Century Radio, intervista a Nicola Franceschini: “La radio è insostituibile”
Un secolo di voci, musica e storie che hanno fatto grande la radio, tra passato e attualità, davanti e dietro il microfono. A cura di Pio Russo
Benvenuti a “Century Radio“, la rubrica dedicata ai cento anni della radio. In questo spazio esploreremo l’affascinante mondo della radiofonia, non solo attraverso ciò che ascoltiamo, ma anche svelando cosa accade quando i microfoni si spengono. Tema del giorno: l’intervista a Nicola Franceschini.
Pio Russo racconta l’evoluzione e l’involuzione di un mezzo che ha segnato intere generazioni, portando musica, voci e storie nelle case di tutto il mondo. Dal fascino delle prime trasmissioni fino all’era del digitale, in un viaggio tra passato, presente e futuro della radiofonia.
Nicola Franceschini: “La radio è insostituibile”
Giornalista, conduttore radiofonico e televisivo, docente, massmediologo, direttore di FM-World, portale dedicato alle radio e tanto altro; sono tante le sfaccettature di Nicola Franceschini e chi meglio di lui può parlarci del nostro mezzo di comunicazione preferito? Ecco la sua intervista.
Ciao Nicola e benvenuto sulle nostre “frequenze”. La Radio ha appena compiuto centouno anni. Qual è lo stato di salute secondo te?
«Ciao Pio, io credo che la radio sia un medium in continua evoluzione. Un qualcosa che ha saputo adattarsi ai cambiamenti del mondo nel tempo e che è sempre riuscita a plasmarsi. La radio che stiamo vivendo oggi ha un taglio decisamente più professionale, rispetto a quella pioneristica degli anni ’70 e ’80. Una modalità meno ‘genuina’ che forse piace meno a chi ha vissuto una determinata epoca, ma che le garantisce una forte credibilità. La musica, la conduzione, l’informazione non hanno nulla di improvvisato. E ogni emittente – anche se spesso erroneamente si dice che si assomigliano tutte – ha una propria identità: nella conduzione, nella musica, nel formato. Nel complesso, dunque, mi sembra che goda di una salute di ferro, lo dimostrano anche i dati di ascolto. Poi si può affrontare il ‘problema’ dei giovani, che non credo non siano affascinati dalla radio. Semplicemente si trovano di fronte una marea di piattaforme e sono facilmente catturati da questa moltitudine di contenuti. La radio, tuttavia, torna a catturare pubblico non appena si sale in auto e si entra meglio in contatto con il medium. C’è chi dà la radio per morta da quando nacque la tv, ma è ancora viva e vegeta. Ed anzi, la tv l’ha pure conquistata. Per cui credo che anche le generazioni future, di fronte ad una intelligenza artificiale sempre più imperante, non potranno rinunciare alle emozioni che solo una voce – comprese le sue imperfezioni – può suscitare».
La realtà di FM World è consolidata per gli addetti ai lavori e non solo. Come e quando nacque l’idea?
«FM-world nasce da una mia idea nel 1998, in un’epoca in cui il web era paragonabile alle prima radio libere degli anni ’70. C’era voglia di sperimentare in tutto ed anche i siti che parlavano di radio nascevano ovunque, spesso contribuendo a fornire uno spaccato del proprio territorio. Anche FM-world ha preso il via così, dalle radio e dalle frequenze dell’Emilia-Romagna, dove ho sempre vissuto. Per cui, in origine, di “World” c’era ben poco. Poi, i primi contatti con addetti ai lavori che – con mio stesso stupore – iniziavano a seguirmi, mi hanno incentivato a crescere. Fino al 2010, FM-world è rimasto un sito indipendente da me gestito, pur con una fitta rete di collaboratori che mi segnalava notizie da ogni parte d’Italia. Poi dal 2011, grazie alla sinergia creatasi con la start up 22HBG, è nata l’app che – di fatto – è stato uno dei primi aggregatori di streaming radiofonici in Italia. Oltre a questo, anche i social ci hanno dato e ci danno tanto tuttora. Talkmedia, in particolare, è uno dei gruppi radiofonici più attivi nel nostro Paese. E questo ci consente, tra le altre cose, di avere sempre il polso – a volte anche con commenti molto forti – sul gradimento e sulla popolarità di programmi e iniziative radiofoniche».
Nicola invece quando si è appassionato alla radio?
«Che mi ricordi io, da sempre. Non andavo ancora alle elementari, ma ricordo che già avevo una radiosveglia in camera, dove ascoltavo le tante radio locali della mia zona. Sono nato nel ’74, per cui non ho ricordi dei primissimi anni delle radio ‘libere’, ma sicuramente ho vissuto intensamente gli anni ’80. E da lì è stato un continuo crescendo, anche conducendo programmi in radio locali della mia zona e collaborando con testate di settore, di cui la più celebre resta sicuramente Millecanali».
Giornalismo, radio, televisione occupano la tua sfera professionale. Quali sono i punti in comune?
«A me è sempre piaciuto raccontare, più che mettermi in primo piano. Tralasciando il mio essere ascoltatore di tutto (sono sempre stato incuriosito da qualsiasi contenuto esca dal ricevitore), il mio primo approccio è nato come giornalista, in primis ricordo grazie alla collaborazione con Radiomania, dove recensivo emittenti e programmi del mio territorio. La radio ‘fatta in prima persona’ è arrivata in un secondo momento. E la televisione è stata una conseguenza: lavoravo nello stesso gruppo editoriale della radio ed il passaggio è stato quasi inevitabile. Non ho chiesto io di passare al piccolo schermo, ma me l’ha proposto un collega che si divideva tra radio e tv e che collaborava con me in radio. E un po’ alla volta, anche la televisione mi è diventata ‘familiare’. Per cui le tre attività, nella mia vita, si sono sempre incrociate in maniera quasi naturale e spontanea. Anche se il cuore batte sempre in primis per la radio».
Se ti chiedessero di scegliere solo uno di questi magnifici lavori?
«Per quanto siano anni che lavori prevalentemente in tv, forse butterei giù dalla torre proprio il piccolo schermo. Credo che sceglierei la radio, anche se l’ambito giornalistico (non solo di settore) mi sta appassionando sempre più, con il crescere dell’età. Oggi comunque viviamo una dimensione dove i vari media si incrociano. Anche facendo solo radio, si finisce facilmente in tv e sui social. Per cui mi sembra che la comunicazione sia diventata un intreccio tra tanti mezzi di comunicazione che interagiscono tra di loro».
C’è stato un momento, legato naturalmente alla radio, che ha suscitato in te più emozione?
«Al di là della prima volta in cui ho parlato in radio, sicuramente un momento importante – nella sua drammaticità – è stato il 20 maggio 2012, quando ci fu il terremoto in Emilia che colpì molto forte nelle nostre zone. Alle prime ore del mattino (era peraltro una domenica), ero già in diretta con pochissimi mezzi, semplicemente collegandomi al telefono con chi mi raccontava quello che vedeva con i propri occhi. Oltre al contributo fondamentale delle Forze dell’Ordine e dei soccorsi, ho vissuto un forte legame con la gente che dalla radio otteneva ma anche forniva informazioni in tempo reale, costruendo – di fatto – le notizie in diretta».
C’è un personaggio radiofonico che vorresti intervistare e ancora non ci sei riuscito?
«Non rincorro mai i personaggi in quanto tali. Ho il piacere di conoscerli, se le circostanze mi portano a farlo, ma per me è più importante la notizia che la persona “celebre”. Quindi ben vengano tutti. Una chiacchierata con Linus sarebbe sicuramente molto piacevole, ma mi emoziona anche un piccolo editore locale che mi spiega come “tirare avanti” pur tra mille difficoltà».
Tre canzoni che non devono mancare nella tua giornata?
«Non sono per le playlist ripetitive. E amo il web (e pure il DAB) perchè hanno aumentato l’offerta radiofonica (e conseguentemente musicale). Per cui, viva la radio che fa sentire tanta musica. E mai sempre la stessa!».
Una frase o una parola per definire la radio?
«Insostituibile. Ci potranno essere migliaia di mezzi di comunicazione che si alterneranno nel nostro futuro. Tutto è un arricchimento, ma la radio resta la radio. E credo che non ci sarà mai qualcosa che prenderà il suo posto».