermo di un iPhone. Lui non c’è più, non è più accanto a me a leggere Piccoli Brividi in un pomeriggio d’estate in cui c’è un temporale ma è su un furgone a cercare la sua strada, a rincorrere i suoi sogni e noi, fermi, con una mappa sgualcita e un telefono che non squilla più.
Tu sei la sfida finale di Takeshi’s Castle (No, no, no)
Io ci provo a capirti e non capisco un cazzo (No, no, no)
Guarda che notte, c’è la luna piena
E dici: “Ti amo solo perché mi fai pena”
Si può davvero passare da essere inseparabili ad essere costantemente separati? Ma le persone inseparabili lo sono anche quando vengono separate? Io sono convinta che qualcosa rimanga sempre e comunque. Chiamiamola chimica, chiamiamola amore, chiamiamola alchimia, non lo so, ma qualcosa rimane. Impossibile capirlo, una sfida persa in partenza più difficile di Takeshi’s Castle. Cercare per anni di leggersi tra le righe, di decifrare i messaggi in codice, di ubriacarsi per finalmente dire quello che si prova, ma poi ne rimane solo una e quella che rimane di solito è sempre più bella, più intelligente, più intonata di te.
Perché le televendite
Di coltelli a notte fonda
Sui canali di provincia
Mi parlano di te
E dicono che dopo tutto
Sempre il giorno ricomincia, ma
Ti giuro, non lo so
Vi sfido a trovare una dichiarazione d’amore più forte di questa. Ammettetelo, quando siamo innamorati possiamo anche guardare le televendite di coltelli a notte fonda, che abbiamo sempre e comunque un pensiero in testa. Guarda che bel coltello, starebbe bene nella nostra casa. Guarda che bella pentola, la userei per cucinargli una bella cena. Ma in realtà un coltello è solo un coltello e una pentola è solo una pentola e magari ci serviranno anche ma non con le finalità sopra indicate. Così ci addormentiamo sul divano, ancora una volta, soli, con Piccoli Brividi sotto al cuscino.
Se ami qualcuno, lascialo libero. E’ vero, ma a volte che male che fa. Fa male tornare a guardare il passato e sposta tutte le pietre che ci avevamo messo sopra. Ma nell’anima conserviamo tutti i “ti voglio bene” come delle carezze, insieme ai pugni in faccia che la realtà ci ha lasciato. Possiamo solo guardare avanti con la speranza che anche l’altra persona si accorga che il Pakistano aveva ragione. La felicità sta nelle piccole cose e quelle piccole cose bisogna farle con chi amiamo.
C’è sempre una canzone (d’amore) | Playlist
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