sabato, Aprile 27, 2024

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Daniele Silvestri feat Fulminacci: tutti i nodi vengono allo specchio

Specchio-riflesso: un “gioco” di verità nascoste tra musica e letteratura

“Ciò di cui mi pento è l’ipocrisia Parlo della mia, parlo della mia L’uomo nello specchio io non so chi sia”. Così, Daniele Silvestri feat Fulminacci nell’ultimo singolo “L’uomo nello specchio”. Inevitabile il pensiero a Vitangelo Moscarda, il signor Mosca del romanzo “Uno, Nessuno, centomila” di Luigi Pirandello.

L’uomo e lo specchio, dunque. Meglio, il neonato uomo mai pensato, costretto a imparare a conoscersi di fronte a uno specchio. Come accettare quei dettagli inaspettati e sconosciuti? Non è un gioco da ragazzi, sentirsi strani ed estranei a se stessi, tanto per Vitangelo Moscarda quando scopre che il suo naso pende leggermente a destra («Che fai?», mia moglie mi domandò, vedendomi insolitamente indugiare davanti allo specchio. «Niente», le risposi, «mi guardo qua, dentro il naso, in questa narice. Premendo, avverto un certo dolorino». Mia moglie sorrise e disse: «Credevo ti guardassi da che parte ti pende». Mi voltai come un cane a cui qualcuno avesse pestato la coda: «Mi pende? A me? Il naso?». E mia moglie, placidamente: «Ma sì, caro. Guardatelo bene: ti pende verso destra») quanto per Silvestri che preferisce parlare di sé in terza persona.

Dall’incredulità iniziale dell’accidente (“Però ha la faccia mia, ha la faccia mia Ero il suo modello, mi imitava sempre Riteneva fossi bello, sì, questo lo ricordo”) all’indagine psicologica il passo è breve (“Ma ora se lo guardo vedo solo nostalgia O forse gelosia, forse gelosia”). “La scoperta improvvisa e inattesa di quel difetto perciò mi stizzì come un immeritato castigo” dice il signor Mosca, mentre Silvestri afferma “Oggi sono perso, non mi riconosco Cerco nel riflesso una certezza che non c’è E anche se mi sposto quello segue il gesto Evito lo sguardo perché so che pensa che Ho sbagliato tutto e quanto sono brutto”.

Se Vitangelo Moscarda arriva a ripudiare perfino il nome, Daniele affronta una difficoltà diversa (“Ma io sono lo stesso, però non capisco mai Da che parte sto, da che parte stai?”). Come sdoppiato, riflette in chiave autoreferenziale e chiama in causa direttamente la vita (“Conosce la mia stanza e fa come se fosse casa sua Quest’esistenza conosce la pazienza Chissà se è lì che aspetta, che cerca compagnia Quando vado via, quando vado via”). Vitangelo Moscarda, invece, resta estremo anche quando tira le somme e introduce il punto di vista degli altri (“Non mi conoscevo affatto, non avevo per me alcuna realtà mia propria, ero in uno stato come di illusione continua, quasi fluido, malleabile; mi conoscevano gli altri, ciascuno a suo modo, secondo la realtà che m’avevano data; cioè vedevano in me ciascuno un Moscarda che non ero io non essendo io propriamente nessuno per me: tanti Moscarda quanti essi erano”).

Può capitare di proiettare all’esterno, in modo del tutto inconscio e involontario, le qualità di cui siamo inconsapevoli e attribuirle agli altri, anche se ci appartengono. Lo sa bene Daniele che siamo il riflesso di ciò che vediamo come esterno a noi e che ritroviamo nei dettagli più impensati, (“E ti vedo molto spesso, quando canto dentro al cesso Affacciato al finestrino, nel televisore spento Quindi scusa se ti sembro una specie di tormento È da un po’ che ci rifletto, è da un po’ che ci rifletto”) ma, nonostante questa lucidità, pare impossibile sciogliere l’atavico interrogativo che chiude il pezzo, a questo punto giustamente (“Hai sbagliato tutto e, Dio, quanto sei brutto Ma io sono lo stesso, però non capisco mai Da che parte sto, da che parte stai? Ma da che parte sto? Ma da che parte stai?”). E noi da che parte parte ci troviamo? Siamo realtà piena e concreta o riflesso di verità nascoste?

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Francesco Penta

Appassionato della parola in tutte le sue forme; prediligo, in particolar modo, la poesia a schema metrico libero. Strizzo l'occhio all'ironico, all'onirico e al bizzarro. Insieme alla musica sia la parola. Dopo la musica si ascolti il silenzio; da questo "vuoto sonoro" nasca un nuovo concerto.
Francesco Penta
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Appassionato della parola in tutte le sue forme; prediligo, in particolar modo, la poesia a schema metrico libero. Strizzo l'occhio all'ironico, all'onirico e al bizzarro. Insieme alla musica sia la parola. Dopo la musica si ascolti il silenzio; da questo "vuoto sonoro" nasca un nuovo concerto.