A tu per tu con il gruppo musicale lucchese, in uscita con il loro EP d’esordio intitolato “La fine della festa“
Debutto discografico per i Cécile, al secolo Tommaso Mori e Stefano Sestani, rispettivamente classe ’97 e ’98. “La fine della festa“ è il titolo del loro primo EP, un lavoro composto da cinque canzoni che mettono in risalto la loro ispirazione e le loro influenze. Approfondiamone la conoscenza.
Ciao ragazzi, benvenuti. Partiamo dal vostro EP d’esordio “La fine della festa”, cosa rappresenta per voi questo biglietto da visita discografico?
«La “Fine della festa” è il frutto di un lavoro iniziato quasi quattro anni fa. Questi brani rappresentano per noi la nostra palestra compositiva, di ricerca sonora e musicale. La grande libertà è l’elemento che ha caratterizzato il nostro lavoro su questi brani. Sicuramente la libertà di attingere da tutti i nostri ascolti per mescolarli insieme, ma anche quella dovuta all’incoscienza di una minore maturità artistica e più strettamente musicale. Ma tutto questo ha prodotto un qualcosa che sentiamo, con tutti i suoi difetti, profondamente nostro. Questo EP è per noi un biglietto da visita tanto difficile quanto necessario per il background che sta dietro al progetto in sé».
Quali riflessioni e quali stati d’animo vi hanno accompagnato durante la fase di composizione delle tracce?
«Se parliamo della musica le riflessioni che hanno accompagnato la composizione sono state tante (a volte troppe). Al contrario, gli stati d’animo che hanno ispirato i testi sono stati molto più diretti: è stato un mettere per scritto le sensazioni o i ricordi di alcuni momenti in maniera autentica e spontanea. Vi è forse uno stato d’animo alla base del concepimento e dell’elaborazione di questo lavoro: quello della fine. La fine dell’adolescenza, la fine di alcune relazioni ma anche quella sensazione che si prova alla fine di una festa, quando le aspettative iniziali non importano più e le persone si fanno riflessive».
A livello musicale, che tipo di sonorità avete scelto di abbracciare?
«Le sonorità che usiamo sono il frutto dei nostri ascolti e cambiano con essi: abbiamo sempre cercato di mischiare in maniera originale generi anche molto diversi tra loro. La nostra formazione è l’alternative rock degli anni ’80 e ’90 in tutte le sue sfaccettature, ma nonostante questo l’EP suona molto Trip-Hop, complice la grande influenza che hanno avuto su di noi progetti come Massive Attack, Portishead e Gorillaz. Il jazz é stata un’influenza marginale ma abbastanza suggestiva da farci inserire un sax in ogni brano».
Facendo un breve salto indietro nel tempo, in che modo vi siete conosciuti e quando avete deciso di mettere in piedi questo vostro progetto musicale?
«Io e Stefano frequentavamo lo stesso liceo del centro, quindi ci conosciamo ormai da molto tempo. É lì che abbiamo iniziato a suonare insieme e scambiarci consigli sugli ascolti. A dispetto di come accade normalmente di cover ne abbiamo sempre fatte ben poche e ci siamo subito concentrati sullo scrivere musica nostra. Poco dopo anche Christian, nostro amico del liceo, si è unito a quelle claustrofobiche prove nella camera di Stefano mettendo testi decadenti e immagini surreali sulle strumentali elettroniche. Era la fine del 2017 ed è lì che il progetto ha iniziato a prendere forma».
Quali ascolti hanno accompagnato e influenzato i vostri rispettivi percorsi?
«La base comune di Cécile è l’alternative e il Trip-Hop anni ’80 ’90. A questa però siamo arrivati entrambi da diversi percorsi: io partendo dall’indie-rock anni 2000 di Strokes e Arctick Monkeys, Stefano dalla scena alternativa anni ’90 italiana e americana».
Come definireste il vostro genere musicale?
«É difficile incasellare questo EP, come del resto tutto il resto a cui stiamo lavorando, in un solo genere musicale. Ci piace spaziare tra diverse sonorità e stili musicali: tra alternative, synth pop, new wave, tri-hop ma anche qualche sfumatura nu jazz ogni tanto».
Per concludere, a chi si rivolge la vostra musica e a chi vi piacerebbe arrivare in futuro?
«Può sembrare strano, ma il nostro obiettivo è quello di arrivare ad un pubblico il più ampio possibile. Potremmo stare qua a parlare per ore di tutte le influenze nella nostra musica ma la verità è che facciamo pop, e che ci piace farlo. Con queste premesse perché non dovremmo puntare a scalare le classifiche? Dopotutto Battiato ce l’ha fatta».
© foto di Davide Battistoni
Nico Donvito
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