“Dalla A alla Z”: N come Noemi

Dal debutto ai grandi successi: la vita e la musica dei protagonisti della scena, uno per lettera. Oggi proseguiamo dalla N come Noemi. A cura di Francesco Costa
La musica è fatta di storie, di viaggi che attraversano generazioni e influenzano il panorama culturale del proprio tempo. “Dalla A alla Z” è la rubrica che ripercorre le carriere degli artisti più iconici della scena italiana e internazionale, raccontando le loro origini, i primi passi, le sfide e i successi che li hanno consacrati. Oggi proseguiamo dalla N, N come Noemi.
Un percorso che parte dagli esordi e arriva fino ai giorni nostri, tra aneddoti, evoluzioni stilistiche e curiosità che hanno segnato il loro cammino artistico. A cura di Francesco Costa, questa rubrica si propone di esplorare in profondità il talento, la determinazione e l’unicità di ogni singolo artista, analizzando l’impatto che ciascuno ha avuto sulla musica e sul pubblico.
“Dalla A alla Z”: N come Noemi
Con la sua vocalità sgarbatamente armoniosa, è in grado di scaturire lo stesso effetto della dopamina e non è una specie di complimento cringe, lo ha proprio stabilito un team di neurologi dell’Università di Montréal. Quindi se come me la ascoltate siete dei drogati. Verace ed elegante, energica e introspettiva, l’artista della puntata di oggi ha messo l’anima in pace perché è stata in guerra per troppo tempo.
Ha capito che ad aspettare dei miracoli ci togliamo i secondi e preferisce galleggiare sopra i suoi pericoli con lo sguardo verso il sole e nel cuore le notti a camminare sotto la luna di Roma. Non si sente più colpevole di accettare i suoi difetti perché è riuscita nell’ardua missione di raggiungere qualcosa di diverso, rimanendo sempre la stessa. Il suo nome inizia con la lettera N, N come Noemi.
Non ha paura di sentirsi vuota dentro un mare di parole perse sul fondale e nelle fredde giornate d’inverno, “Veronica guarda il mare”. Ci sono i suoi passi nella sabbia della spiaggia di Fregene, passi che il vento verrà a cancellare. Lei non sa bene cosa fare o dove andare, non sa nemmeno se ha ancora voglia di rischiare, ma è così che ritrova l’equilibrio. Di sicuro, la voglia di aggiungere colori alla tavolozza cromatica della sua vita non le manca. È così che nasce l’irresistibile inno ottimista di “Makumba”, la hit del 2021 con Carl Brave che la accompagna in questa inedita veste anche l’anno dopo in “Hula-hoop” e più recentemente in “Bosco verticale”.
Ma se, come afferma nell’ultimo duetto con il conterraneo, la Terra è una biglia persa in mezzo allo spazio e stiamo tutti aspettando una schicchera per sentirci liberi, la spinta arriva per lei nell’anno della loro prima collaborazione. Dopo una pausa più lunga del solito, torna con una nuova mentalità. Ha tagliato il filo con ciò che negli ultimi tre anni di crisi è stata. Troppo a lungo si è nascosta tra le coperte, ma «la tristezza adesso è in viaggio senza più ritorno». Noemi “Si illumina” di una luce diversa e si dà la mano così non scivola mai più. «All’orizzonte sono io, il mio miraggio» e questa è la sua “Metamorfosi”, titolo dell’album che racconta di quando si metteva l’abito da sera senza mai uscire e di come è guarita. “Ora” si vede bella, non è più “Sospesa” e lo dimostra in un disco molto attuale. La sua anima soul e funk si unisce al pop più attuale come in “Big Babol”.
Il segno più eclatante di questa evoluzione lo imprime però sul palco di Sanremo con “Glicine”. Il rischio che tutti parlassero solo di quanto fosse dimagrita è altissimo, ma lei mette ogni chiacchiera a tacere con una ballad grintosa e delicata scritta anche da Mahmood che narra l’inconsueto e sfacciato sbocciare di un fiore rosa nel blu profondo della notte. Allo stesso modo, lei ritrova la forza di rinnovarsi, nonostante i ricordi nostalgici del passato. Non per altro, il suo disco successivo, pubblicato nel 2025, si chiama proprio “Nostalgia” che tra “I sentimenti” è la regina e viene intesa in modo estremamente positivo. Non è una nostalgia che devasta, ma che rinvigorisce. «E non vorrei che tu pensassi che sono triste», canta infatti nella sognante title track con Neffa.
Non si strugge neanche nel raccontare i tormenti amorosi, se è o non è “La fine”, lo chiederà alle streghe o forse al caffè. Questa ironia nell’affrontare la vita si rispecchia anche nel sound che è fresco e molto pop. C’è l’elettronica di “Centomila notti” e “Non sono io”, il martellante singolo dance scelto per l’estate insieme al convincente duetto con Rocco Hunt sulle note di “Oh ma” che sta scalando le classifiche. E poi ci sono i brani lenti in cui il suo timbro graffia di più come “Notte inutile”. Quello notturno è uno scenario preponderante nelle sue canzoni insieme a quello lunare che troviamo in “Luna bugiarda” e “La luna storta”, pezzo blues scritto da Tricarico e contenuto in un album che si chiama – perdonate la ripetizione – “La luna”, uscito nel 2018 e introdotto da “Autunno”, “I miei rimedi” e poi dalla ballata sanremese “Non smettere mai di cercarmi”. L’oscurità porta consiglio, ma è anche ricca di maschere che ti circondano.
E perché si dissolvano ci vogliono “Le luci dell’alba”, brano dei primi anni della sua carriera. Nelle sue canzoni, trova ovviamente posto anche la luce come in “Alba” e nella festivaliera “Bagnati dal sole” del 2014. Eppure la notte, più del giorno, ça va sans dire, è fondamentale per gli artisti. «Perché è impossibile scordare quelle notti con il sorriso e con le borse sotto gli occhi», canta in “Se t’innamori muori”, grande successo che avrebbe quantomeno meritato il podio all’ultimo Sanremo. Un titolo forte per una ballad modellata sulla sua voce con l’aiuto del sodalizio
Blanco, Michelangelo e Mahmood – l’ultimo ha scritto per lei ben tre brani che ha poi presentato alla kermesse come la mid tempo “Ti amo non lo so dire” del 2022 – che affronta il tema dell’abbandono in una relazione. Può sembrare tragico, ma poi tutto alla fine si risolve serenamente perché quando sai di aver fatto il possibile, non hai nulla da temere.
Certo è che se ci soffermassimo esclusivamente sui titoli, potremmo pensare che il gioco non valga la candela e amare porti solo dolore e rancore. «Per tutto quello che conta, se conta, sei come colla tra le dita», si chiude così “L’amore si odia”, duetto del 2009 con Fiorella Mannoia, Il suo secondo pezzo pubblicato dopo il boom con il tormentone soul “Briciole”. Nonostante il quinto posto a X Factor, l’ep “Noemi” vola nelle vendite e dopo la conferma dell’album “Sulla mia pelle”, arriva anche il primo Festival con il quarto posto di “Per tutta la vita” che fa storia perché l’orchestra non lo accetta, si ribella e lancia in aria gli spartiti, indignata per la sua esclusione (insieme a quella di Malika Ayane) dal podio della classifica. La produzione del pezzo è affidata ancora una volta a Diego Calvetti che la segue dal lontano 2003 quando Veronica ha vent’anni, sogna di fare la regista e coltiva la passione per la musica mentre studia al DAMS. Fin da quando ha sette anni suona il pianoforte, la chitarra e studia canto con la vocal coach Maria Grazia Fontana. E per non farsi mancare nulla, scrive anche i suoi primi testi.
Una predestinata divisa tra il cinema e la musica che si ritrova nell’arco di meno di dieci anni a interpretare una canzone per un film record di incassi al botteghino: “Vuoto a perdere”, brano meraviglioso che celebra la bellezza delle rughe e della cellulite, scritto niente di meno che dal suo mito Vasco Rossi. Il pezzo fa parte dell’album “RossoNoemi”, aggiornato poi nel 2012 per inglobare una ever green che non invecchierà mai, “Sono solo parole”. Power ballad impattante composta da Fabrizio Moro con cui arriva terza al Festival, destinata a rimanere nel tempo.
Non si arrenderà al buio come “Un fiore in una scatola” perché è un fiore di “Acciaio”, titolo di uno dei miei pezzi preferiti di Noemi insieme alla struggente “Tutto l’oro del mondo”, brani contenuti in un disco prodotto da lei stessa, “Made in London”. C’è invece lo zampino del compianto Celso Valli nella produzione del suo album più autoriale che mette al centro il suo “Cuore d’artista”. Un cuore “Idealista!” che va a caccia di sballo ancora e da sballo sono i nomi con cui collabora da Fossati all’amico Curreri che scrive la motivazionale “Devi essere forte” fino a Sangiorgi nella rockettara “Fammi respirare dai tuoi occhi”. E come non citare Masini che le regala una perla dalla rara profondità, “La borsa di una donna”, ottava a Sanremo 2016.
«Ma il cuore mio lo so è solo una puttana», canta invece nella elettropop “Porcellana”, brano del 2018 che narra minuziosamente che cosa si prova durante un attacco di panico. Si tratta dell’ultimo singolo prima della pausa di tre anni, gli anni più turbolenti della sua vita da artista in cui, se regge, è grazie alla forza che riscopre in sé e all’amore del marito Gabriele perché «l’amore è resistenza quando la crisi colpisce», perché “L’amore è pratica”.
Quanti di noi, come Veronica, hanno dovuto raccogliere i cocci e ricominciare da capo. Eppure non è proprio questo che siamo chiamati a fare? Vivere significa anche soffrire perché non siamo umani “Senza lacrime” sul viso. E lei quelle lacrime ha saputo sfruttarle. Ha guardato negli occhi il dolore, si è ascoltata e tra una passeggiata sulla spiaggia di Fregene e l’altra si è ritrovata.
Ha preso a calci il suo cuore perché aveva smesso di battere, ha messo il vestito migliore perché ha riscoperto la fortuna che ha di essere viva. E ora che ci crede, in terra come in cielo, perché siamo il mondo intero, dice “Amen”. E così sia.