“Dalla A alla Z”: T come Tananai

Tananai

Dal debutto ai grandi successi: la vita e la musica dei protagonisti della scena, uno per lettera. Oggi proseguiamo dalla T come Tananai. A cura di Francesco Costa

La musica è fatta di storie, di viaggi che attraversano generazioni e influenzano il panorama culturale del proprio tempo. “Dalla A alla Z” è la rubrica che ripercorre le carriere degli artisti più iconici della scena italiana e internazionale, raccontando le loro origini, i primi passi, le sfide e i successi che li hanno consacrati. Oggi proseguiamo dalla lettera T, T come Tananai.

Un percorso che parte dagli esordi e arriva fino ai giorni nostri, tra aneddoti, evoluzioni stilistiche e curiosità che hanno segnato il loro cammino artistico. A cura di Francesco Costa, questa rubrica si propone di esplorare in profondità il talento, la determinazione e l’unicità di ogni singolo artista, analizzando l’impatto che ciascuno ha avuto sulla musica e sul pubblico.

“Dalla A alla Z”: T come Tananai

Occhiaie nere e profonde come gli abissi. Con la sua aura umbratile da malessere e quel traballante equilibrio tra sagace ironia e tenera timidezza, ti spiazza. Ancora non ho capito se sia uscito da una stucchevole fan fiction per ragazzine su Wattpad o dalla sceneggiatura di un eccentrico film di Tim Burton. 

Chiassoso e bombardante come un rave, misterioso e taciturno come un eclissi. Metà bastardo metà bambolino, per dirla alla Tony Effe. Con le sue ballate da gridare a tutto volume mentre si sfreccia in macchina, ha sciolto anche i cuori di pietra e poi li ha fatti maliziosamente scatenare con un po’ di sesso occasionale. L’artista della puntata di oggi è l’Edward Mani di Forbice della giovane canzone d’autore italiana. Il suo nome inizia con la T, T come Tananai.

«Io non faccio musica, faccio bei discorsi, degli artisti ho solo la passione dei vizi», un’autoanalisi umile, cinica e denigratoria che canta nel pre ritornello di “Rave, Eclissi”, la title track del suo primo album uscito nel 2022. Sembra quasi che in certi testi che scrive ti voglia dimostrare che lui, in fondo, è un reietto senza nulla di speciale: in “Saturnalia” del 2020 racconta di quando si è scolato una bottiglia di Amaro del Capo la mattina del primo gennaio, in “Maleducazione” del 2021 manda a quel paese la sua vecchia discografica, in “Calcutta”, uno dei primi inediti del 2019, si strugge perché tutto ciò che dice o fa non è mai abbastanza e in “Tre quarti” ammette spudoratamente che gli stanno sul c***o tre quarti degli amici della sua fidanzata. 

Ma malgrado i persistenti tentativi di dimostrarti che è realmente il diavoletto, fattone e con la faccia da schiaffi, di cui speri non si innamorerà tua figlia, quasi tre milioni di persone lo ascoltano tutti i mesi su Spotify. Tre milioni di persone che hanno saputo guardare sotto le nere occhiaie e hanno compreso che non è solo quello che vuole farti vedere perché – permettetemi di sciorinare la mia saggezza con una incantevole perla del giorno – chi passa tutto il tempo a dirti quanto è stronzo, in fondo è buono come il pane. È dalle acque chete che bisogna stare in guardia, sono le più subdole e manipolatorie. Insomma, Tananai non è un tananai; per i pochi che ancora non lo sapessero, il suo curioso nome d’arte significa piccola peste in dialetto lombardo ed è l’appellativo con cui soleva chiamarlo il nonno.

Una cosa è certa, dagli artisti non ha preso soltanto i vizi. Bensì, ha eredito pure lo spessore e quell’innaturale tendenza alla drammaticità che fa di lui il prototipo esemplare del venusto e funesto. «Che siamo belli ma pesanti come i film di Pasolini», canta in “Vaniglia” del 2024L’alone di bellezza, misto a pesantezza, lo avevamo effettivamente già intuito dal debutto. Dopo anni passati a comporre musica elettronica con lo pseudonimo di Not For Us e a scrivere pezzi per gli altri, ha fatto il grande salto. Si è scelto il nome più iconico e unico che ci fosse e nel 2018 ha partorito il primo inedito, “Volersi male”. In questa ballad nostalgica e struggente, ci svela che ha il petto trafitto da lame e la colpa è del suo analfabetismo in amore. Daje a ride. 

I ricordi melanconici delle vecchie storie la fanno da padrone anche nei pezzi successivi come “Abissale”, successo da tre dischi di platino del 2022, e “Giugno”, che esce due anni prima, in cui Alberto Ramusino, è questa la sua reale identità, confessa le sue intenzioni da piromane, ammettendo che vorrebbe dare fuoco alla casa simbolo di quell’amore dolorosamente giunto ai titoli di coda. L’apice del pathos lo tocca però sul palco dell’Ariston al Festival di Sanremo del 2023 con un vero e proprio inno, un gioiello che canteremo a squarcia gola ancora tra cinquant’anni o forse più. Peccato che questa volta l’incendio non è metaforico perché a bruciare, sotto la tempesta di lava di un Dio che ci pesta come un “Tango”, sono le palazzine della martoriata Ucraina. È finita la poesia, Maxim combatte da un anno e tra le rovine della distruzione che lo circonda sente la flebile e lontana voce della sua amata Olga e sogna disperatamente, con le poche forze rimaste, di rivivere la notte in cui l’ha conosciuta, sperando di tornare da lei in un lunedì come un altro, un lunedì che ahimè non arriva mai.

Arrivati a questo punto, vi starete facendo un’idea ben precisa di chi è Tananai: uno sfigato da mai una gioia, un cantautore depresso alla Riccardo Cocciante. Ma proprio mentre, mosso dalla pietà, saresti disposto a pagare il migliore degli psicologi per dargli una mano, eccolo che rimescola le carte in tavola. Anche lui, come tanti artisti, ha due anime ben distinte. Se aprite la sua pagina su Wikipedia e fate caso ai titoli dei suoi lavori, noterete che sono tutti ossimori. C’è l’ep “Piccoli boati” e gli album “Rave, Eclissi” e “CalmoCobra”, tre accostamenti di immagini assurdi. 

Nell’ultimo album, pubblicato l’anno scorso, si spazia dalle lente e sentimentali “Veleno” e “Ragni” alla ballabile “Punk Love Storia”, scritta con Tiziano Ferro, e l’irresistibile “Booster”. Stessa situazione la troviamo nel disco che ha avuto luce due anni prima e ti fa saltare con “Quelli come noi” e piangere sulle note di “Campo minato”, in duetto con Ariete. Una vera e propria dicotomia sta alla base della sua discografia che alterna le ballate devastanti alle hit martellanti: dall’ultima dedica alla sua Milano in “Bella Madonnina”, destinata a diventare uno dei pezzi più suonati dell’estate 2025, al tormentone con Fedez e Mara Sattei “La dolce vita” e “Pasta” che sfiora il surrealismo (ancora rimango interdetto da certe grottesche rime come «Belli grassi, Benny Benassi») fino a “Storie brevi”, il frutto del vincente sposalizio musicale con Annalisa (per cui si è palesemente preso una bella cotta). 

Ma i due pezzi ritmati più iconici del luciferino Alberto, i primi a ottenere certificazioni, sono sicuramente “Baby Goddamn” e “Sesso occasionale”, entrata nell’immaginario collettivo per l’ultimo posto al Festival del 2022. Un ultimo posto meritatissimo, considerando le steccate che si sono dovuti sorbire gli oltre dieci milioni di telespettatori, ma di cui ha saputo approfittare con grande ironia, accaparrandosi da subito la simpatia dei social. Memore dei trionfi post sanremesi dei fanalini di coda Vasco Rossi e Zucchero, ha sfruttato l’acre, arido e avverso vento a suo favore per poi fare il botto e dimostrare a tutti il suo talento (anche vocale) l’anno dopo.

Un po’ come Achille Lauro, è partito dai giovani e dai loro meme. E allo stesso modo, in quella stringente fanghiglia, non ci si è impantanato e in breve tempo, ha conquistato anche i boomer. Ora riempie i palazzetti con la sua musica. Perché checché ne dica questo peculiare anello di congiunzione tra Wattpad e Tim Burton, di musica si tratta. Tananai non conosce nessuno che sa fare il panettone, nessuno che sa perfettamente cos’è un androne ma conosce l’amore con tutte le sue sfumature e trova la poesia anche dove non c’è. Che faccia il malessere o citi il Montale più romantico, come fa nella dolce “10K Scale”, riesce sempre a coniugare con destrezza questo pazzo e bipolare mondo, che chiamiamo casa, in note. Tutto questo basta a fare di lui un artista? Ai posteri l’ardua sentenza.

Scritto da Francesco Costa
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