giovedì 21 Novembre 2024

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C’è sempre una canzone (d’amore): Venerdì

Raccontiamo l’amore con una canzone

Oggi stavo sistemando la camera e ho trovato un calendario fermo a marzo. Non lo avevo più girato, un po’ come quando stai guardando un film e schiacci pausa per andare a farti la tisana, poi riprendi da dove lo avevi lasciato. Sarebbe bellissimo poter fare così anche nella vita reale, poter mettere in pausa le giornate più belle, per poi schiacciare rewind e per quelle più brutte saltare direttamente alla giornata successiva. Allora ho pensato che se potessi, salterei dal lunedì al venerdì e poi mi fermerei sul sabato, riavvolgendo il nastro mille volte per non arrivare mai alla domenica. Ma il telecomando della nostra vita non funziona così, quindi possiamo solo rassegnarci e far tesoro del nostro tempo, da condividere con noi stessi e con chi amiamo.

La canzone di oggi è di una giovane artista che si sta affermando nel panorama indie, ha solo “18 anni”, come il titolo del suo nuovo EP, e lei è Ariete. Ariete omaggia il giorno della settimana più sospirato e atteso, il Venerdì. Un pezzo struggente, delicato e molto personale, che lei stessa su Instagram chiede di dedicare a chi amiamo ma con prudenza perché è un pezzo del suo cuore.

Ho sentito una storia, che diceva che se pretendi troppo resti sola, io non voglio mai un cazzo, solo stare bene un’ora”. La giovane Arianna, come molti di noi, non ha grandi pretese. Perché quando stiamo bene con una persona, un’ora insieme può passare così velocemente da sembrare un minuto ma può avere una forza scatenante di un uragano e nel nostro personale contenitore del tempo può valere una vita intera. “Venerdì” ci colpisce dritto al cuore, senza giri di parole, ma riuscendo ad enfatizzare dettagli ed emozioni di un amore adolescenziale e totalizzante che ci riporta tra i banchi di scuola e che tutti, prima o poi, proviamo, anche se tra i banchi di scuola non ci siamo più da un pezzo.

“Questo è il bello di amarti, io mi sento importante”. L’amore non ha bisogno di tanti fronzoli, di castelli, di principi su un cavallo bianco e di gesta eroiche. Sentirsi importante per l’altra persona è lo stretto necessario. Come quando sei a cena e stai raccontando le tue ultime vicende abbastanza incasinate e goffe e poi vedi con la coda dell’occhio che lui ti sta osservando con un sorriso a trentadue denti che potrebbe essere lo spot di un dentifricio. Oppure quando ti arriva un messaggio con scritto “Sei arrivata a casa?”: lì spesso c’è più amore che in un negozio a San Valentino.

E non lo so quanto ci resta ma vorrei tenerti qui, scapperemo da una festa e da un noioso venerdì”. E anche il venerdì diventa noioso se tu non ci sei, e se non ci sei io non ho nemmeno una ragione che mi dia la spinta per finire la giornata, spegnere il pc e timbrare il cartellino in uscita. Un po’ come quando siamo ad una festa ma quella persona non c’è e allora ci annoiamo, ignoriamo tutto ciò che ci circonda, anche se ci fosse Brad Pitt non ci importerebbe (o quasi).  Iniziamo a guardarci intorno e in barba al torcicollo, lo cerchiamo tra la folla, fissiamo l’ingresso per tenere sotto controllo la porta che si apre e nella nostra testa ripetiamo “Fa che arrivi, ti prego, fa che arrivi”. Ecco, quella festa è un po’ come la nostra vita: aspettiamo per anni che quella persona entri a svoltarci la serata, anzi, la vita… e sapete quante notti insonni per il torcicollo che ho passato.

Ti direi altre mille cose, ma tanto tu già le sai”. Il nostro mondo che non si ferma solo al venerdì ma che vorremmo diventasse tutti i giorni della settimana. Anche un tristissimo lunedì sera di dicembre quando tutto fuori è congelato avrebbe un significato migliore se solo lui fosse qui. Ci rifugiamo nelle strofe delle canzoni e ci osserviamo timidamente per capire cosa ci frulla nella testa, ma a lui possiamo anche non dire niente perché sa leggerci dentro ed ogni parola, anche la più forte, sarebbe superflua.

“E ti cerco un po’ ovunque, quando giro di notte, stiro, dentro un bar qualunque, quando scrivo una strofa e non arrivo mai al dunque”. Ma non sempre si apre la porta della festa, la maggior parte delle volte possiamo anche uscire da soli e immergerci nelle strade di notte, possiamo sfogare i nostri pensieri su una tastiera o componendo melodie al pianoforte. Possiamo anche andare in capo al mondo, confondere il lunedì con il martedì e sbagliare ad impostare la sveglia per il giorno dopo: quella persona non se ne andrà mai dalla nostra testa e dal nostro cuore. Quando meno ce lo aspettiamo, quando siamo alla terza birra media nel bel mezzo di una festa dove non conosciamo nessuno e ci mescoliamo con la carta da parati, quando non ci ricordiamo neanche più dove sia la porta perché i nostri ricordi sono annebbiati, è proprio lì che dobbiamo lasciarci afferrare la mano. Ed ogni sera, quando torneremo a casa, apriremo la porta e lo troveremo lì davanti, ci sembrerà sempre venerdì.

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