Nuovo appuntamento per il nostro spazio emergenti che per l’occasione ci spinge a conoscere TranKida, giovane cantautore nostrano che da poche settimane ha debuttato sul mercato con il suo nuovo lavoro discografico intitolato “Com’è”. Ecco che cosa ci ha raccontato di sè e della sua musica:
Partiamo dalla scelta del nome d’arte, TranKida: come mai quest’etichetta nominativa?
<<Dopo vari tentativi alla ricerca di un nome d’arte si è optato semplicemente per TraKida: il mio cognome insomma ma con la K>>.
Questo nuovo lavoro discografico “Com’è” è sicuramente un passo importante per te arrivato dopo un lungo percorso artistico. Che cosa ti hanno insegnato tutti questi anni impegnati nell’immagazzinare esperienze e quanto della tua vita personale e privata c’è dentro a questi brani?
<<Ho imparato che non bisogna mai dare nulla per scontato: è fondamentale. L’album è autobiografico perciò ogni cosa che scrivo la vivo sicuramente in prima persona>>.
Il disco viaggia attorno al racconto di amori totalizzanti e unici vissuti appieno e senza troppi sconti. È questo il modo giusto, secondo te, di vivere l’amore e, più in generale, la vita?
<<Credo che la vita debba essere vissuta solo con amore, il resto è caos e superficialità. Quando metti amore in qualunque cosa tu faccia non sbagli mai. Chiaramente siamo umani e dunque imperfetti e per questo, spesso, usiamo tutto tranne che l’amore>>.
Un’altra figura centrale del racconto di quest’album è, naturalmente, quella femminile che viene idealizzata nella sua purezza quasi angelica richiamando quasi la poesia duecentesca. Esistono dei riferimenti letterali nel tuo modo di scrivere oppure hai elaborato questa visione in modo del tutto autonomo e personale?
<<Essendo tutte storie vissute da me non ho potuto far altro che scrivere di ciò che sapevo. Nella vita, in realtà, sono molto più cinico ma quando si scrivono delle canzoni bisogna sempre un po’ sognare>>.
Se dovessi consigliare un brano di quest’album ad un ascoltatore che non hai ascoltato un tuo brano per quale opteresti senza considerare logiche discografiche e radiofoniche?
<<Sicuramente “Pace ammirevole”>>.
Se avessi potuto rubare un brano della storia della musica che avresti voluto scrivere o cantare tu quale sceglieresti e perché?
<<Sono in difficoltà: ce ne sarebbero tantissime” Beh, essendo fan di Stevie Wonder, potrei dire la sua “Lately”. C’è molta sofferenza in questo pezzo che racconta bene la paura della fine di una storia>>.
Ilario Luisetto
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