“Dalla A alla Z”: O come Olly

Dal debutto ai grandi successi: la vita e la musica dei protagonisti della scena, uno per lettera. Oggi proseguiamo dalla O come Olly. A cura di Francesco Costa
La musica è fatta di storie, di viaggi che attraversano generazioni e influenzano il panorama culturale del proprio tempo. “Dalla A alla Z” è la rubrica che ripercorre le carriere degli artisti più iconici della scena italiana e internazionale, raccontando le loro origini, i primi passi, le sfide e i successi che li hanno consacrati. Oggi proseguiamo dalla lettera O, O come Olly.
Un percorso che parte dagli esordi e arriva fino ai giorni nostri, tra aneddoti, evoluzioni stilistiche e curiosità che hanno segnato il loro cammino artistico. A cura di Francesco Costa, questa rubrica si propone di esplorare in profondità il talento, la determinazione e l’unicità di ogni singolo artista, analizzando l’impatto che ciascuno ha avuto sulla musica e sul pubblico.
“Dalla A alla Z”: O come Olly
Se gli doveste chiedere dove si immagina tra qualche anno, probabilmente vi aspettereste una risposta scontata: a San Siro davanti a 80mila persone che cantano le sue canzoni. E invece no, lui si vede intento a ballare merengue con una dominicana con la dentiera che balla, ma con un bel décolleté. Un proposito che potremmo definire poeticamente concreto, come la sua musica.
Se dovessi domandargli qualcosa io, confesso invece che gli farei ripetere ad alta voce “Ramarro marrone” perché in fondo sono un simpatico burlone. Ma bando alle chiacchiere. Fuori dal palco, l’artista della puntata di oggi non sembra sempre perfettamente connesso con il mondo che lo circonda e forse è proprio questa la sua unicità. L’unicità di un ragazzo di 24 anni che ancora non crede al sogno che sta vivendo e quando incontra per la prima volta Giorgio Armani dopo una sfilata gli dice: “Oh complimentoni”, manco avesse davanti il cuginetto che gli legge soddisfatto i voti della pagella. Il suo nome inizia con la O, O come Olly.
Con il rischio di parere recidivo, oltre che un filo autoreferenziale, per introdurvi il personaggio torno a quel sabato di febbraio 2023 in cui mi trovavo nella platea del Teatro Ariston a tifare Marco Mengoni perché vincesse il Festival.
Nella sfilza dei trenta cantanti in gara, sul palco ci sale anche un ragazzone con la faccia da bimbo che ancheggia timido sulle note di un brano dance tutto da ballare, “Polvere”, davanti a un pubblico troppo assonnato per lasciarsi andare a danze sfrenate. In effetti, non gli danno particolarmente retta, i boomer delle prime file non sanno nemmeno chi sia. Di certo, non si sarebbero mai aspettati che soltanto due anni dopo lo avrebbe vinto lui Sanremo. A supportarlo è Lorella Cuccarini che lo accompagna durante la serata delle cover con una versione moderna e travolgente di “La notte vola”, dando vita alla sua prima esibizione live dopo molti anni.
Niente male per un debuttante che fino al giorno prima stava in uno scatolone di quelli in cui c’è scritto “Fragile”, ma se si ritrova tra i partecipanti dell’evento canoro più importante in Italia lo deve ad Amadeus che lo sceglie qualche mese prima per Sanremo Giovani. I primi sei classificati alla finale di dicembre passavano di diritto tra i big e lui era uno di quelli. «Fede fai con calma che la strada è lunga», canta in “L’anima balla” e tra le nuove proposte di quell’anno è quello che di strada ne ha fatta di più e senza neanche troppa calma.
Nelle dodici canzoni scritte da lui nel primo album “Gira il mondo gira” si percepisce la sua fame e la voglia di vivere di musica emerge nei brani più ritmati come “Un’altra volta” e in quelli più riflessivi come “Bianca” in cui ricorda certi pezzi di Vasco. Ma è nella dedica alla sua Genova in “Menomale che c’è il mare” che ci sono le avvisaglie dell’Olly che sarà. Protagonista è il mare che porta ogni pensiero a mischiarsi con il cielo mentre i pescatori fischiano, che poesia. Una poesia arricchita da quei “la la la” ripetuti nel ritornello con cui omaggia il genovese più importante di tutti, Fabrizio De André. Proprio con “Il pescatore”, reso in chiave caotica e balcanica insieme a Goran Bregovich, arriva quarto alla serata del venerdì del Festival 2025. Un giorno prima della notte che gli cambia per sempre la vita.
Tra i favoriti fin dall’inizio, quando Carlo Conti urla il suo nome sembra sotto effetto di qualche droga sintetica. Solleva il premio sconvolto e sconnesso si guarda intorno, chissà in quale pianeta si trova in questo momento la sua testa. Con la salivazione azzerata e i battiti accelerati dall’emozione, trova l’energia per cantare di nuovo “Balorda nostalgia”, una power ballad che lo porta a vendere centinaia di migliaia di copie. Tutti la cantano, alcuni scimmiottando la sua irresistibile erre moscia in quel “Vorrei vorrei vorrei” che anticipa il ritornello, un tratto distintivo al pari della esse di Jovanotti. «Vedere le storie su di me con i complimenti di Vasco mi ha fatto saltare dalla sedia. Wow, è davvero successo. Quando ho sentito l’annuncio della vittoria, ero in stato di shock. Non sembravo felice, ma quando provo emozioni forti la mia faccia si trasforma in una sorta di paralisi».
Sulla cresta dell’onda, non asseconda i diktat del mercato discografico. Ringrazia il dottore, ma rifiuta l’offerta di prendere parte all’Eurovision Song Contest. La sera in cui Lucio Corsi arriva quinto alla colorata kermesse europea, Olly ha appena finito un concerto a Molfetta. Alla visibilità di un evento di questa portata, preferisce il suo pubblico e dimostra coraggio nel prendere decisioni importanti e assumersi sempre le responsabilità. Senza scappare, come fa quando si scusa per la frase omofoba di un freestyle del 2019 o quando modifica un passaggio di una vecchia canzone perché si rende conto che portava avanti un’immagine femminile sbagliata.
Quelli sono i testi di un ragazzino ancora inconsapevole delle possibili conseguenze delle sue parole. Gli piace la musica, scrive qualche pezzo e studia canto al Conservatorio. Pubblica anche qualche ep tra il 2016 e il 2018 ma il suo futuro è nel rugby. Uno sport in cui eccelle, ma mentre finisce le superiori e inizia a studiare economia a Milano realizza che la sua carriera sarebbe stata un’altra. E così inizia a concentrarsi di più sul suo lato artistico, con “Il primo amore” del 2020 ottiene un discreto successo e nel 2021 collabora con Arisa che apprezza la sua versione di “La notte”, la canta tutt’ora ai suoi concerti. Canzone dopo canzone, sperimenta e affina il suo talento. Figlio di un avvocato e un magistrato, cresce in un contesto agiato nel quartiere della Foce. La dimostrazione che per essere artisti, non è obbligatorio venire dalla strada. Anche i ricchi piangono, come nella telenovela messicana degli anni ottanta, e soprattutto hanno qualcosa da dire. Il valore dei ricordi, la profondità dei rapporti e la tragicomica bellezza di una storia d’amore.
Nel 2022 apre il concerto di Blanco a Genova, un altro giovane artista che, come lui, condivide sempre il palco con il suo migliore amico producer. Per ogni Blanco che brilla c’è sempre un Michelangelo che accende la luce. E l’interruttore di Olly è Jvli, un produttore che è come un fratello e firma con lui tutte le canzoni. La complicità tra i due si fa notare sui palchi che calcano, nei videoclip delle canzoni come quello del tormentone “Ho voglia di te” con Emma del 2024 e nell’abbraccio toccante che si scambiano mentre piovono lacrime a dirotto dai loro occhi dietro le quinte dell’Ariston, dopo la vittoria. «A quelle notti sul tetto, a condividere il freddo così vicini al cielo da camminarci dentro. Che bello, ho un ricordo stupendo», canta in “Ho un amico”.
Olly è così. Oscilla tra il pop danzereccio con i suoi balletti ammiccanti tra il sexy e il cringe che spopolano su Tik Tok e le ballad struggenti in cui tira fuori a gran voce la sua intensità con tanto di carotide in bella vista, si sgola come un contemporaneo Mino Reitano. Lo fa anche sul palco del Concerto del Primo Maggio dell’anno scorso quando canta uno dei suoi successi, “Devastante”, un inno per la generazione zeta. Ma c’è un filo rosso nella sua musica, oltre al tema della nostalgia che campeggia invincibile, ed è la sua scrittura. Una scrittura cinematografica fatta di immagini che ti restano impresse. Quando parla della signora affacciata al quarto piano con la sigaretta in bocca che stende il suo bucato, ti sembra quasi di vedertela davanti. Nessuno come lui riesce a trovare la poesia in una lavatrice che si rompe e non sai più cosa metterti, nei cantieri del Giappone che crescono a dismisura come noi che non siamo più bambini, nei mozziconi spenti sul marciapiede e nei biglietti lasciati sul frigo che cita nella hit “Per due come noi” in duetto con Angelina Mango.
C’è una nuova generazione di cantautori che si sta formando, una scuola genovese 2.0 con le barre e l’autotune che ci mette il cuore nelle canzoni: da Bresh a Izi e Alfa. Una squadra di ragazzi che non ha paura dei sentimenti, anzi li esalta, e affronta gli ostacoli celebrando l’autenticità delle piccole cose. Nonostante le sfide e i momenti di fisiologico down, si trova sempre un modo per rialzarsi in questa giostra. Senza timori, come se tutto fosse una festa. È festa in un messaggio, un abbraccio, una parola. In tutti i mostri che hai, che tieni nascosti e non mostri mai. E anche se di cazzate ne hai fatte a migliaia, non avere paura. È stata tutta vita.