Century Radio: la radio nel ventennio e nelle dittature

Century Radio

Un secolo di voci, musica e storie che hanno fatto grande la radio, tra passato e attualità, davanti e dietro il microfono. A cura di Pio Russo

Benvenuti a Century Radio, la rubrica dedicata ai cento anni della radio. In questo spazio esploreremo l’affascinante mondo della radiofonia, non solo attraverso ciò che ascoltiamo, ma anche svelando cosa accade quando i microfoni si spengono. Oggi parliamo della radio nel ventennio fascista e nelle dittature del mondo.

Pio Russo racconta l’evoluzione e l’involuzione di un mezzo che ha segnato intere generazioni, portando musica, voci e storie nelle case di tutto il mondo. Dal fascino delle prime trasmissioni fino all’era del digitale, in un viaggio tra passato, presente e futuro della radiofonia.

Century Radio: la radio nel ventennio e nelle dittature

Abbiamo parlato ampiamente della nascita della radio in Italia. Il 1924 e gli anni successivi però rappresentano, almeno per il nostro paese e la Germania, uno dei periodi più bui.

Se il 6 ottobre iniziarono le trasmissioni, il giorno precedente, Benito Mussolini tenne il primo discorso radiofonico della storia del nostro Paese da un trasmettitore in prova fornito dalla Marconi Italia.

Sempre tramite il mezzo radiofonico, domenica 25 luglio 1943, alle ore 22.45, gli italiani sentiranno l’annuncio della fine del regime fascista e della caduta di Benito Mussolini con queste parole: “Sua maestà il re e imperatore ha accettato le dimissioni dalla carica di capo del governo, primo ministro, segretario di Stato di sua eccellenza il cavaliere Benito Mussolini, ed ha nominato capo del governo, primo ministro, segretario di Stato, il cavaliere, maresciallo d’Italia, Pietro Badoglio”.

Ma facciamo un passo indietro: inizialmente la radio non prese piede, in quanto Mussolini amava più il contatto diretto con le folle e molti artisti e intellettuali non si avvicinarono al mezzo. Invece, nel resto del mondo la radio diventava il principale mezzo di comunicazione, in particolare, come vedremo tra poco, furono i nazisti  a intuirne subito le potenzialità. Solo negli anni Trenta – con l’interesse dell’industria e lo spostamento a Torino del centro amministrativo- la radio italiana (Eiar) decolla e si trasforma in uno strumento di propaganda del regime fascista.

C’erano però ulteriori problemi: un gran numero di analfabeti non in grado di capire la lingua italiana perché in molte zone si parlava solo in dialetto e i costi elevati degli apparecchi. In più, nelle zone agricole della Sicilia, Sardegna, Basilicata e Italia centrale la radio non aveva ricezione e non arrivavano neanche i giornali. Se fino a quel momento, l’altra preferenza del Duce era per i giornali, negli anni 1933 e 1934, con l’avvento di Radio Scuola e di Radio Rurale il fascismo dimostra l’intenzione di fare della radio il mezzo di propaganda e di produzione del consenso per accelerare il progetto di “fascistizzazione della società italiana”.

In Germania, invece, il regime nazista si era posto l’ambizioso proposito di portare ricevitore in ogni casa, per fare in modo che i discorsi e le notizie arrivassero a tutti. Un’apposita commissione, fissò il prezzo di ogni apparecchio in 75 marchi per fare in modo che tutti potessero acquistare e, grazie ad un consorzio di aziende, il prodotto ebbe un’ottima riuscita.

Il modello della radio fu la VE301 (Volks Empfaenger: Volks=del popolo, Empfaenger=ricevitor, 301 rappresenta la data di insediamento della dittatura nazista 30 gennaio 1933). Per ridurre ulteriormente il costo, non venne installato il trasformatore di alimentazione. A fronte di una grande successo la produzione durò per diversi anni.

Un nuovo ricevitore, venne distribuito all’inizio della seconda guerra mondiale, a favore della dottrina di regime e per motivare i tedeschi a fare nuovi e più imponenti. Si trattava della DKE38 (Deutscher Klein Empfaenger=piccolo ricevitore tedesco e il 38 rappresenta l’anno di produzione). In questo ricevitore, scomparivano volutamente tutte le parti metalliche, sostituite da cartone pressato, poiché il prezioso metallo doveva servire all’industria degli armamenti. Per realizzare uno dei progetti nazisti, una radio in ogni casa, il prezzo venne ribassato a 45 marchi e c’era la possibilità di pagare a rate. 

Per fortuna i regimi furono sconfitti e la radio diventò annunciatrice e portatrice di libertà, ma in quegli anni divenne obbligatorio ascoltarla e non per i motivi giusti.

Scritto da Pio Russo
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