“Dalla A alla Z”: A come Arisa

Dal debutto ai grandi successi: la vita e la musica dei protagonisti della scena, uno per lettera. Oggi ricominciamo dalla A, A come Arisa. A cura di Francesco Costa
La musica è fatta di storie, di viaggi che attraversano generazioni e influenzano il panorama culturale del proprio tempo. “Dalla A alla Z” è la rubrica che ripercorre le carriere degli artisti più iconici della scena italiana e internazionale, raccontando le loro origini, i primi passi, le sfide e i successi che li hanno consacrati. Oggi ricominciamo dalla A, A come Arisa.
Un percorso che parte dagli esordi e arriva fino ai giorni nostri, tra aneddoti, evoluzioni stilistiche e curiosità che hanno segnato il loro cammino artistico. A cura di Francesco Costa, questa rubrica si propone di esplorare in profondità il talento, la determinazione e l’unicità di ogni singolo artista, analizzando l’impatto che ciascuno ha avuto sulla musica e sul pubblico.
“Dalla A alla Z”: A come Arisa
Di primo acchito, potrebbe sembrare impossibile da decifrare, un Codice da Vinci vivente. Con i suoi sbalzi d’umore e i cambiamenti che svelano infiniti strati, appare come un complesso enigma. Ma chi presta attenzione a ogni indizio che dissemina e ardisce a scavare in profondità, troverà la sua essenza, la bambola più piccola della Matrioska.
L’artista della puntata di oggi è l’Arturo Brachetti della musica italiana, una trasformista in perenne evoluzione, un errante personaggio in cerca d’autore. È tutto e il contrario di tutto e questo la rende diversamente unica. Il suo nome inizia con la lettera A, A come Arisa.
«Chi cambia la via vecchia per la nuova, peggio trova», disse Padron ‘Ntoni al resto della famiglia Malavoglia. Ma probabilmente, a quella lezione di letteratura, Arisa era assente perché di vie ne ha percorse e ne continua a percorrere moltissime. Se ci fosse un premio per il maggior numero di look e acconciature cambiati, lei lo vincerebbe a mani basse. Sempre difforme, ma sempre sé stessa, una donna che nella vita ha lottato per farsi ascoltare. Di questo parla “Voce”, un brano del 2016 – secondo singolo estratto dall’album “Guardando il cielo” – che la porta a trascorrere un periodo ad Haiti.
Capello corto, nel video si presenta in modo naturale perché non conta in questo caso l’apparenza. Per dare voce ai bambini di una terra dilaniata dalla povertà, utilizza la sua che è considerata da molti italiani la più bella in circolazione. A scrivere il pezzo è Giuseppe Anastasi, lo storico collaboratore che la accompagna dagli inizi. Fin da quel 2009 in cui vince le Nuove Proposte di Sanremo con “Sincerità” e la sua vita cambia per sempre. Al vintage di questo irresistibile swing che canta in modo limpido e spontaneo, associa un outfit eccentrico e con il suo caschetto corto e gli occhiali spessi, incuriosisce e stupisce gli spettatori. «Vivo a una distanza siderale da quell’essere normale che appartiene solo a chi non si meraviglia più», una dichiarazione d’intenti senza fronzoli contenuta in “La mia strana verità”, brano inserito nel suo primo album.
Proprio per via della sua peculiarità, durante l’infanzia e l’adolescenza in Basilicata, è diventata vittima per eccellenza dei bulli che la prendevano in giro per il naso. Le dicevano che puzzava perché veniva dalla campagna e il padre allevava pecore. Crescendo, le insicurezze e i mostri del passato si sono accentuati. Gli stessi mostri che tormentavano Andrea Spezzacatena, il giovane che si è tolto la vita dopo gli attacchi omofobi a cui dedica nel 2024 la struggente “Canta ancora” per il film su di lui, “Il ragazzo dai pantaloni rosa”.
I tarli che le rosicchiano l’anima, Arisa li affronta depistandoli con le sue mille metamorfosi. Chissà, magari così non la riconosceranno. Il tema del rinnovamento è presente in molte delle sue canzoni, lo si evince anche dal titolo dei suoi album come “Una nuova Rosalba in città” del 2019 in cui si riappropria della sua identità e sposa un genere scanzonato, ma molto diverso rispetto a quello degli esordi: le sonorità delle sono quelle degli anni ’70, ’80 e ’90. Si passa dall’elettropop di “Tam tam” alle atmosfere sognanti degne di un cartone della Disney dell’incoraggiante “Mi sento bene”, il pezzo che presenta in gara a Sanremo e che, ironia della sorta, si ritrova a cantare la sera della finale con la febbre a 39. Ma nel disco c’è spazio ovviamente anche per il suo lato più sentimentale, in una delle tracce ci ricorda infatti che “Il futuro ha bisogno d’amore”.
La convinzione che soltanto l’amore sia l’antidoto a ogni veleno ce l’ha già dal 2010 quando al suo primo Festival da big porta “Malamorenò”. Tutto quanto potrebbe finire, tranne l’amore, ma la verità è che anche quello può esaurirsi. La verità è che a volte non basta un raggio di sole in un cielo blu come il mare, a volte si soffre ed è giusto sia così. A quel dolore che sale e arriva allo stomaco fino a farti vomitare, non dobbiamo chiudere le porte perché anche se ti picchia il cuore e ti fa scoppiare la testa, la vita continua. Di questo parla “La notte”, brano dal travolgente impatto emotivo con cui arriva seconda a Sanremo nel 2012 e che anticipa l’uscita del disco “Amami” in cui sprigiona tutto il suo romanticismo e bisogno d’amore. «Amami come se fossi un’edera attorcigliata all’anima», canta nella title track.
Nove anni dopo, quell’edera si è tramutata in “Ortica”. L’elettronica si unisce alla canzone napoletana per denunciare il bruciore di una storia d’amore finita nel peggiore dei modi. La canzone esce nel 2021, anno in cui Rosalba taglia per l’ennesima volta con il passato e lo fa con una folta chioma di capelli lunghi (prima scuri e poi biondi) in un album dall’emblematico titolo “Ero romantica”. Adesso non lo subisce più l’amore, è lei la sanguinaria femme fatale che non si fa mettere i piedi in testa dagli uomini. È lei che decide quando inizia il gioco e la regola fondamentale è non innamorarsi. Questa è la sua reputation era in cui manda a quel paese tutti quelli che la giudicano “Psyco” solo perché vive come le pare e scopre la sua sensualità. Lo aveva già fatto anni prima con l’ipnotica “Una notte ancora”, ma ora è molto più consapevole del suo corpo e in “Altalene” decide coscientemente di lasciarsi sedurre da un narcisista, rappresentato nel video da una semplice ombra.
Ma che fine ha fatto la vecchia Arisa? C’è ancora, non temete, ed è in “Cuore”. Quell’ombra diventa un uomo in carne e ossa, l’ex fidanzato Vito Coppola con cui vince “Ballando con le stelle”, un uomo di cui innamorarsi e con cui tornare l’inguaribile romantica che è sempre stata. Nel pezzo, coesiste però anche la paura di fidarsi dopo tutte quelle delusioni che tormentano le sue canzoni: nella poetica “Potevi fare di più” il suo lui è talmente amorfo che neanche si rende conto se lei è vestita o nuda, in “Non vado via” del 2023 continuerebbe a rimanere in una relazione anche se lui non la ama più e poi c’è il culmine della desolazione affettiva, “Ho perso il mio amore” del 2017. Ciò che vorrebbe, in fondo, è amare incondizionatamente, stringersi forte a una persona da poter chiamare “Meraviglioso amore mio” per vincere la sua distruttiva tendenza all’autoboicottaggio.
Inevitabilmente, con tutti questi cambi di look e di generi musicali, potrebbe sorgere spontaneo un quesito: chi è Arisa? È la regina delle ballad strappalacrime alla “Ho cambiato i piani” o quella dei tormentoni come “L’esercito del selfie”? O forse è la star della tv che litiga con Simona Ventura a “Xfactor” e consiglia i senior di “The Voice”?
Non c’è una risposta perché Arisa è tutte queste cose insieme. Come un cubo di Rubick, ha tanti tasselli ma in ogni tessera lascia l’impronta di una donna che reagisce a questa vita. Una vita che mette i brividi – certe volte assomiglia più a un combattimento – a cui lei risponde viaggiando “Controvento”, titolo del brano con cui ha vinto Sanremo nel 2014.
«Quando mi dicevano che non ce l’avrei fatta io non rispondevo nulla, mi chiudevo in camera a pensare più forte, ad architettare la mia luce, e alla fine sono riuscita a brillare per davvero». Al di là delle insicurezze, alla fine della fiera, prevale in lei la soddisfazione di avercela fatta. Perché nonostante le costanti battaglie, contro noi stessi e contro chi non ci capisce, «non ci stanchiamo mai di una vita sola per cadere meglio e poi Ricominciare ancora».