Century Radio, intervista a Betty Senatore

Century Radio

Un secolo di voci, musica e storie che hanno fatto grande la radio, tra passato e attualità, davanti e dietro il microfono. A cura di Pio Russo

Benvenuti a “Century Radio“, la rubrica dedicata ai cento anni della radio. In questo spazio esploreremo l’affascinante mondo della radiofonia, non solo attraverso ciò che ascoltiamo, ma anche svelando cosa accade quando i microfoni si spengono. Tema del giorno: l’intervista a Betty Senatore.

Pio Russo racconta l’evoluzione e l’involuzione di un mezzo che ha segnato intere generazioni, portando musica, voci e storie nelle case di tutto il mondo. Dal fascino delle prime trasmissioni fino all’era del digitale, in un viaggio tra passato, presente e futuro della radiofonia.

Betty Senatore, la radio è sincerità

Betty Senatore, ha raccontato della sua carriera radiofonica, iniziando dalle sue prime esperienze in stazioni locali come Radio Grifo e Lady Radio, fino ad arrivare a Radio Rai e Radio Capital. L’intervista copre anche i suoi pensieri sull’insegnamento dell’uso della voce, le sue interviste preferite e quelle che vorrebbe fare, e le canzoni che le stanno più a cuore. In chiusura, Betty Senatore definisce la radio con l’aggettivo “sincerità”.

Sulle frequenze di Century Radio, ospitiamo Betty Senatore. Benvenuta.

«Grazie a te, grazie a tutti».

Grazie a te per aver accettato il nostro invito. Domanda d’obbligo, come stai?

«Sto bene, anche se sono in mezzo a degli scatoloni perché sto facendo un trasloco e quindi ho la mente molto confusa, il corpo fermo. Cercherò poi piano piano di mettere insieme le due cose, corpo e mente. Ce la farò, ci vuole qualche settimana ancora».

Però noi siamo radiosi…

«Sì, certo. Quello sempre. Perché il mio carattere è così e un po’ perché la radio mi porta a esserlo,  per una forma di rispetto nei confronti di chi ascolta, avere sempre un sorriso».

Se ti dico Radio Grifo, tu che cosa mi rispondi?

«Ah, che tenerezza. Tenerezza tanta, perché è là che ho fatto i miei primi passi, ma più che passi proprio a dire le mie prime parole davanti a un microfono e ricordo che andavo là e seguivo i conduttori che erano lì da tanti anni, che avevano cominciato negli anni 80 e che erano delle vere star. Ricordo che per uno di loro, Graziano Caturelli, quando faceva dei programmi dal vivo in piazza a Grosseto, dovevano mettere la polizia dalla quantità di gente che andava e lui era diventato un mio collega. Ovviamente tutto questo è successo negli anni 90, la situazione era già un po’ cambiata, però ho avuto la fortuna comunque di ascoltare dei professionisti e delle persone che amavano questo lavoro, perché chi ha cominciato a farlo, a fare la radio all’inizio, la amava, ma la ama tutt’ora, anche se magari adesso forse ci sono quelli che la confondono un po’ con la televisione, ma non cambiamo argomento».

Ma tu, hai iniziato per caso oppure era un obiettivo preciso della tua vita?

«È un mix perché in realtà andavo male all’università, nel senso che mi ero accorta di non avere scelto la facoltà giusta. Avevo deciso di intraprendere il percorso per entrare al Centro Sperimentale di Cinematografia, ma stavo aspettando di essere chiamata e quindi nell’attesa fra un provino e l’altro, siccome ho sempre amato la radio e l’ho sempre ascoltata, non potendo stare senza fare niente mi ero messa d’impegno e andavo in radio tutti i giorni anche per passare un po’ il tempo. E poi un giorno si sentì male un mio collega e mi mandarono in onda ed era il giorno prima del provino al Centro Sperimentale di Cinematografia. Il giorno dopo andai e mi resi conto e mi che non ero molto motivata perché avevo scoperto un grande tesoro che era la radio e quindi non alla fine non mi sono stupita più di tanto. che quel provino sia andato male».

Facciamo un salto in avanti. A un certo punto ti trovi a Firenze.

«Sì, a Lady Radio che è una radio che esiste tutt’ora, mentre Radio Grifo purtroppo non c’è più, che è una radio molto importante per i fiorentini anche da un punto di vista calcistico. Quando sono arrivata io era veramente un piccolo network, aveva un’organizzazione perfetta, era fatta di tante personalità che avevano ognuna il suo ruolo, a cui io ovviamente non ero abituata perché nelle radio locali il conduttore fa anche il responsabile con le case discografiche e tante altre cose, insomma, risponde al telefono, fa il marketing, eccetera eccetera. E invece lì era proprio ben organizzata e infatti  mi sono formata molto per poi essere in grado di passare il provino a Radio 2, dove ho avuto a che fare anche proprio tecnicamente con delle figure tipo il tecnico che in altre radio locali non c’erano, il conduttore si faceva anche la regia da solo, la famosa autoregia».

Arrivare molto giovane a Radio Rai, quanto ti ha aiutato? 

«L’incoscienza mi ha aiutato tantissimo. Adesso non so se farei le stesse cose che ho accettato in quel momento, però l’incoscienza ti porta a ad avere poi un bagaglio e soprattutto, a non colpevolizzarti, perché sei giovane e puoi rimediare».

Poi c’è il nostro amore comune che ci ha fatto anche conoscere di persona, Radio Capital. Tu hai fatto un po’ di tutto, adesso sei nel nel weekend. Come ci sei arrivata e come si è evoluta poi la tua esperienza? 

«Sia chiaro una cosa, ci tengo sempre a sottolinearla. Io tutte le radio che ho fatto le ho fatte tramite provino, quindi non c’è mai stato un “vieni e fai il programma”. Io ho sempre fatto provini e quindi anche lì è andata così. Mi fecero fare questo provino. Ai tempi il direttore era Carlo Mancini e mi scelse. E poi da lì sono rimasta Io ho fatto effettivamente tanti programmi di quello di cui vado più orgogliosa è quello che andava in onda la mattina dalle 10 a mezzogiorno con Silvia Mobili perché è stato il primo in un orario così importante che era la mattina di solito appannaggio di figure maschili condotto da due donne ed è stato per certi aspetti rivoluzionario e infatti sono stati 8 anni meravigliosi che ogni tanto mi mancano ancora perché siamo state le prime. Adesso mi vengono in mente tante altre cose da poter fare, però insomma poi la storia è cambiata».

Parliamo di Ladies and Capital

«Esatto. Sì, era proprio perfetto per quello che volevamo fare io e Silvia».

Tu con la voce fai tantissime cose, non solo radio, insegni anche come usarla. Ti chiedo che esperienza è insegnare agli altri e che consiglio daresti ai ragazzi che si vogliono avvicinare a questo mondo?

«Sì, la la voce è fondamentale, ma io dico sempre che non è l’unico mezzo che noi abbiamo alla radio, ma bisogna curarlo non solo da un punto di vista proprio fisico, di esercizi vocali eccetera, no, proprio nel senso di rendere la nostra voce quanto più solare, colorata, passionale possibile, perché c’è lei e ci sono le parole e quindi se manca uno dei due, il contenuto che tu vai a dare non arriva a chi sta dall’altra parte. Nel momento in cui invece si comunica di fronte a delle persone, perché io faccio poi dei corsi di comunicazione in pubblico, la voce è una parte della nostra comunicazione al pari del linguaggio del corpo e ovviamente del contenuto. Ma mi viene da dire che negli ultimi anni, grazie o per colpa, dipende un po’ come la vogliamo leggere, del Covid, sono aumentate moltissimo anche le riunioni online e quindi in quel tipo di comunicazione la voce ha ripreso molto valore perché se tu fai un webinar o una riunione passando delle slide, la tua voce diventa protagonista, un po’ come se tu fossi alla radio, ci sono delle immagini, ma è la voce che le comanda e quindi in quel tipo di comunicazione deve essere molto curata».

La tua intervista preferita tra quelle che hai fatto e quella che vorresti fare?

Allora, assolutamente Elton John, ma perché ho avuto anche la fortuna di andare a casa sua, quindi vederlo un po’ nel suo habitat, vedere le cose meravigliose anche da un punto di vista proprio di design che lui aveva scelto per questo, chiamiamolo appartamento, era un villone e c’erano delle opere d’arte originali di Keith Haring. Tanto per farti capire una casa museo e poi perché è una persona che per un periodo della sua vita è stato molto inquieto, dipendenze da alcol, una forte insicurezza, grandi problemi e invece si è saputo proprio ricreare. Infatti lui continua sempre a ricordare la quantità di anni da cui ha smesso di bere, la sua sobrietà perché è stata all’inizio della seconda parte della sua vita che poi l’ha portato a sposarsi, a diventare padre dei suoi figli. e sicuramente a vivere un periodo della sua vita molto più equilibrato. Infatti mi ricordo che quando sono andata lui mi disse: “Io in questo momento sono felice e ho trovato il mio equilibrio grazie all’amore della mia famiglia”».

E quella che vorresti fare?

«Io ho una persona vivente che è Madonna e una persona non vivente che è la regina Elisabetta Prima, perché è quella che ha portato il teatro in Inghilterra. e quindi sarei curiosa di di chiederle tante cose – Madonna rimane una mia icona perché è stata veramente rivoluzionaria e molte delle artiste che vediamo adesso da Taylor Swift anche alla stessa Beyoncé, Rihanna, Lady Gaga, sono comunque tutte figlie sue che, ricordiamoci è stata la prima ad aprire anche al mondo omosessuale perché lei è stata la prima a non porre delle barriere fra la sua musica, il suo essere donna e l’omosessualità che insomma comunque negli anni 80 ancora, soprattutto quando si parlava tantissimo di AIDS, risultava come un qualcosa ancora da tenere lontano».

Tre canzoni che non devono mai mancare nella tua vita.

«Allora, Stevie Wonder “Overjoyed”, perché è una canzone piena di di luce, non a caso parla di qualsiasi cosa stia oltre la gioia. Poi c’è Michael Jackson, sul quale ti giuro ho difficoltà: “Don’t stop til you get enough”, “Rock with you”, poi “Man in the Mirror”, perché l’ho cantata recentemente col coro e quindi la amo anche da un altro punto di vista. E poi nella terza ci metto tutte le canzoni di Sam Cooke, perché ho visto recentemente un film che è “One Night in Miami” e lì c’era questo incontro immaginario bellissimo fra tutti questi personaggi della cultura afroamericana e che avrebbe effettivamente un po’ cambiato le loro vite».

Ultima domanda, uguale per tutti: 100 anni di radio, una frase o una parola con cui la definisci?

«Io uso un aggettivo, sincerità, perché la radio rimane ancora il mezzo più sincero e onesto che esista. Si sente subito proprio perché c’è solo la voce, se stai fingendo e se la ami, gli altri lo sentono».

Grazie a Betty Senatore per essere stata sulle frequenze di Century Radio.

«Grazie a voi».

Scritto da Pio Russo
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