Colombre e Maria Antonietta: “La nostra luna di miele in musica” – INTERVISTA

A tu per tu con Colombre e Maria Antonietta che si raccontano in occasione dell’uscita dell’album “Luna di miele”, disponibile a partire da venerdì 19 settembre. La nostra intervista
Dopo quindici anni di condivisione di vita e musica, Colombre e Maria Antonietta decidono di fermarsi e guardarsi indietro, ma solo per fare un salto in avanti. Il risultato è “Luna di miele” (Bomba Dischi / Numero Uno), il loro primo disco insieme, disponibile dal 19 settembre. Un album nato per caso, o per destino, quando, riordinando una cassettiera, hanno ritrovato un vecchio hard disk contenente alcune canzoni scritte nella primissima settimana in cui si erano conosciuti.
Quelle bozze, rimaste in silenzio per anni, sono diventate il cuore di un progetto che oggi racconta con lucidità, ironia e tenerezza un amore vero: fatto di luce e ombre, di giorni perfetti e falafel mangiati a notte fonda, di reggae ascoltato a ripetizione e lunghi viaggi condivisi. “Luna di miele” è una mappa sentimentale in dieci tracce, attraversata da un sound variegato tra pop, rock, soul e cantautorato, oltre che da una complicità rara, viva in ogni armonia e parola.
Un album libero, colorato, fuori dal tempo, che abbandona le formule individuali per riscoprire la forza della scrittura a quattro mani e delle voci che si cercano e si trovano. Abbiamo incontrato per questa intervista Colombre e Maria Antonietta, per farci raccontare la genesi di questo viaggio e le sue prossime tappe.
Colombre e Maria Antonietta raccontano “Luna di miele”, l’intervista
“Luna di miele” è il vostro primo disco insieme. Dopo quindici anni di vita condivisa, vi siete concessi questo viaggio di nozze musicale. Come si è svolto il processo creativo di questo lavoro?
«Il punto di partenza è stato un gruppo di canzoni scritte proprio nelle primissime settimane in cui ci siamo conosciuti, quindici anni fa. Le avevamo totalmente dimenticate, perché ognuno ha poi seguito il proprio percorso, pubblicando dischi, facendo concerti, sviluppando una propria ricerca artistica. Un giorno ci siamo imbattuti in questo preistorico hard disk con dentro le bozze di quelle canzoni. La maggior parte di esse è finita poi dentro “Luna di miele”, ma ovviamente sono state lavorate e completate oggi, con un’altra consapevolezza. È stato un vero esercizio di archeologia sentimentale».
Qual è stata la scintilla che vi ha fatto capire che era il momento giusto per un progetto congiunto?
«In realtà tutto è nato un po’ per caso, mentre cercavamo altro. Quelle bozze erano davvero grezze, quasi inascoltabili. Ma ci abbiamo visto qualcosa di prezioso. Le abbiamo sviluppate con calma e, aggiungendone di nuove, abbiamo sentito che stavamo costruendo un racconto che rappresentava la nostra storia, umana e musicale».
Il disco è ricco di influenze diverse: pop, rock, soul, reggae. Come avete costruito il sound, mantenendo il cantautorato come filo conduttore?
«È stato un lavoro molto libero. Abbiamo messo dentro la musica che ci ha accompagnati negli anni. Il reggae, ad esempio, era una delle cose che ascoltavamo tantissimo all’inizio della nostra relazione. Poi c’è il punk e ovviamente il cantautorato, che è la nostra base comune. Non volevamo un disco omogeneo o monotono. Le nostre vite e i nostri ascolti sono sempre stati variegati. Quindi anche in modo un po’ spavaldo, abbiamo deciso di non porci limiti. È un album che riflette anche questa libertà».
Rispetto ai vostri progetti solisti, che tipo di lavoro c’è stato sulla condivisione delle tracce a livello vocale? Come avete armonizzato le vostre voci?
«Le nostre voci sono molto diverse, ma si muovono curiosamente nello stesso registro. Alla fine ci siamo incontrati nella stessa fascia vocale. È stata una vera sfida trovare le tonalità giuste, anche per spingerci fuori dalla nostra zona di comfort. Io ho cantato più in alto, lei più in basso. Questo ha reso il processo molto stimolante. Alla fine è stato un compromesso storico tra le nostre due vocalità».
Qual è stato il primo brano che avete completato e quale invece l’ultimo?
«Il primo è stato “A te”, che è anche la traccia d’apertura. Era già nel famoso hard disk ed è una delle prime cose scritte insieme. Curiosamente, anche “Velluto blu”, che chiude l’album, è nata in quel periodo ma l’abbiamo completata solo alla fine del percorso».
Parliamo del singolo “Gomma americana”, attualmente in rotazione radiofonica. Come nasce il brano e com’è stato l’incontro con La Rappresentante di Lista?
«Era lì da un po’ di anni. Poi, con La Rappresentante di Lista, a Palermo, abbiamo lavorato al brano, accelerato i BPM, trovato soluzioni nuove. Successivamente abbiamo completato tutto a casa, scrivendo anche il testo. È stato un processo più stratificato. Ma l’incontro con loro ha dato valore aggiunto. Collaborare, quando c’è stima e sinergia, ti fa uscire da te stesso e ti apre nuove strade. Il brano è giocoso, ma contiene quella domanda importante e ricorrente: “Quanto ci costa esistere?”».
Capitolo Sanremo: utopia o possibilità concreta? Maria Antonietta, tu all’Ariston ci sei già stata nel 2020 come ospite di Levante con Francesca Michielin. Ma in coppia, ci pensereste?
«Non siamo mai stati ideologici su certi temi. Se uno spazio ti permette di essere te stesso, allora vale la pena considerarlo. Se accadrà, bene. Se non accadrà, va benissimo lo stesso. Il nostro fuoco resta la musica. Quella deve essere la priorità. Se una canzone ci rappresenta davvero e ti senti a tuo agio, perché no? Poi, pare ci siano anche delle belle feste notturne a Sanremo… dicono».
La vostra “Luna di miele” ora si trasforma in tour. Dal 15 novembre sarete in giro per l’Italia. Come si svilupperanno i concerti? Inserirete anche brani dai vostri repertori solisti?
«Immagino una grande festa, come un ricevimento di nozze, ma con più energia alla fine che all’inizio. Una festa con chi è stato invitato e condivide con noi questo viaggio. Ci sarà anche una luna sul palco. E oltre alle canzoni del disco, ci saranno cover speciali e rivisitazioni di brani dai nostri percorsi solisti, magari scambiandoci le parti o reinterpretando cose scritte l’uno per l’altra. Sarà qualcosa di molto libero e di irripetibile».
Per concludere, cosa pensate di aver acquisito l’uno dall’altra durante questo progetto a quattro mani e a due voci?
Maria Antonietta: «Io ho sicuramente imparato a uscire dal mio comfort vocale e ad aprirmi alla scrittura condivisa, che non amo particolarmente. Ma da Giovanni ho imparato che con meno ego e più visione le cose vengono meglio».
Colombre: «Letizia ha detto una cosa fondamentale. Collaborare con chi ami richiede mettere da parte l’ego. E se riesci a farlo, impari molto di più. Alla fine è come stare in famiglia: difficile, ma ti permette di esplorare territori più profondi e interessanti».