“Dalla A alla Z”: R come Giuni Russo

Dal debutto ai grandi successi: la vita e la musica dei protagonisti della scena, uno per lettera. Oggi proseguiamo dalla R come Giuni Russo. A cura di Francesco Costa
La musica è fatta di storie, di viaggi che attraversano generazioni e influenzano il panorama culturale del proprio tempo. “Dalla A alla Z” è la rubrica che ripercorre le carriere degli artisti più iconici della scena italiana e internazionale, raccontando le loro origini, i primi passi, le sfide e i successi che li hanno consacrati. Oggi proseguiamo dalla lettera R, R come Giuni Russo.
Un percorso che parte dagli esordi e arriva fino ai giorni nostri, tra aneddoti, evoluzioni stilistiche e curiosità che hanno segnato il loro cammino artistico. A cura di Francesco Costa, questa rubrica si propone di esplorare in profondità il talento, la determinazione e l’unicità di ogni singolo artista, analizzando l’impatto che ciascuno ha avuto sulla musica e sul pubblico.
“Dalla A alla Z”: R come Giuni Russo
Fino a che punto sei disposta a lottare per i tuoi ideali? Rinunceresti al successo, ai contratti con le major, ai luccicanti lustrini dei martellanti tormentoni estivi? Che prezzo hanno i tuoi valori?
Se a questi quesiti non sai rispondere, c’è una voce che grida pronta ad accorrere in tuo ausilio. Una voce potente e disumana, talmente acuta da emulare quella dei gabbiani. Padrona del cielo, incandescente come una vipera. Con la sua anima pagana e i suoi occhiali colorati, ha sfidato l’impietoso mercato discografico con la sola forza spiritualmente catartica della sua musica.
Per Cristiano Malgioglio è l’artista migliore in assoluto, lo dice di tutte, ma in questo caso ha proprio ragione. Il suo nome inizia con la lettera R, R come Giuni Russo.
Era una sera di inizio febbraio del 1984, Pippo Baudo stava annunciando il ritorno sulle scene di Patty Pravo e milioni di telespettatori si apprestavano ad ammirare dai loro comodi divani di casa il suo look da geisha, ignari del fatto che al posto della Divina ci sarebbe dovuta essere lei con “Ciao”. Quel Festival avrebbe dovuto rappresentare la sua consacrazione, il premio meritocraticamente assegnato dopo una faticosa, snervante e disagevole gavetta durata quindici anni e un successo incredibile dell’82 che è diventato un cult, “Un’estate al mare”.
Chic e popolare al tempo stesso, come un calice di Dom Pérignon pregiatissimo servito in una rustica trattoria di paese, alzi la mano chi non hai mai canticchiato questa atipica hit estiva dalle sonorità rétro ed elettro pop almeno una volta nella vita sotto gli ombrelloni-oni-oni in vacanza. Scritta da Franco Battiato e composta dal fedele Giusto Pio, con l’interpretazione eterea e altisonante di Giuni Russo, questa storia in musica di una prostituta che sogna di fuggire dalle strade mercenarie del sesso per trascorrere i mesi estivi in spiaggia, scala vette inimmaginabili.
Con la sua voce virtuosistica da soprano lirico, prima del refrain e nel finale del brano, si cimenta addirittura in uno strepitoso acuto da gabbiano. Quel verso sbalorditivo che ripropone melanconicamente alla fine dell’estate, quando dietro la stazione, sopra una corriera, arriva il tempo di congedarsi prima che ricominci l’autunno. È questa l’atmosfera di “L’addio”, un pezzo contenuto nel disco della svolta, il primo in cui collabora con Battiato, “Energie” del 1981.
Quando Alberto Radius le presenta il Maestro, voleva farla finita con la musica. Troppi gli insuccessi, ma c’è una cosa che ci insegnano da sempre i bigliettini che troviamo nei biscotti della fortuna cinesi. È proprio quando fuori fa freddo e sei sul punto di rinunciare che una ventata di primavera ti spalanca la finestra e ritrovi l’energia. A partire da questa illuminante conoscenza, nasce un nuovo vincente matrimonio artistico che li porta a collaborare in una serie di brani che permettono a Giuni di affinare la sua identità, distinguendola nettamente dalle tante meteore fatte con lo stampino in circolazione.
Brani che cuce sulla pelle come tatuaggi, dalla lirica “Una vipera sarò” alla battiatica e coraggiosa “Lettera al governatore della Libia”. Lo sposalizio funziona così bene che Caterina Caselli, dopo averla lanciata quando ancora si faceva chiamare Giusy Romeo, per poi allontanarla perché troppo distante dal suo stile, ingaggia la raffinata outsider nell’etichetta discografica CGD.
A questo punto, alla luce di tutto lo splendore ritrovato, sopraggiunge spontaneo un interrogativo. Perché mai il mitico Casco d’oro non si è imposto per farla salire sul palco di Sanremo quell’anno? Perché illuderla e poi lasciarla in brache di tela? Il motivo ufficiale non ci è dato saperlo, ma una cosa è certa. Dopo il boom, anziché buttarsi a capofitto nel pop più spiccio e battere il ferro finché è caldo, partorisce nell’83 “Vox”, un disco frutto delle sue ultime ricercate sperimentazioni e la CGD non si strappa i capelli della gioia. L’occhio alle esigenze di mercato lo strizza comunque, esibendosi al Festivalbar con l’orecchiabile singolo “Sere d’agosto”, ma ormai, per dirla alla Macbeth, l’atto è fatto. Pochi mesi dopo, l’esclusione dal Festival. Coincidenze?
Fatto sta che qualche settimana dopo la delusione sanremese, la prima di una lunga serie, arriva nei negozi di dischi “Mediterranea”: il perfetto compromesso tra i manierismi e le hit da balera. Peccato che alle più originali lampare della romantica title track, lampare che ritorneranno nel ritornello della fluttuante “Alla luna” del 1987, Caselli preferisce la canzonetta “Limonata cha cha cha” per lanciare l’album. Il clima è sempre più teso, le ali sempre più tarpate. L’etichetta discografica le sta talmente stretta che le manca l’aria e recide il contratto.
Volano gli stracci, è guerra. La CGD tenta in tutti i modi di distruggerla, ma nessuno può mettere il gabbiano della musica italiana in un angolo. Finalmente svincolata da schemi e preconcetti, la sua musica spicca il volo e si libra nel cielo raggiungendo un profondissimo spessore grazie al flebile sostegno di etichette minori. I vecchi discografici brindano, è fuori dai giochi. E invece no perché nel 1986, mentre vola da Milano alla Sardegna per raggiungere l’amatissima suocera malata, rimane come folgorata sulla via di Damasco. Di nascosto dalla madre, su moto cromate, sfreccia potente davanti ai palazzi dei potenti e crea un super tormentone, “Alghero”, che cantano tutti. Anche senza il supporto della major. Giuni Russo 1 – Sistema 0.
Quanti cambiamenti in pochi anni, ma c’è un punto fermo nella sua vita artistica, Franco. Accomunati dall’impetuoso scirocco, dal caldo arido che scioglie i pensieri in quell’isola tanto gentile e tanto onesta che li vide nascere, cantano insieme nel ’94 una struggente poesia, un ode alla solitudine in siciliano, “Strade parallele”. Omaggia così un’isola che si è dimenticata di lei e soltanto ora che è troppo tardi la sta ricordando. È sempre così, la nottola di Minerva inizia il suo volo sul far del crepuscolo. Un’isola da cui si stacca giovanissima e che appartiene ai suoi ricordi di bambina.
«Io non mi sposerò, il grande amore della mia vita sarà l’arte. Studierò musica, coltiverò la mia voce, diventerò una grande cantante», la dichiarazione di una cocciuta ragazzina di Palermo classe 1951, penultima di dieci figli. Nonno baritono e mamma soprano, canta e suona da quando è bambina. E con il mito di Maria Callas, lascia i vicoli di Borgo Vecchio a soli 16 anni per inseguire il sogno. Dopo il primo successo a Castrocaro e il flop festivaliero, nel ’68 si trasferisce a Milano e inizia il suo travagliato percorso verso lo scopo prefissato: vivere di musica. Ad aiutarla c’è Malgioglio con cui collabora per anni in moltissimi pezzi come “Solo noi” del 1978.
Vivere di e con l’arte, questa era la sua missione. Mai si sarebbe aspettata di dare spazio a una terza coinquilina, di trovare l’affinità elettiva con cui condividerla per tutta la vita. 36 anni di una favola iniziata per caso una domenica pomeriggio in un locale meneghino. Ha diciassette anni, dorme in un hotel a spese della casa discografica ed esce con le amiche. Quel giorno, sul palco si esibisce una certa Maria Antonietta Sisini con la sua band, qualcuno la riconosce e la fa esibire. Da quella performance sulle note di Aretha Franklin, passa qualche giorno e realizza che quel misterioso personaggio incontrato si chiama Amore. Amore che diventa presto casa e famiglia. Maria Antonietta non la lascia mai, in salute e in malattia. C’è sempre, anche quando Giuni scopre San Giovanni della Croce e si converte al cattolicesimo, la sostiene e dalla loro unione nascono capolavori: primo su tutti, “La sua figura”, l’ennesima scabrosa esclusione dal Festival.
Una canzone di rara, lucente e inarrivabile bellezza. «Come un bambino stanco ora voglio riposare e lascio la mia vita a te», canta in questa poesia del ’94. Cinque anni dopo, le diagnosticano un male contro il quale combatte con tutta la forza che ha in corpo. E quando capisce che quel corpo lo dovrà lasciare andare, seppur ancora molto giovane, trova il modo per accettarlo. Sul palco di Sanremo, un palco che l’ha crudelmente bistrattata per decenni, ci arriva nel 2003 quando la malattia galoppa oramai perentoria e si congeda con un’ultima poetica magia, “Morirò d’amore”.
«Da quando lei non c’è più continuo a promuovere la sua arte, la sua musica, il suo essere speciale, senza filtri: un’artista con la A maiuscola che ha cantato sui palchi più prestigiosi e si emozionava tra le bancarelle di frutta e verdura del Mercato Civico di Sassari». A parlare è la sua Maria Antonietta tra le cui braccia si spegne in un giorno di fine estate. Quell’estate presente in così tante delle sue canzoni, quell’estate a cui volevano vincolarla a tutti i costi con i tormentoni. Ma non esistono artisti a chiamata, pronti a soddisfare il vorace mercato. Non esistono artisti a stagione e se esistono non sono degni di essere definiti tali. Giuni Russo diceva che un artista deve evolversi e di questo ne ha fatto un mantra. Le delusioni sono state tante, e anche oggi non viene ricordata come dovrebbe, ma ne è decisamente valsa la pena. E tu, star della musica, fino a che punto sei disposta a lottare per i tuoi ideali?