“China Town” di Caparezza: te la ricordi questa?

Viaggio quotidiano nella colonna sonora della nostra memoria, tra melodie sospese nel tempo pronte a farci emozionare ancora. Oggi parliamo di “China Town” di Caparezza
La musica è la nostra macchina del tempo: basta una nota, un ritornello, ed eccoci di nuovo lì, in una stagione vicina o lontana, in un’auto con i finestrini abbassati o nella cameretta della nostra infanzia. “Te la ricordi questa?” è il nostro appuntamento quotidiano per riavvolgere il nastro delle emozioni, proprio come si faceva una volta con una semplice penna e una musicassetta. Oggi l’orologio del tempo ci riporta al 2014 con “China Town” di Caparezza.
Ogni giorno, alle 13:00, vi accompagneremo in un viaggio musicale alla riscoperta di queste gemme nascoste: canzoni che hanno detto tanto e che hanno ancora tanto da dire, pronte a sbloccare ricordi, evocare immagini, restituirci pezzi di passato con la potenza che solo la musica sa avere. Brani che forse oggi non passano più in radio, pezzi di artisti affermati lasciati in un angolo, o successi di nomi che il tempo ha sbiadito ma che, appena tornano nelle nostre orecchie, sanno ancora farci vibrare. Perché la musica non invecchia, si nasconde soltanto tra le pieghe del tempo, aspettando il momento giusto per colpire nel segno e farci esclamare sorpresi un: “Te la ricordi questa?”.
Ti sblocco un ricordo: “China Town” di Caparezza
Con “China Town”, terzo estratto dall’album “Museica” del 2014, Caparezza firma una delle sue canzoni più intime e affascinanti, in netto contrasto con il tono satirico e incendiario che spesso caratterizza il suo repertorio. Definita dallo stesso artista come la sua prima ballad, la traccia è, in realtà, una dichiarazione d’amore profonda e devota all’inchiostro, alla scrittura e all’arte di raccontare.
Il titolo gioca ironicamente con l’idea di Chinatown, ma qui non ci sono lanterne rosse o odore di soia: “China Town” è la città della scrittura, del calamaio, del foglio bianco che diventa rifugio e salvezza. È il luogo interiore dove Caparezza si rifugia per dare forma al suo mondo, con le parole al posto delle armi e l’inchiostro al posto del sangue.
L’artista descrive il processo creativo come un viaggio, un pellegrinaggio che non porta a Santiago, ma a una “terra santa” dove si coltiva la pazienza degli amanuensi. Ogni verso è carico di riferimenti colti, da Mozart a Pennac, da Freud a Montanelli, e trasuda ammirazione per chi sa piegare la parola al servizio dell’arte. La scrittura diventa medicina, catarsi, identità. È un gesto che trasforma il dolore, che fa ridere come un clown, che consola più di un farmaco.
“China Town” è una delle prove più mature e toccanti di Caparezza. Una lettera d’amore all’arte della scrittura, all’inchiostro come atto creativo e spirituale. È un brano che non ha bisogno di effetti speciali per lasciare il segno: basta una penna, un’idea, e la voce di chi non smette mai di cercare un senso tra le righe.
Il testo di “China Town” di Caparezza
Non è la fede che ha cambiato la mia vita, ma l’inchiostro
Che guida le mie dita, la mia mano, il polso
Ancora mi scrivo addosso “Amore corrisposto”
Scoppiato di colpo come quando corri Boston
Non è la droga a darmi la pelle d’oca ma
Pensare a Mozart in mano la penna d’oca, là
Sullo scrittoio a disegnare quella nota fa la storia
Senza disco, né video, né social
Valium e Prozac non mi calmano
Datemi un calamo
O qualche penna su cui stampano il nome di un farmaco
Solo l’inchiostro cavalca il mio stato d’animo
Chiamalo ipotalamo
Lo immagino magico, tipo Dynamo
Altro che Freud
Ho un foglio bianco
Per volare alto lo macchio
Come l’ala di un Albatro
Per la città della China
Mi metto in viaggio (da bravo)
Pellegrinaggio
Ma non a Santiago
Vado a China Town
Vago dagli Appennini alle Ande
Nello zaino i miei pennini e le carte
Dormo nella tenda come uno scout
Scrivo appunti in un diario senza web layout
(China Town)
Il luogo non è molto distante
L’inchiostro scorre al posto del sangue
Basta una penna e rido come fa un clown
A volte la felicità costa meno di un pound
È China Town
Il mio Gange, la mia terra santa, la mia Mecca
Il prodigio che da voce a chi non parla
A chi balbetta
Una landa lontana
Come un’amico di penna
Dove torniamo bambini
Come in un libro di Pennac
Lì si coltiva la pazienza degli amanuensi
L’inchiostro sa quante frasi nascondono i silenzi
D’un tratto esplode come un crepitio di mortaretti
Come i martelletti
Dell’Olivetti
Di Montanelli
Le canne a punta cariche di nero fumo
Il vizio
Di chi stende il papiro
Come uno scriba egizio
Questo pezzo lo scrivo ma parla chiaro
Nell’inchiostro mi confondo
Tipo caccia al calamaro
Sono Colombo in pena
Che se la rema nell’attesa
Di un attracco nell’arena
Salto la cena
Scende la sera
Penna a sfera
Sulla pergamena
Ma non vado per l’America
Sono diretto a China Town
Vago dagli Appennini alle Ande
Nello zaino i miei pennini e le carte
Dormo nella tenda come uno scout
Scrivo appunti in un diario senza web layout
(China Town)
Il luogo non è molto distante
L’inchiostro scorre al posto del sangue
Basta una penna e rido come fa un clown
A volte la felicità costa meno di un pound
È con l’inchiostro che ho composto ogni mio testo
Ho dato un nuovo volto a questi capelli da Billy Preston
Il prossimo concerto spero che arrivi presto
Entro sudato nel furgone
Osservo il palco spento
Lo lascio lì dov’è
Dal finestrino il film è surreale
Da Luis Buñuel
Arrivi in hotel, eh
La stanza si accende
È quasi mattino
C’è sempre una penna sul comodino
China Town
Il luogo non è molto distante
L’inchiostro scorre al posto del sangue
Basta una penna e rido come fa un clown
A volte la felicità costa meno di un pound