“Dalla A alla Z”: L come La Rappresentante di Lista
Dal debutto ai grandi successi: la vita e la musica dei protagonisti della scena, uno per lettera. Oggi proseguiamo dalla L come La Rappresentante di Lista. A cura di Francesco Costa
La musica è fatta di storie, di viaggi che attraversano generazioni e influenzano il panorama culturale del proprio tempo. “Dalla A alla Z” è la rubrica che ripercorre le carriere degli artisti più iconici della scena italiana e internazionale, raccontando le loro origini, i primi passi, le sfide e i successi che li hanno consacrati. Oggi proseguiamo dalla L come La Rappresentante di Lista.
Un percorso che parte dagli esordi e arriva fino ai giorni nostri, tra aneddoti, evoluzioni stilistiche e curiosità che hanno segnato il loro cammino artistico. A cura di Francesco Costa, questa rubrica si propone di esplorare in profondità il talento, la determinazione e l’unicità di ogni singolo artista, analizzando l’impatto che ciascuno ha avuto sulla musica e sul pubblico.
“Dalla A alla Z”: L come La Rappresentante di Lista
Mentre in città scoppia la guerra mondiale e la Terra sparisce nel silenzio della crisi generale, noi siamo in un bar a mangiare cioccolata e leggere giornali. Serenamente consci del fatto che l’umanità ha perso la sua partita, apaticamente rassegnati davanti all’ineluttabilità della vita. Ma con la loro musica, gli artisti della puntata di oggi ci risvegliano dal torpore. Accolgono la nefasta realtà che ci circonda per poi raccoglierne i cocci e con ogni pezzetto tentano di costruire un mondo nuovo, un mondo fluido e colorato in cui la meraviglia dei nostri occhi non si sgretola e l’inno è uno solo: resistere. Il loro nome inizia con la lettera L, L come La Rappresentante di Lista.
La prima volta che ho visto Veronica e Dario dal vivo, non avevo ancora vent’anni e stavo realizzando uno dei miei sogni, assistere a una serata del Festival di Sanremo. Era il 2022 e loro erano sul palco insieme a Cosmo, Margherita Vicario e Ginevra, regalandoci un trip indimenticabile con “Be My Baby” delle Ronettes. Vivido nella mia memoria è il ricordo di un’esibizione fluttuante e ondivaga che mi ha trasportato in un altro universo per tre minuti, un universo mistico lontano anni luce dall’imminente apocalisse del pezzo presentato in gara con cui si classificano al settimo posto. Uno dei tormentoni dell’edizione, certificato quattro volte disco di platino, a oggi il loro brano più venduto: “Ciao ciao”. Si balla, fradici di gioia (vincente metafora scritta dalle loro penne nel ritornello di “Guardateci tutti”), in questa giostra perfetta che è la fine del mondo. In “Panico” hanno cercato di farci indorare la pillola, convincendoci che non sono urla strazianti ma compleanni e che le bombe giù in centro sono solo il capodanno cinese, ma il tempo delle mele è finito. È il tempo delle verità da sbattere in faccia a milioni di persone in eurovisione. Si scatenano con i piedi, con le gambe, con il culo e con le mani e la voglia di festa che scoppia nel cuore ci salutano affettuosamente perché questa è l’ora della fine.
Finisce il mondo, ma non il loro successo. Forti del boom sanremese, pubblicano la riedizione dell’album “My Mamma” uscito l’anno prima, traghettandolo verso il disco d’oro. Basta guardare la copertina per rendersi conto di che album è. Può spaventar la tosse grassa di una donna (da “Madonna”) ma il suo corpo nudo di più e lo dimostrano con un omaggio a Courbet e al suo discusso dipinto “L’origine del mondo”. L’immagine del disco rappresenta proprio una donna nuda dai cui peli pubici si forma la sigla del gruppo LRDL. Un nome nato nel 2011 quando, per votare da fuori sede al referendum sul nucleare, Veronica si iscrive come rappresentante di lista di uno dei partiti. Un nome che indica perfettamente la vocazione politica del sodalizio, espressa nel disco in tracce come la potente ballad dal gusto elettronico “Resistere”. Nel pezzo, un grido che appare banale ma che in tempi come questi non lo è affatto: «No armi, no guerra, no violenza». In questi tempi, dobbiamo provare ad esistere e ricordarci che la nostra natura è resistere. «Confrontarmi con la società non mi spaventa», canta Veronica con la sua voce squillante ed è proprio questo il senso della politica. Politica è ciò che è relativo ai cittadini come la genitorialità raccontata in “Oh Ma Oh Pa”.
I ruoli si ribaltano in questa canzone emozionante ed è la figlia appena nata a dare il benvenuto al mondo ai genitori, è la figlia appena nata a reclamare il diritto di giocare con il fuoco. La rivendicazione di libertà dei figli, del resto, era già alla base del disco di esordio del duo, “(Per la) via di casa” del 2014. Dal punto di vista lirico, il debutto mette al centro il momento in cui i figli lasciano il nido e cercano la propria casa. Quel momento in cui la strada non è scritta ma solo immaginata, come cantano in “D.A.Q.C.M./1000 fan”, primo singolo di un disco folk pop con pezzi addirittura in tedesco come “Klammern an den Zähnen”. Viviamo in un’epoca in cui i limiti ci soffocano sempre di più, le etichette ci stanno strette ed è per questo che La Rappresentante di Lista professa un pop queer senza categorizzazioni. È per questo che il primo pezzo cantato esclusivamente da Dario è “Fragile”, per ribadire ancora una volta contro le vetuste follie del delirio machista che anche gli uomini piangono. La percezione è che tutto questo mondo che ci siamo costruiti stia per crollare. In “Sarà”, pezzo più alternativo e particolare del disco, la Terra lentamente smette di respirare. Ma non ci resta nulla a parte questo “Mondo” che è scappato via con tutti i colori in tasca, lasciandoci grigi, e quindi tanto vale amarsi senza pudore.
Quella raccontata in “Alieno” è la dichiarazione onesta di una donna poliamorosa che parla al suo compagno monogamo: «Domani non ci penserai, ti asciugherai la faccia dal mio piacere fragile e mi perdonerai per tutti questi desideri». Il brano dance accompagna l’uscita di questo album in cui sono racchiusi i due anni di maggiore successo del gruppo che, pochi giorni dopo la pubblicazione del singolo, nel marzo del 2021, calca il palco dell’Ariston di Sanremo per la prima volta in gara – dopo aver accompagnato l’anno precedente il rapper Rancore la sera dei duetti con “Luce (Tramonti a nord est)” di Elisa, nel 2024 accompagnano anche Annalisa in una strepitosa versione di “Sweet Dreams (Are Made of This)” degli Eurythmics – con un pezzo profondo ma radiofonico che profuma di libertà e di amore, di corpi e di vita, di una comunità che cerca di rinascere: “Amare”. La canzone coincide anche con il primo successo commerciale del duo che conserva comunque la sua anima indipendente. Nell’album si alternano infatti pezzi meno immediati ad altri più pop con i ritornelli inni come i singoli per l’estate “Vita” e “Diva”, autocelebrazione che funziona particolarmente nelle radio. In tutte queste tracce, come suggerito dalla copertina, c’è una certa corporalità.
Del corpo, la band ha già parlato in una meravigliosa canzone del 2018 che si chiama proprio “Questo corpo”. Scelto da Sorrentino in “The New Pope”, questo pezzo rock elettronico si caratterizza per un testo intimo che diventa politico e femminista. È una dichiarazione d’amore di Veronica al proprio corpo che nonostante tutte le debolezze – le gambe sole, le braccia che non mantengono, il cuore che non si muove bene, la pancia e il seno che si gonfiano – continua a volerle bene e resiste dopo tutte le cadute. Come uno statement che pretende più attenzioni per il corpo troppo spesso censurato per vergogna o pudore, il brano apre il disco “Go Go Diva” che invita già dalla copertina a spogliarsi. Un disco che prosegue schietto senza cercare giustificazioni o “Alibi” e provoca come quando parla di lingue che si incontrano in un brano quasi sussurrato, “Giovane femmina”, che racconta la sensazione di avere sete anche mentre si beve. Nei testi c’è la sincerità di chi non tollera questa “Maledetta tenerezza” salvo poi dare vita a un pezzo dolce che affronta le conseguenze della rottura di una storia d’amore, la traccia più pop del disco, “Poveri noi”. E dopo esserci spogliati, dopo aver condannato contraddittoriamente il romanticismo, ci si riveste ma in abiti diversi.
«Rivestiti dei panni miei», cantano in “Woow”, un monologo delicato reso nelle forme di una ballad elettronica piena di mood variegati. Tremi tu e tremo anch’io, ma sopravviveremo perché non vogliamo farci male. Di una coppia che si cerca irruentemente narra invece “Apriti cielo!” («Ti cadrà in testa tutta la mia pioggia, la mia tempesta ti verrà in faccia»), singolo apripista insieme al precedente “Invisibilmente” del secondo album “Bu Bu Sad” del 2015, il più sperimentale del gruppo. Un buon compromesso tra mainstream e nicchia, dal punto di vista sonoro, è rappresentato invece dall’ultima creatura, un disco edito nel 2024 in cui il duo si mette a nudo come mai prima d’ora, svelando con coraggio il lato oscuro che si cela dietro ai “Giorni felici”. «Fatti un giro nella mia testa», ripetono più volte in “Paradiso”. Io ho preso sul serio l’invito e in quella testa ci ho trovato la decisione delle chitarre e l’indecisione di una vita che a volte ti fa sentire vuoto come se ci fosse solamente noia di “Ho smesso di uscire”. Ci ho trovato il miele di chi si sente crescere poesia nell’anima nella sognante “Karaoke” e il peperoncino di chi non dorme da notti del secondo singolo “La città addosso” e di chi è stato “Cattivo” e accetta di aver sempre sbagliato tutto.
Accettare la realtà non significa essere apatici, non significa chiudersi dentro i vincoli di chi pensa di non doversi mai evolvere perché è fatto così e non può cambiare. Questo è forse l’insegnamento più grande che ci donano le canzoni di Dario e Veronica. La Rappresentate di Lista ci dona il racconto di un sogno in cui siamo in tanti, tutti lì, pronti a credere che il vento tirerà per il verso giusto e lottare perché sia così. Non c’è nulla di più politico di questo, di lottare anche contro i mulini a vento come Don Chisciotte, convinti che riusciremo ad apprezzare l’immensità dei cieli azzurri senza la paura di cadere. E ai benpensanti secondo cui gli artisti devono pensare solo a cantare, a chi teme la fluidità di una generazione stanca di stare a guardare, a chi non vuole andare avanti. A tutti loro non ci resta che augurare buonanotte, bonne nuit e bonne nuit e ciao ciao!