“Dalla A alla Z”, M come Angelina Mango

Angelina Mango

Dal debutto ai grandi successi: la vita e la musica dei protagonisti della scena, uno per lettera. Oggi proseguiamo dalla M come Angelina Mango. A cura di Francesco Costa

La musica è fatta di storie, di viaggi che attraversano generazioni e influenzano il panorama culturale del proprio tempo. “Dalla A alla Z” è la rubrica che ripercorre le carriere degli artisti più iconici della scena italiana e internazionale, raccontando le loro origini, i primi passi, le sfide e i successi che li hanno consacrati. Oggi proseguiamo dalla M come Angelina Mango.

Un percorso che parte dagli esordi e arriva fino ai giorni nostri, tra aneddoti, evoluzioni stilistiche e curiosità che hanno segnato il loro cammino artistico. A cura di Francesco Costa, questa rubrica si propone di esplorare in profondità il talento, la determinazione e l’unicità di ogni singolo artista, analizzando l’impatto che ciascuno ha avuto sulla musica e sul pubblico.

“Dalla A alla Z”, M come Angelina Mango

Ci sono sere d’estate che ti lasciano il segno e ti fanno capire quanto è bello sbagliare. Sono quelle sere in cui ti senti invincibile e sai che se nasce un problema poi scivola via. Ci sono sere d’inverno che ti tolgono il respiro e capisci di essere arrivato alla fine del tuo primo atto. Sono quelle sere in cui realizzi che ti devi fermare. L’artista della puntata di oggi ha affrontato tutte le tappe del viaggio dell’eroe. Le hanno dato le perline colorate per le bimbe incasinate con i traumi e lei con queste perline ha saputo costruire la collana di una donna matura pronta ad affrontare il domani. Il suo nome inizia con la lettera M, M come Angelina Mango.

Sotto i palchi degli show estivi tutti urlano il suo nome, è lei la rivelazione del 2024. Con il pop urban un filo reaggaeton di “Melodrama”, firma una delle hit della stagione in cui confessa di essere sempre stata una tipa maldestra che andava nei boschi di Lagonegro per cercare adrenalina. E questa è certamente una fase adrenalinica per lei che ha vinto Sanremo ed è appena uscita con il suo primo album, “Poké melodrama”, certificato disco di platino. La acclamano in tutta Italia, prima ai firmacopie dove incontra migliaia di persone come il sottoscritto (nella tappa di Brescia le ho anche portato un poké da mangiare perché sono un burlone) e poi in autunno in occasione delle prime date del suo tour nei club. Nelle radio spopola nel frattempo la power ballad “Per due come noi” con Olly, tutto sembra andare per il meglio eppure qualcosa di inceppa. Gli ingranaggi smettono di girare all’improvviso e questa piccoletta dalla potentissima voce e dal vibrante talento, si ritrova bloccata nella bocca della clessidra.

Nessuno se l’aspettava che per quasi un anno non l’avremmo più vista esibirsi perché gli angoli della sua bocca hanno smesso di salire, di scalare la sua faccia e saltare come canta in “Smile” e  di questo se ne accorge anche la signora al panificio che le chiede perché non sorride. Non sorride perché il dolore – quel dolore che ha conosciuto così bene fin da ragazzina e che ci ha gridato in pezzi struggenti come “Fila indiana” in cui parla di famiglie che perdono sangue come la sua e alberi che crescono senza radici come lei – esplode e non riesce più a continuare, ebbra di uno star system che ti porta allo sfinimento, che ti porta ad avere un “Velo sugli occhi” come le spose davanti agli specchi ed è da quel velo che riparte a sorpresa il 17 ottobre. È questa la data della sua rinascita in cui esce il secondo album “Caramé”. Al suo interno c’è un manuale contorto e complesso su come riconoscere i segnali di una crisi e come uscirne, d’altronde è quando si sta male che si scrive di più.

Lo diceva già in “Va tutto bene”, singolo indie pop estratto dal primo ep “Monolocale”, uscito prima del successo nel 2020. Uscito quando è poco più che una bambina con il sogno di fare musica e ancora cerca la sua identità artistica, pur essendo già molto abile nella scrittura. Lo dimostra in “Naviglio grande” dove racconta di come si è sentita quando si è trasferita a Milano dopo la morte del papà, il mitico Mango che omaggia in una delle cover più belle mai cantate al Festival di Sanremo, “La rondine”. La famiglia occupa un ruolo centrale nella sua vita e nelle sue canzoni come “Edmund e lucy” in cui parla del rapporto con suo fratello, non riconosce i “Gioielli di famiglia” ma casa sua le è rimasta impigliata al collo e la difende a ogni costo. E lo dimostra in “Treno in corsa”, arrivando a capire che quest’aria che taglia la faccia sembra una minaccia ma non lo è. La stessa conclusione la raggiunge anche attraverso il viaggio di questo ultimo album uscito poco più di un mese fa.

Non siamo macchine e lo dobbiamo accettare come ci suggerisce in “Pacco fragile”, una delle perle del disco che vede l’elettronica e la metrica quasi rap sposare suoni più tradizionali, dando vita a una versione 2.0 di un appassionato tango. Tutti i testi in cui “Nina canta”  e non solo (la sedicesima traccia “cosicosicosicosì” la canta l’emergente Henna) – sono scritti da lei e musicati spesso con il fratello come accade nel caso di “Tutto all’aria” in cui emerge la consapevolezza che raccogliere i cocci rotti di te a terra non è un gioco ma significa vivere. E ora Angelina torna a vivere, accogliendo dentro di sé un nuovo modo di amare i suoi genitori a cui dedica “Come un bambino”. Torna a vivere, ricominciando anche a fare a pugni con l’amore come i bimbi in quinta elementare (dalla ballad “Bomba a mano”). Torna a vivere da sola perché forse le gomme bucate prima di partire ci vogliono dire che non è il caso di viaggiare insieme (da “Le scarpe slacciate”), da sola perché come canta nella mid tempo “Ci siamo persi la fine”, ora lo vuole sentire tutto il dolore di prima e non le importa se le scava le gengive.

Torna a vivere con chi la ama come la sua migliore amica che omaggia nella emozionante dichiarazione di “Mylove”. Torna a vivere perché “La vita va presa a morsi”, titolo di uno dei pezzi dell’album. In tutte le nuove canzoni svela qualcosa in più di sé e ci fa entrare nella sua anima tormentata. Nella elettro pop “7up” ci fa capire meglio le ragioni della sua sofferenza e ammette schietta che non è una star nemmeno per sbaglio, è una matricola a vita con la vita da cento e lode. A volte si sente tutti gli occhi addosso ma nessuno che la guarda perché non sono l’applauso e l’inchino a darle forza, ma il coraggio di mostrarsi deboli e imparare ad accettare l’affetto senza sentirsi in debito. Il problema è che più le danno affetto e più si sente di sbagliare qualcosa e finisce così per sentirsi un fantasma al suo concerto, lo rivela nella ballata “Aiaiai” scritta con Calcutta e prodotta da Dardust. Ma forse, il brano in cui si mette di più a nudo è il feat con Madame, “Ioeio”, pezzo di rara profondità in cui racconta cosa significa ammalarsi di anoressia, cosa significa sentire che il tuo corpo non è un corpo ma solo un ingombro di spazio e poi guarire. Perché dal baratro si può risalire, smettere di contare le calorie come i minuti che mancano e arrivare a voler benedire ogni parte di sé e convincersi – come fa in “Igloo” – che tutta questa merda ha avuto un senso.

Angelina riparte da sé, tenendo fede al monito della prima canzone scritta a soli cinque anni dall’irriverente titolo “Mi sono innamorata di me”. Quello che offre in questo disco è un racconto intimo e originale come iI sound, un pop unico e identitario, e anche grazie a queste canzoni riscopre la “Voglia di vivere”. È questo il nome dell’ep del 2023 con cui inizia il suo vero successo dopo la vittoria nella categoria canto di quell’edizione di Amici. Non ha più importanza se ha fame o ha sonno, ora vuole solo vivere e scatenarsi. Nei pezzi si sente addosso quel suo modo di mettere insieme ritmo ed emotività. C’è la ballad “Mani vuote” che ti investe come la sua voce meravigliosa. Quella voce che gestisce alla perfezione anche in “Eccetera”, brano arricchito da un climax ascendente che conduce a una esplosione finale in cui cede addirittura il soffitto. E poi si balla con la cassa dritta in “Vita morte e miracoli”, si balla nella hit dell’estate “Ci pensiamo dopo” certificata da tre dischi di platino, stesso destino che tocca al singolo successivo.

Quello di “Che t’o dico a fa’” è la conferma di un successo inarrestabile che la accompagna dritta dritta a Sanremo. In quel Festival che le fa tanto paura, convince pubblico e critica e con l’irresistibile cumbia “La noia” trionfa e sbarca in Svezia arrivando tra i primi dieci posti all’Eurovision Song Contest. E poi c’è l’album che tra duetti con rapper come “Invece sì” con Dani Faiv e “Another world” con VillaBanks, pezzi orecchiabili e radiofonici come “Crush” e “Cup of tea” e ballad calde come “Diamoci una tregua” con Bresh e la dolce “Uguale a me” con Marco Mengoni conquista la vetta della classifica.

Oltre alla sua musica e alla messa in guardia sul mondo della discografia che ti spreme fino a farti scoppiare, grazie ad Angelina Mango e a ciò che ha vissuto possiamo e dobbiamo imparare molto. Possiamo e dobbiamo renderci conto che a volte non basta pensarci domani e penserà che tanto tutto si aggiusterà. A volte bisogna fermarsi e prendersi cura di sé per non morire senza morire in questi giorni usati. A volte bisogna morire perché morire rende i giorni più umani, soffrire perché soffrire fa le gioie più grandi. «Voglio toccare il mio corpo e sentire che esisto dentro ad ogni difetto, dentro ad ogni difetto, ora voglio solo vivere».

Scritto da Francesco Costa
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