“Dalla A alla Z”: S come Settembre

Dal debutto ai grandi successi: la vita e la musica dei protagonisti della scena, uno per lettera. Oggi proseguiamo dalla S come Settembre. A cura di Francesco Costa
La musica è fatta di storie, di viaggi che attraversano generazioni e influenzano il panorama culturale del proprio tempo. “Dalla A alla Z” è la rubrica che ripercorre le carriere degli artisti più iconici della scena italiana e internazionale, raccontando le loro origini, i primi passi, le sfide e i successi che li hanno consacrati. Oggi proseguiamo dalla lettera S, S come Settembre.
Un percorso che parte dagli esordi e arriva fino ai giorni nostri, tra aneddoti, evoluzioni stilistiche e curiosità che hanno segnato il loro cammino artistico. A cura di Francesco Costa, questa rubrica si propone di esplorare in profondità il talento, la determinazione e l’unicità di ogni singolo artista, analizzando l’impatto che ciascuno ha avuto sulla musica e sul pubblico.
“Dalla A alla Z”: S come Settembre
Mi vedi? Sono fragile. È questo il grido fragorosamente rimbombante della ondivaga, tormentata e confusionaria generazione zeta. Generazione magistralmente rappresentata dall’artista della puntata di oggi: uno scugnizzo dal sorriso contagioso e l’anima multipolare, classe 2001.
Pur di conoscere le taciute ragioni che hanno provocato l’allontanamento della persona amata, si strapperebbe la pelle dalle vertebre. Una scena romantico-splatter che sembra collidere con la sua immagine da bravo ragazzo della porta accanto.
Ma i giovani di oggi – locuzione tanto cara ai boomer – sono così, libri di Nicholas Sparks adattati per il cinema da Quentin Tarantino. Il suo nome inizia con la lettera S, S come Settembre.
Accovacciato sul palco dell’Ariston, le mani a coprire gli occhi. Andrea tenta invano di celare un’emozione dirompente che esplode incontenibile non appena si rialza e guarda attonito l’assessore che gli sta consegnando il premio. “Tra noi due non so chi vincerà”, canta nella power ballad in gara “Vertebre”; a saperlo è Carlo Conti che lo ha appena ufficializzato, è lui il vincitore delle Nuove Proposte di Sanremo.
Al secondo posto, il coetaneo Alex Wyse che lo abbraccia. Tra i due non c’è nessuna forma di acida rivalità e lo testimoniano i loro scatti condivisi sui social due mesi dopo, quando insieme agli altri giovani del Festival, si esibiscono in giro per gli Stati Uniti con un world tour che li unisce ancora di più, celebrando la meglio gioventù che sa fare squadra. A esibirsi, in riviera ligure prima e poi oltreoceano, c’è anche una sua vecchia conoscenza: Maria Tomba.
Si erano già incontrati, infatti, a “X Factor” nel 2023 con tanto di ship e di guance che diventavano rosse ogniqualvolta che lei si lasciava andare alle sue goffe ed esilaranti avances. Gossip a parte, quella del talent di Sky è stata per lui una palestra e un notevole nuovo trampolino di lancio. Con i consigli dei vocal coach e del suo giudice Dargen D’Amico, Settembre ha affinato via via la sua vocalità delicata e graffiante al contempo stesso, sperimentando brani di genere diverso per poi trovare la sua identità in una vincente commistione tra urban e pop.
Alla finale non è arrivato, ma poco importa perché ha comunque avuto modo di farsi scoprire da milioni di persone e di lanciare sul mercato il suo malinconico e danzereccio inedito “Lacrime”. Quelle stesse lacrime che piange l’amica Maria quando viene eliminato, non immaginando di certo che si sarebbero rivisti due anni dopo a Sanremo e Andrea avrebbe avuto la meglio su tutti con il pezzo della vita. Se ha vinto è perché con la sua canzone ha raccontato perfettamente cosa significa sentirsi un cane perso in mezzo alla città per tutti quei ragazzi che giocano a fare i grandi e poi piangono all’università perché nessuno, in fondo, ce l’ha mai insegnato come si piange alla nostra età, come si ride alla nostra età, come si affronta la fine di un’amore alla nostra età.
Può sembrare paradossale, ma avere vent’anni nel ventunesimo secolo non è un gioco da ragazzi. Capita infatti di incontrare chi, nonostante la tenera età, ha più volte fatto la muta e siglato più giri di boa, racimolando esperienze su esperienze. Quando Settembre affronta le selezioni per Sanremo Giovani, alle spalle ha già una consistente gavetta.
La prima volta che calca un palcoscenico davanti a una platea televisiva risale al lontano 2013, è ancora un bambino che impacciato e imbarazzato commuove Gerry Scotti e gli spettatori del talent “Io Canto”. E nel 2025 è lui che si commuove quando Silvia Toffanin gli fa rivedere quel bimbo con il sogno precocemente sviluppato di vivere di musica. Nell’arco di cinque anni, pubblica due prime canzoni, “Selfie” e “Su”; i primi esperimenti di un ragazzino volitivo e motivato ma anche molto emotivo e vulnerabile. Nel 2019, partecipa alla sesta edizione di “The Voice Of Italy” nel team di Gigi D’Alessio, ma anche questa volta non è ancora giunto per il nostro puccioso eroe della gen Z il momento perpetuo.
Il 2019 è un anno di cambiamenti decisivi per la musica italiana. La moderna “Soldi” strappa la vittoria alla melodica ballata di Ultimo e influenza lo stile di tanti ragazzi come Andrea che vede in Mahmood un faro e saltella sovreccitato quando si rende conto che sta per sedergli accanto alla conferenza stampa della quarta serata del Festival, poche ore dopo aver trionfato tra le nuove proposte. In quell’occasione, il faro si comporta da fratello maggiore consigliandolo saggiamente: «Io ho cercato di cambiare un po’ me stesso per far funzionare le cose, questo può essere giusto all’inizio. Mi dicevano: “Ascolta la radio” e devo dire che mi ha aiutato. Bisogna però sempre ricordarsi questa cosa: ascolta tutti, ma l’ultimo a cui devi dare ascolto devi essere sempre tu».
E proprio nell’ambiente radiofonico, Settembre si è messo alla prova a 17 anni nelle vesti di co-fondatore e speaker di una web radio. Nel ritmico e ruspante ginepraio del mondo digitale, occorre sviluppare skills trasversali. A concorrere al successo del suo brano sanremese, oltre alla qualità – sono pronto a scommettere che se fosse stato in gara tra i big avrebbe comunque raggiunto i piani alti della classifica – c’è anche un’abile campagna social caratterizzata da un creativo utilizzo di Tik Tok. Dieci milioni di views per un video in cui è legato a un’auto in moto da un lungo filo che si accorcia sempre più mentre canta la canzone, la stessa auto che sfrutta nuovamente in un altro video (e questa volta viene realmente trascinato via dal mezzo) per pubblicizzare l’imminente hit estiva “Mi innamorai”.
Lo si evince anche da queste scelte fresche e giovani, il suggerimento di ascoltare tutti lo segue alla lettera. Lo fa fin da quando è piccolo e le sue aspirazioni le possiamo ascoltare nelle sue canzoni swag e raffinate come i suoi outfit che seleziona accuratamente. Nell’ep “Vertebre” ci sono tutte le sue costole musicali: dall’hip hop di “Mi fa troppo ridere” al pop martellante di “Cchiù nient’” e “Non lo volevo” fino alla ballad “Vento e ruggine”.
Tanti lati diversi di una sfaccettata personalità che trovano una resistente unità, un fil rouge che li accomuna tutti e che ci riporta alla sua città di origine: Napoli. Il napoletano, mischiato all’italiano, è il codice linguistico prediletto da Settembre, la chiave che lo contraddistingue. Quella chiave con cui meglio riesce a esprimersi e che si conferma, alla luce del successo della sua straziante e incalzante versione partenopea di “Amandoti” dei CCCP, la lingua più internazionale che ci sia in musica. Funziona con ogni genere, assicurando una coinvolgente immediatezza comunicativa.
Le canzoni di Settembre sono così, coinvolgenti e immediate. E se continuerà su questo cammino, sentiremo parlare ancora a lungo di questo sensibile ragazzo della generazione zeta. Twist ed esuberante come il ballo di “Pulp Fiction”, fragile e tormentato come la trama di “Le pagine della nostra vita”. In una sola parola, giovane. Un giovane che riesce a far prevalere il sorriso su tutte le ansie e i malumori perché in fin dei conti gli basta scrivere canzoni da cantare ai concerti per ricordarsi quanto è facile portare altrove tutte chest’ paur’.