“Dalla A alla Z”: H come Halsey

Dal debutto ai grandi successi: la vita e la musica dei protagonisti della scena, uno per lettera. Oggi proseguiamo dalla H come Halsey. A cura di Francesco Costa
La musica è fatta di storie, di viaggi che attraversano generazioni e influenzano il panorama culturale del proprio tempo. “Dalla A alla Z” è la rubrica che ripercorre le carriere degli artisti più iconici della scena italiana e internazionale, raccontando le loro origini, i primi passi, le sfide e i successi che li hanno consacrati. Oggi proseguiamo dalla lettera H, H come Halsey.
Un percorso che parte dagli esordi e arriva fino ai giorni nostri, tra aneddoti, evoluzioni stilistiche e curiosità che hanno segnato il loro cammino artistico. A cura di Francesco Costa, questa rubrica si propone di esplorare in profondità il talento, la determinazione e l’unicità di ogni singolo artista, analizzando l’impatto che ciascuno ha avuto sulla musica e sul pubblico.
“Dalla A alla Z”: H come Halsey
Forti, toste e indipendenti. Viaggiano tutte intorno ai trent’anni, ma di vite ne hanno già vissute a bizzeffe. Nel pieno della carriera, hanno affrontato così tante fasi da sentirsi ormai prossime alla pensione. Sono nella primavera della loro vita, eppure sembra che vivano perennemente un marzo flebile che odora di dicembre. No, non sto parlando di un remake di “Donne sull’orlo di una crisi di nervi”. Questo non è un film di Almodóvar, è la realtà. La realtà delle popstar americane.
Chappell Roan è soltanto la punta di un ingombrante iceberg ben radicato oltreoceano. Ne sa qualcosa la protagonista di questo ottavo episodio. Miliardi di visualizzazioni su YouTube, ha cambiato talmente tanti tagli di capelli da scandalizzare persino il parrucchiere di Arisa. Sfaccettata e complessa, è l’eccezione che conferma la regola. Pop e melodia sul palco, rock e trasgressione nella vita per uno squisito pot-pourri di contraddizioni made in Usa. L’artista di oggi inizia con la lettera H, H come Halsey.
Nell’arco di due anni, sono usciti due album importanti. Siamo nel maggio del 2022 e in programma c’è un grande tour in tutti gli States. La missione è solo una, recuperare le date saltate a causa del Covid e proporre finalmente dal vivo le sue ultime creature. Ma Halsey ha ancora qualcosa da dire e lo vuole fare con un altro nuovo singolo. Singolo che non può uscire perché la Capitol Records vuole aspettare ci sia più curiosità, più hype. Lei non ci sta e inveisce, in un video su TikTok, contro le case discografiche che non rispettano la volontà degli artisti. Milioni di click, il post diventa virale e in due settimane esce “So Good”.
Halsey non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, quando il gioco inizia e finisce lo decide lei. Questi sono i nuovi americani, cresciuti ascoltando The Notorious Big e i Nirvana. Si battono per legalizzare la marijuana, sanno perfettamente cosa vogliono e se lo vanno a prendere senza tanti convenevoli. Lo grida a vent’anni in una sua hit elettro pop del 2015, “New Americana”. Un testo ribelle che scrive con in testa un momento ben preciso, il giorno in cui i suoi l’hanno cacciata di casa.
È il 2009 quando Ashley inizia a suonare la chitarra acustica, la musica è da sempre il suo rifugio. Non ha ancora quindici anni, ma ha già frequentato sei scuole diverse. Ha imparato fin da bimba cosa significa mollare tutto e ricominciare. Tra un trasferimento e l’altro, su e giù per il New Jersey seguendo i mille nuovi lavori del padre Chris, ascolta nelle cuffie una giovane artista destinata a dominare il mondo: Taylor Swift.
È sua la prima canzone che impara a suonare con la chitarra ed è sempre sua la prima cover che pubblica su YouTube pochi anni dopo, “I knew you were trouble”. E sogna anche lei di diventare una cantante e di fidanzarsi con Harry Styles. In camera vorrebbe mettere i poster degli One Direction, ma gli appartamenti in cui vive sono sempre troppo piccoli perché riesca ad avere uno spazio veramente suo. I genitori arrivano addirittura a fare due lavori contemporaneamente per mantenere lei e i due fratellini. «Sono cresciuta in una situazione caotica, c’era sempre qualche casino».
Malgrado l’impegno, i continui tentativi di essere la classica adolescente si rivelano fallimentari e si ritrova a 17 anni a comprare pillole sottobanco per cercare di farla finita. 17 come i giorni che passa in un ospedale psichiatrico. Disturbo bipolare e fiumi di litio, come se bastasse una medicina a uccidere i suoi demoni. Quel farmaco che avrebbe dovuto salvarla, contribuisce a farla crollare e cercare di essere quella che non è. Si iscrive alla prestigiosa scuola di design del Rhode Island che lascia perché costa troppo ed entra in una nuova crisi. Si rifiuta di frequentare un altro college ed è così che la sbattono fuori di casa.
Della ragazzina che baciava Harry Styles in tv non è rimasto più nulla, ora è una senza tetto che dorme dove capita con una «banda di fattoni degenerati» conosciuti tramite il fidanzato, un uomo più grande di lei che la trascina a capo fitto nella sua dipendenza da eroina. Non ha un cellulare, sul conto in banca ha dieci dollari e si sballa dalla mattina alla sera. «Una volta ho comprato quattro lattine di Red Bull e ho cercato di rimanere sveglia per tre giorni. Era meno pericoloso che mettersi a dormire da qualche parte e rischiare di venire violentata o rapita».
Sta annegando in una spirale sempre più deleteria e si rende conto che essere Ashley Frangipane non le piace, è una persona debole e triste. Per tornare a vivere, avverte il bisogno di cambiare identità ed è sul vagone della metropolitana di Brooklyn che nasce il suo alter ego. Davanti ai suoi occhi c’è la fermata di Halsey Street, l’anagramma del suo nome. Da quel momento in poi tutto cambia, lo racconta anche nei pezzi più recenti come “Only Living Girl in LA” del 2024. “Since I no longer even have a driver’s license I guess that means I have no name”.
Halsey è l’unica ragazza in vita di un mondo corrotto, un Paese dispotico, una città distrutta piena di “ragazzini persi e disadattati” a cui rubare le storie per fare canzoni. Sa perfettamente cosa significa sentirsi intrappolati e lo racconta nel suo primo album, “Badlands” del 2015. Il successo le esplode tra le mani. Non è pronta, vive ancora a casa della nonna. E ancora sta cercando il suo equilibrio, ancora sta lottando contro il suo lato oscuro della luna. Ma le luci della ribalta la chiamano a sé durante una festa all’Holiday Inn di Newark.
Un produttore la nota, lei gli spiega che suona otto strumenti e scrive. Gli fa sentire un suo pezzo, “Ghost”, e si ritrova il giorno dopo in uno studio di registrazione. E poi lo carica, un po’ per caso, su SoundCloud alle dieci di una sera qualsiasi. Nel giro di poche ore, si scatena il delirio sui social. Cinque case discografiche la vogliono e il brano è già in classifica. «Ma non sono un fenomeno da social media, sono solo una persona che la gente ha trovato minimamente più interessante di altre», precisa Halsey.
Si ritrova coperta dai colori. Tutto è blu e grigio al tempo stesso, come canta in “Colors”. È felice e poi triste e poi felice. Non si droga più, non beve più. La musica è la sua nuova sostanza stupefacente. È passato così poco da quando viveva in strada, non ha avuto neanche il tempo di riprendersi che si ritrova sbattuta da un concerto all’altro. «Finivo in ospedale ogni due settimane, perché ero sempre disidratata. Ero anemica, svenivo, e alla fine il mio fottuto corpo è andato in pezzi». Non c’è nessuno che si prende cura di lei. Quando si ritrova nuda e sanguinante in un letto prima di uno show le mettono un pannolone, le fanno bere due pastiglie di Percocet e la spediscono a cantare. Subito dopo finisce in un parcheggio a vomitare, è così che subisce un aborto spontaneo. Lo racconta nel 2016 in un’intervista a Rolling Stones. Nello stesso periodo le diagnosticano l’endometriosi.
Da allora sono passati nove anni e se quello che vi ho raccontato è il biglietto da visita, ci si potrebbe aspettare che Halsey sia tragicamente morta sola e in un modo atroce. Niente di tutto ciò. Si, ai tanti problemi si è aggiunto il lupus eritematoso sistemico e un disordine del linfocita T e tutte le sue storie d’amore sono naufragate. Ma dal letame nascono i fiori. È quando si lascia con il rapper G-Eazy nel 2018 che scrive la sua hit più famosa, “Without Me“. Un bop pop contaminato con un miliardo di views, certificato disco di platino anche in Italia, che anticipa il suo terzo album “Manic” del 2020. In questi anni è tornata in carreggiata, la sua grande paura di rimanere sola non si è avverata.
Quattro nuovi dischi pubblicati da “Hopeless Fountain Kingdom” del 2017 a “The Great Impersonator” del 2024, due album dal vivo, il tormentone con The Chainsmokers “Closer” e i tour davanti a migliaia di fan.
Halsey nel 2025 è una donna di successo. Disegna i suoi costumi, il merchandise e le copertine dei suoi album. Non vuole dimostrare nulla che sia altro da sé e si permette il rischio di osare. Lo dimostra il suo ultimo disco, quello della svolta intimista rock in cui da queen del pop sceglie di diventare la regina dell’inquietante, la padrona della metamorfosi. E anche se perde qualche stream su Spotify, ha vinto comunque perché è libera da qualsiasi diktat. È maturata, lo capiamo dalle canzoni e dalla sua consapevolezza nella vita. Da quel letto si è risollevata e ora ha persino un bambino, Ender (in turco significa molto raro), che cresce in sintonia con il padre da cui si è separata. Sia chiaro, continua a essere la ragazza scapestrata che era. Lei non è un dolce sogno ma una notte da inferno, lo canta in “Nightmare”. Non è una martire ma un problema, non una leggenda ma una truffa. Non è una donna, è il suo Dio e lo rivendica in “I am not a woman, I’m a god” del 2021.
Con questo racconto si chiude un cerchio, aperto ancora con Chappell Roan. Che vengano dal New Jersey o dal Missouri, tutte le star americane del pop condividono storie di vita intensamente rock. È come se ci fosse un contratto implicito che devono firmare, oltre a quello con le etichette discografiche, un patto faustiano con il diavolo. Il diavolo dell’ambizione. Se brami il successo, devi per forza soffrire. E quando ottieni la fama, per mantenerla devi continuare a sputare sangue.
Sfruttate dal sistema, esasperate da un’industria spietata. Ma c’è una via di uscita da tutto questo, l’unica. Ribellarsi come fa Halsey, la ragazza deliziosamente pop dalla vita stucchevolmente punk che non ha nessuna intenzione di farsi controllare. Se qualcosa le passa per la testa lo dice e tiene tutto sotto controllo nel solo modo che conosce, rimanendo incontrollabile. È questa la vita degli artisti. Il loro talento non è scrivere, non è cantare. È vivere al quadrato, è sentire costantemente tutto sulla proprio pelle, anche quello che sentono gli altri. Come canta lei stessa, “It’s feeling everything that everyone alive feels every day”.