Clementino: “Grande anima? Il mio disco più cantautorale” – INTERVISTA

Clementino

A tu per tu con Clementino che si racconta in occasione dell’uscita del nuovo album “Grande anima”, disponibile a partire da venerdì 25 luglio. La nostra intervista all’artista campano

Dopo oltre vent’anni di carriera, Clementino torna con il disco più intimo e coraggioso della sua storia artistica. Si intitola “Grande anima” ed esce il 25 luglio per Epic Records / Sony Music. Un album di 15 tracce che racconta la rinascita personale e spirituale del rapper campano, attraversando viaggi, letture, esperienze mistiche e una nuova consapevolezza di sé.

Tra India, Costa Rica, Giappone e ritorno a Napoli, Clementino si mette a nudo: abbandona le maschere, affronta le proprie fragilità e firma un disco cantautorale, poetico e cosmopolita. Un progetto in cui le rime incontrano la meditazione, il teatro e la canzone d’autore.

In questa intervista, ci racconta com’è nato “Grande anima” e il suo significato profondo, l’evoluzione del suo suono, il legame con Sanremo e il desiderio di parlare, oggi più che mai, con verità.

Clementino presenta il disco “Grande anima”, l’intervista

Il tuo nuovo disco si intitola “Grande anima”, come si è svolto il processo creativo di questo progetto?

«Bella domanda, perché è la mia parte preferita: il fuoco del processo creativo è sacro. È nato durante i tanti viaggi che ho fatto, dalla Costa Rica all’India, passando per il Giappone fino ad Amsterdam. Ho scritto rime ovunque, fino a quando non ho completato i pezzi. Mi hanno aiutato tantissimo la meditazione, la lettura e i miei spostamenti».

Secondo il vocabolario Treccani, l’anima è il principio vitale dell’uomo. Ma nel dizionario di Clementino personale, che significato assume questa parola?

«Mi ispiro a James Hillman e al suo “Il codice dell’anima”. L’anima è quella parte che ti suggerisce le cose giuste da fare, che entra spesso in conflitto con i pensieri negativi della mente. È il daimon, la guida spirituale che ci tiene sulla retta via. Per me l’anima è anche il respiro, attraverso il quale torno nel presente, al “qui e ora”. Dopo dieci anni turbolenti, grazie anche alla meditazione, sono finalmente tornato a essere quello che sognavo da ragazzino».

“Grande anima” arriva nel momento giusto, anche anagraficamente. Sei d’accordo?

«Assolutamente. A 43 anni non posso più dire le cose che dicevo a 20. Ho sempre anticipato i tempi: facevo boom bap quando si portava la trap, ora che il boom bap è tornato, io sto facendo cantautorato. Questo disco è venuto fuori naturalmente: nelle mie playlist ci sono Pino Daniele, Lucio Dalla, Franco Battiato, Angelo Branduardi. L’anima me lo ha suggerito.»

È anche un album cosmopolita: tra viaggi, ritorni interiori ed esteriori. Da quali stati d’animo sei partito?

«Dalle sfumature dell’anima. Il risveglio è avvenuto in Costa Rica grazie all’ayahuasca e agli sciamani. Lì ho cominciato a raccontare i miei problemi, poi l’amore – per la città, per una donna, per la famiglia – e infine il ritorno a casa. Come la mia vita: ho vissuto a Roma, a Milano, ma torno sempre giù. L’anima è grande perché contiene tutto questo: spiritualità, coscienza, amore, speranza.»

“Risveglio” è l’intro del disco: diretto, schietto. Ammettere le proprie fragilità non è facile, vero?

«Dopo 13 album mi è sembrato giusto raccontare la verità. A 43 anni è quello che deve fare un vero cantautore. Il rap per me è verità. Ho sempre confessato i miei errori, le dipendenze, le mie fragilità. Provocare una lacrima è facile, ripararla è complicato. Per sistemare quello che ho rotto ho impiegato dieci anni. Come diceva Marco Aurelio: non forzare nulla, lascia che la natura faccia il suo corso».

Il brano “Il codice dell’anima” incarna perfettamente questo messaggio. Come è nato?

«Dopo aver letto il libro di Hillman ho scritto il pezzo. Ho coinvolto Gigi D’Alessio in una versione teatrale, diversa dal solito. Il brano si apre con un monologo di Totò: la famiglia De Curtis ci ha ringraziati. È stato un omaggio ai maestri napoletani».

Parlando di “Batte il cuore”, emerge un nuovo modo di cantare. Hai lavorato anche sulla voce?

«Sì, tanto. Vengo dal rap, non ero abituato alle melodie. Con i miei produttori abbiamo trovato le parole e i suoni giusti. “Batte il cuore” l’ho scritta fischiando il ritornello nel sonno! Poi abbiamo costruito il resto. Ho giocato molto con l’interpretazione, con la voce. È stata una bella sfida».

Tra i tuoi viaggi, c’è un souvenir spirituale che ti porti dentro più di tutti?

«La meditazione. È il filo conduttore. Quando ascolto una canzone del disco, mi riporta a un luogo preciso in cui l’ho scritta. Le parole mi riportano là, in quell’energia».

Un salto indietro: com’è cambiato Sanremo negli anni secondo te, e qual è oggi il ruolo del rap nel Festival?

«Io ho vissuto tutte le ere del rap: boom bap, trap, reggaeton, drill… All’inizio a Sanremo eravamo pesci fuor d’acqua. Oggi un terzo dei partecipanti arriva da quella scena. Sanremo non è più visto come qualcosa di negativo. È una festa popolare, una vetrina enorme. Non importa il palco: se una canzone è bella, funziona ovunque».

A proposito: nella serata cover con Rocco Hunt hai avuto una standing ovation. Hai voglia di tornare a Sanremo?

«Tantissimo. È uno dei miei sogni per l’anno prossimo. Mi piacerebbe proporre qualcosa di nuovo, di diverso da ciò che faccio di solito. Penso di avere la canzone giusta. Non dipende solo da me, ma ci spero».

Negli ultimi anni sei diventato un volto molto amato del piccolo schermo, che esperienza è per te la televisione?

«Importantissima. Venendo dal teatro e dall’animazione, ho capito che quelle esperienze mi hanno aiutato tanto. The Voice è un biglietto da visita nel mondo. Quando dico all’estero che sono coach di The Voice Italy, tutti capiscono chi sono. E poi la tv mi ha fatto conoscere anche dai genitori dei ragazzi che già mi conoscevano»

Per concludere, se avessi la possibilità di tornare indietro nel tempo e incontrare il giovane Clementino che muoveva i primi passi nella musica, che cosa gli diresti e che canzone di “Grande anima” gli faresti sentire per prima?

«Gli farei ascoltare “Aspettando questa notte” e “Il codice dell’anima”. E poi gli direi: “Butta via la cocaina, ti rovinerà per tanti anni”. Ma forse, senza quell’esperienza, non sarei arrivato fin qui. Fa tutto parte del grande gioco che è la vita».

Scritto da Nico Donvito
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