Century Radio, intervista a Stefano Pozzovivo: “La radio è sempre rimasta fedele a sé stessa”

Un secolo di voci, musica e storie che hanno fatto grande la radio, tra passato e attualità, davanti e dietro il microfono. A cura di Pio Russo
Benvenuti a “Century Radio“, la rubrica dedicata ai cento anni della radio. In questo spazio esploreremo l’affascinante mondo della radiofonia, non solo attraverso ciò che ascoltiamo, ma anche svelando cosa accade quando i microfoni si spengono. Tema del giorno: l’intervista a Stefano Pozzovivo.
Pio Russo racconta l’evoluzione e l’involuzione di un mezzo che ha segnato intere generazioni, portando musica, voci e storie nelle case di tutto il mondo. Dal fascino delle prime trasmissioni fino all’era del digitale, in un viaggio tra passato, presente e futuro della radiofonia.
Stefano Pozzovivo: “La radio è sempre rimasta fedele a sé stessa”
Voce storica di Radio Subasio, Stefano Pozzovivo inizia giovanissimo a lavorare nel mondo della comunicazione. La sua storia professionale è strettamente legata alla voce: ha cominciato con produzioni pubblicitarie e programmi radiofonici, per poi dedicarsi alla formazione vocale. Nel 2000 ha lanciato il primo corso di educazione vocale per neolaureati, con l’obiettivo di migliorare l’espressività e la capacità di comunicare in modo efficace.
Successivamente, ha collaborato con l’Università degli Studi di Perugia e con l’Università per Stranieri, dove dirige il Laboratorio radiofonico nel corso di laurea magistrale in Comunicazione Pubblicitaria. Si è anche distinto come curatore della mostra “Il secolo d’oro della radio” a Rieti, un evento che celebra i 100 anni della radio in Italia con un’esposizione immersiva che unisce tecnologia, design e storia. Con il suo mix di passione, esperienza e innovazione, Stefano Pozzovivo è una figura di riferimento nel panorama radiofonico e formativo italiano.
Ciao Stefano e benvenuto sulle “frequenze” di Century Radio
«Grazie Pio, felice di esserci».
Hai sempre voluto fare radio, oppure è una carriera nata per caso?
«La radio è una passione che mi accompagna da quando avevo sette anni, sono infatti cresciuto in un ambiente familiare in cui la radio era preponderante e in molti momenti della giornata. A 17 anni decisi di provare e fu subito passione. Poi l’incontro con il professionismo fu davvero casuale, un provino sostenuto insieme ad un amico mi portò ad essere selezionato nella struttura in cui ancora oggi dopo 37 anni presto servizio: Radio Subasio».
Sei uno dei pochi ad essere rimasto fedele per diversi anni alla stessa emittente. Come si “sopravvive” a un rapporto così lungo?
«È una questione di equilibri, devo dirti che io in Umbria ho trovato il mio punto di equilibrio; in realtà triangolo anche con Roma perché ci sono molte attività collaterali a quella della Radio, ma l’ambiente che ho trovato in quel di Assisi mi ha subito fatto sentire a casa. Lontano da alcuna dinamiche più proprie dei grandi centri urbani e con la possibilità di approfondire i temi della radio insieme a persone che nel tempo sono diventate amici carissimi».
In questi anni ci sono storie di ascoltatori con cui hai instaurato un rapporto più profondo?
«Quando entri tutti i giorni nelle case per 37 anni consecutivi, sei più di un amico: uno di famiglia. È evidente che è impossibile a volte approfondire, però si ce ne sono alcuni molto affezionati con cui nel tempo si è sviluppato un rapporto speciale».
Tra le tante attività, c’è anche quella di docente, come si riesce a trasmettere la passione per la radio?
«Faccio formazione per la Radio da più di 25 anni, sono entrato in contatto con almeno tre generazioni di aspiranti conduttori radiofonici. Non salgo mai in cattedra, mi piace trasferire esperienze e confrontarmi con le generazioni più giovani per trasferire, quando ci riesco, l’entusiasmo della radio. Un interscambio continuo dal quale imparo tantissimo».
E la differenza tra essere in onda e insegnare ad andare in onda, qual è?
«Sono due piani completamente diversi, essere in onda significa interloquire con chi ti conosce ogni giorno di più, l’insegnamento ti porta ad un confronto serrato con chi ha voglia, e spesso fretta, di comunicare e vuole imparare a farlo nel miglior modo possibile. Il mio mantra è “siamo quello che diciamo e come lo diciamo”. Quando mi chiedono di cosa si può parlare in radio rispondo secco: di tutto! A patto che lo si sappia fare nel rispetto di tutte le sensibilità».
Le tre canzoni che accompagnano la tua carriera da sempre, quali sono?
«”E penso a te” di Lucio Battisti, “Against all odds” di Phil Collins e “Cloudbusting” di Kate Bush».
Mi racconti lo Stefano a microfoni spenti?
«Non è molto diverso da quello che ascolti in radio. Mi piace trascorrere lunghi momenti da solo. L’auto in questo mi aiuta molto, è un ottimo pensatoio. La musica corrobora e ti sorprenderà forse sapere che sono onnivoro, le mie playlist in auto spaziano dalla musica classica film rock per tornare alla new age. Non faccio vita “mondana“. Frequento pochi vecchi amici».
Radio Subasio, cosa che apprezzo molto, è una delle poche emittenti a non avere un canale televisivo. Qual è il tuo pensiero sulla radiovisione?
«Che la radio è la radio, altrimenti sarebbe la televisione. Scherzo, ma non troppo. Steve Allen dice che la radio è il teatro della mente. Se davanti hai un’immagine perdi il fascino dell’immaginazione. Andare in onda tutti i giorni significa andare incontro tutti i giorni a tante persone diverse per le quali puoi essere biondo, moro, castano, alto, basso, grasso, magro: ognuno ha lo Stefano che vuole ascoltare. Basta questo per raccontare che cos’è la radio e che cosa probabilmente non deve essere».
Qual è il tuo rapporto con i social e le nuove tecnologie?
«La crossmedialità è un dato di fatto, anche se non sono tra i più praticanti. I social restano comunque un’interfaccia importante nel rapporto con chi ti ascolta tutti i giorni. Tecnologicamente mi ritengo abbastanza al passo con i tempi, sono molto curioso».
Cento anni di radio, quasi centouno, una parola o una frase per definirla
«La radio l’ho anche celebrata, ho infatti curato una mostra sui 100 anni della radio che si è aperta il 6 ottobre del 2024 fino al 26 gennaio 2025, un successo con più di 12.000 visitatori.Un’esposizione attraverso la quale ho provato a raccontare la storia di un mezzo dall’idea originaria di Marconi fino ai giorni nostri. Ne è stato fatto anche un libro al quale ho contribuito. Della radio direi che ancora oggi funziona perché è riuscita in più di 100 anni a rimanere fedele a sé stessa. Viva la Radio!».