Century Radio, intervista a Umberto Labozzetta

Century Radio

Un secolo di voci, musica e storie che hanno fatto grande la radio, tra passato e attualità, davanti e dietro il microfono. A cura di Pio Russo

Benvenuti a “Century Radio“, la rubrica dedicata ai cento anni della radio. In questo spazio esploreremo l’affascinante mondo della radiofonia, non solo attraverso ciò che ascoltiamo, ma anche svelando cosa accade quando i microfoni si spengono. Tema del giorno: l’intervista a Umberto Labozzetta.

Pio Russo racconta l’evoluzione e l’involuzione di un mezzo che ha segnato intere generazioni, portando musica, voci e storie nelle case di tutto il mondo. Dal fascino delle prime trasmissioni fino all’era del digitale, in un viaggio tra passato, presente e futuro della radiofonia.

Century Radio, intervista a Umberto Labozzetta

Umberto Labozzetta, docente dei Master in Comunicazione Musicale e Fareradio all’Università Cattolica di Milano.ha lavorato per molti anni a Radio Deejay, occupandosi di relazioni esterne, comunicazione e rapporti con la stampa. Consulente per radio, aziende e case discografiche, ricopre il ruolo di Direttore Marketing di Casa Sanremo, Direttore della Comunicazione di Airplay Control e del Future Vintage Festival.

Ciao Umberto e benvenuto sulle “frequenze” di Century Radio. Qual è il tuo pensiero sul momento che vive attualmente la radio?

«La radio è l’amica che non ti lascerà mai. Nel corso di questi 100 anni è il mezzo piu’ utilizzato e ascoltato, vivendo ormai da quasi 20 anni la concorrenza di altri media, mi pare ne esca, sempre indenne, dalla televisione a internet, dallo smartphone ai podcast, la radio ha mantenuto la sua caratteristica peculiare, quella osmosi tale da adeguarsi ai tempi, senza combatterli, ma affiancandoli. Tutto ciò permette alla radio di ricoprire un ruolo nevralgico e importante nelle nostre vite, tale da essere da sempre un mezzo di ascolto fondamentale e insostituibile. Forse avrebbe bisogno di un po’ di coraggio in piu’, (mi rivolgo soprattutto alle medie e piccole realtà) scimmiottare i Network serve a poco, identificarsi come realtà del territorio sarebbe più vincente, basta pensare al successo ottenuto da realtà che del proprio territorio hanno costruito il successore ma a prescindere dalle mode Lei è sempre lì, di sottofondo, a ricordarci la bellezza delle emozioni e il gusto di una semplice compagnia. La mia storia poi in fondo parla da sola, nasco artisticamente alla fine degli anni ’80, individuato da uno dei grandi guru della radio italiana. 40 anni dietro le quinte del mondo radiofonico, promoter discografico, Docente all’Università Cattolica di Milano nel Master in Comunicazione Musicale per la Discografia ed i Media e nel Master Fareradio. Qui provo a raccontarti com’era la radio nel suo periodo pionieristico, di com’è oggi e di come immagino sarà».

Si è appena concluso il Festival di Sanremo. A proposito delle polemiche riguardo Giorgia che ruolo ritieni abbia avuto la radio in questa vicenda?

«Fa discutere certo l’esclusione dalla top five di Giorgia ma anche di Achille Lauro. C’è chi parla di “horror” e “classifica surreale”, ma in realtà le radio e la stampa hanno sempre votato a favore di Giorgia cosi come dimostrano i risultati di questi giorni che vedono Giorgia al primo posto dei brani piu trasmessi – fonte radiomonitor, che dicono esattamente il contrario.
“Dopo tutti questi anni, Giorgia non ha bisogno di vincere Sanremo per dimostrare la sua classe. E le sue immense capacità, il pubblico continuerà a seguirla e le darà ancora per molto tempo tante soddisfazioni…».

Quali sono, secondo te, le canzoni più radiofoniche di questo Festival?

«Gusto personale intendi? Direi nell’ordine sparso i primi 10 più trasmessi: Coma_Cose, Achille Lauro, Giorgia, The Kolors, Olly, Elodie, Gaia, Lucio Corsi, Fedez e Brunori Sas».

Il tuo rapporto con la radio quando è iniziato e come si è evoluto negli anni?

«È una lunga storia, iniziata alla fine degli anni ’70 quando le radio le chiamavano libere, era affascinante allora, per me, lo è ancora adesso dopo tutti questi anni.. La mia storia con la radio non ha mai spesso di esistere da allora, oggi come ieri amo questo mezzo, lo studio lo analizzo, sia dentro che fuori, ho appena realizzato in occasione dei 100 anni un grosso evento a Praia a Mare in Calabria chiamato Radio100 dove in tre giorni tra dibattiti, incontri musica e racconti da parte di molti dei protagonisti abbiamo raccontato la radio di ieri e di oggi con delle immagini e filmati spettacolari, si è parlato soprattutto delle persone che hanno contribuito a fare grande la radio, della loro storia che si muove nel tempo, collettivamente o singolarmente, del movimento radiofonico pubblico e privato in Italia il racconto, il corso di questi primi 100 anni prendendo in esame le trasformazioni culturali che hanno segnato le ultime generazioni, la storia indelebile della radio e il suo potente impatto su notizie, teatro, musica, sport, certo tornando a me, l’esperienza piu’ importante l’ho vissuta a Radio Deejay vissuta per circa 10 anni, ma anche le esperienze successive con Radio Gemini e quella successiva con Radio BellaeMonella sono state utili a capire e apprezzare il mezzo da angolazioni differenti, sono stato fortunato a vivere quel periodo perchè c’era molto fermento, si respirava un’aria di grande creatività. Gli ascolti, i numeri, la targettizzazione, i format arrivarono solo qualche anno dopo qui in Italia e comunque, proprio grazie a Radio Deejay. Il target scelto con chiarezza era 18-25, e riuscivano a prenderlo molto bene, grazie a un direttore creativo, sperimentatore, folle nel senso buono che si chiama Claudio Cecchetto».

DAB e Web quanto stanno incidendo sul mezzo radiofonico?

«Molto, sono più libere dall’affanno dei dati di ascolto e quindi offrono un prodotto creativo decisamente più interessante delle emittenti in Fm, possono sperimentare e offrire delle valide alternative, le radio del Panel per esempio Radio Format offrono una serie di radio tematiche molto ben realizzate e con un attenzione quasi maniacale al format musicale, tra queste adoro e seguo assiduamente Funky.radio la mia preferita».

C’è qualcosa che non ti piace o che vorresti cambiare nella radio di oggi?

«I competitor della radio di oggi sono, la rete e le nuove tecnologie, ciò, permette una sempre più rapida connessione globale, ma vanno regolate le false informazioni che quotidianamente inondano la rete, le famose (fake news) una piaga questa che vale ancora di più sull’informazione che la radio affronta spesso, senza soluzioni. Streaming online, podcast e app mobile rappresentano già una realtà consolidata che consente agli ascoltatori di accedere ai contenuti radiofonici in qualsiasi momento e luogo, e poi i progressi nell’intelligenza artificiale e nell’analisi dei dati permetteranno alle stazioni radio di offrire contenuti sempre più personalizzati. Gli ascoltatori potranno ricevere programmi su misura per i loro gusti e interessi specifici. La radio potrebbe sfruttare tecnologie emergenti come la realtà aumentata e virtuale per arricchire l’esperienza di ascolto, creando ambienti immersivi che combinano audio e immagini. Le stazioni radio potrebbero concentrarsi di più su temi di sostenibilità e responsabilità sociale, utilizzando la loro piattaforma per sensibilizzare il pubblico su questioni ambientali e sociali e infine permettimelo, chiederei alle radio di oggi un pò più di coraggio nelle scelte musicali, non dico di abbandonare del tutto le classifiche dei 100 più suonati, ma una maggiore attenzione su i giovani artisti (molti sono veramente interessanti, ma che non godono delle attenzioni che meritano) Lucio Corsi è un esempio lampante, ma potrei fare 100 esempi come lui, tipo: Edoardo Michelozzi, Gustavo, Davide Rossi, Nevia, Corally (Camilla FAscina), Catone, Daisy, Walter Ricci e Gabriele Musa. Ecco cercateli su Spotify e provate ad ascoltarli…».

Le tre canzoni della tua vita?

«Oddio non è semplice. Direi: “Labyrinth” di Elisa (brano che diede inizio alla mia carriera di Promoter Discografico, ma non è l’unico della cantautrice friulana), “I Wanna be Yours” degli Arctic Monkeys (band che adoro) e “Home” di Jack Savoretti (uno dei brani che diede inizio alla collaborazione con il bravissimo artista italo-inglese. Ma potrei citarne moltissimi altri tra gli Italiani, soprattutto tra quelli lavorati, “Luce” di Elisa (la vittoria a Sanremo come promoter non si dimentica mai, ma anche “Veramente” di Mario Venuti, un brano che riposiziona il cantautore siciliano, “Sentimento” degli Avion Travel (secondo Sanremo vinto), “Che tesoro che sei” di Antonello Venditti, “Alberi” di Enzo Gragnaniello, “Sing Sing Sing” dei JAzzbit, “Semplice” di Violetta Zironi e Zibba, “Sotto le stelle del Jazz” di Paolo Conte, “Morte rituale” dei Post Nebbia e tanti altri…».

Un consiglio che vorresti dare a chi si approccia al mondo radiofonico?

«Difficile dare consigli, l’importante è crederci e avere personalità, sapendo che le difficoltà sono tante e non sempre risolvibili, la metodologia del consumo e l’utilizzo del mezzo radiofonico oggi è cambiato, l’età degli ascoltatori è sempre più alta mentre i giovani, che una volta era la base da cui partiva la fidelizzazione non ascoltano più la radio con costanza. Per fortuna, proprio recentemente pare esserci stata una timida inversione di tendenza, con un ritorno “all’antico” nei gusti dei più giovani e di conseguenza una riscoperta della radio. Trovo quindi fondamentale che chi si approccia alla radio capisca e sfrutti meglio le proprie capacità per avvicinare un pubblico sempre più distratto. I conduttori dovrebbero avere secondo me, sempre una grande preparazione musicale e se non l’hanno di partenza, le radio dovrebbero formarli in quell’ambito. Ho visto persone che lavorano in piccole realtà spendersi con enorme professionalità e viceversa. Ecco, se proprio devo consigliare qualcosa, non è importante dove fai radio, spesso le piccole radio offrano contenuti più interessanti delle grandi».

L’ultima domanda è uguale per tutti: con quale parola o frase descriveresti il tuo amore per il nostro mezzo preferito?

«Oggi, la radio continua a essere un mezzo importante, grazie anche alla sua capacità di reinventarsi attraverso podcast e streaming online. Guardando al futuro, la radio rimane un simbolo di connessione, capace di adattarsi alle nuove esigenze del pubblico. Spero la radio che ha influenzato la nostra società negli ultimi 100 anni, continui a essere una presenza costante, rinnovandosi e mantenendo vivo il legame tra passato e futuro. W la radio..sempre».

Scritto da Pio Russo
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